Domani il tradizionale discorso del Presidente della Repubblica. Parlerà in piedi nell’ala neoclassica del Quirinale
Iniziato con Sergio Mattarella l’anno finisce con lui. Di mezzo l’invasione della Russia in Ucraina, il rincaro del gas, la caduta del governo Draghi, l’inedito delle elezioni in autunno, Giorgia Meloni prima donna premier. Un Paese che cresce a dispetto di tutto e che ha nella contraddizione la sua vera cifra. Mattarella lo scorso Capodanno ci aveva salutati e invece poi è stato rieletto a furor di Parlamento e quindi domani farà il suo ottavo discorso alla nazione.
Parlerà in piedi nell’ala neoclassica del palazzo. Un intervento non lungo, cui ha iniziato a lavorare ieri pomeriggio insieme ai collaboratori più stretti. Sarà rivolto ai cittadini, come ha sempre fatto. Temi: le conseguenze della guerra, il lavoro, i giovani, l’ambiente. Il Paese reale che in questi anni di turbolenze si è aggrappato al Quirinale. Quattro le parole chiave cerchiate di rosso sul taccuino del Presidente: solidarietà, visione, responsabilità, comunità. La bussola di Mattarella. E naturalmente la Costituzione, il faro di ogni atto, che in questi giorni taglia il traguardo del 75esimo anniversario. Vi dedicherà un paragrafo.
A 81 anni ha girato instancabilmente l’Italia, l’Europa e persino l’Africa. Ha parlato lo stretto necessario. E ha soprattutto ricucito gli strappi, facendo opera di diplomazia, specie con l’Europa. In estate la destra pensava di dargli una spallata, ma poi hanno capito che sarebbe stato un suicidio. Questa destra sovranista è agli antipodi del modo di vedere il mondo di Mattarella, ma con la premier il Capo dello Stato ha instaurato sin da subito un rapporto di civile convivenza. Le ha dato una mano durante la formazione dell’esecutivo. A novembre, allo scoppio della tensione con la Francia sui migranti, proprio mentre era in visita di Stato in Olanda, è stato Mattarella a chiamare Macron ristabilendo, d’accordo con palazzo Chigi, un canale di comunicazione. Ha mediato con Ursula von der Leyen, affinché accogliesse la richiesta del governo di disporre di più margini sul Pnrr: un piano che il Capo dello Stato ritiene fondamentale per la ripartenza. E quando, a Berna, i cronisti gli hanno chiesto del Belpaese maglia nera dell’evasione fiscale – erano i giorni del Pos a 60 euro – ha difeso l’Italia nella convinzione che non si parla male del proprio Paese all’estero; ma ribadendo anche che bisogna rispettare quanto prevede il piano di resilienza: il sommerso va ridotto, non aumentato. Dal Colle del resto era arrivato lo stop all’idea leghista di varare l’aumento del contante a 5000 euro per decreto.
Sull’Ucraina offesa e ferita da “una sciagurata aggressione” è tornato innumerevoli volte, a cominciare dal primo accorato intervento nel gelo di Norcia, il 25 febbraio. Ha difeso strenuamente le sanzioni contro Mosca. E ha ricordato che non si può non stare dalla parte della Nato. A Strasburgo, a fine aprile, parlando al Consiglio europeo, ha proposto una conferenza di pace “nello spirito di Helsinki, non di Jalta”. La pace, ha però sottolineato con chiarezza, deve essere “giusta”. Anche le notizie che giungono dall’Iran lo hanno indignato. È stato tra i pochi leader a dedicarvi più di un pensiero di condanna pubblica.
Il momento di maggior amarezza è stato 6la caduta di Mario Draghi a luglio. Finiva così l’esperienza del governo del Presidente e quel pomeriggio, presentandosi al cospetto degli italiani, per annunciare lo scioglimento delle Camere, è apparso sinceramente deluso per la decisione del Parlamento proprio mentre i progetti del Piano di resilienza entravano nel vivo. Ne ha però rispettato le indicazioni, rinunciando a intenti manovrieri, nella convinzione morale che il Presidente della Repubblica è l’arbitro della partita. Un arbitro con le sue idee, che vengono fuori quando invita i disabili o i cittadini in difficoltà nei giardini del Quirinale per la festa del 2 giugno, o quando ricorda che dietro i migranti che sbarcano ci sono uomini e donne. A dicembre ha contratto il Covid. Non si può abbassare la guardia, ha ricordato davanti a mezzo governo lo scorso 28 ottobre, difendendo i vaccini. La differenza con la Cina la stiamo vedendo in queste ore.
Sergio Mattarella entra quindi nel suo ottavo anno. Non ha fatto nulla per farsi rieleggere, a gennaio. Lo hanno votato al termine di una settimana di colpi di scena che la politica nostrana difficilmente dimenticherà. È davvero convinto che l’Italia sia migliore di quel che appare, ma allo stesso tempo non ha mai smesso di pungolarla, invitandola a superare i propri vizi atavici con quel suo fare asciutto. I giovani guardano a lui come a una figura cui fare affidamento. Forse perché li ha sempre esortati ad una serena radicalità, difendendone le battaglie per l’ambiente e l’innovazione. E sapendo che dal loro rispetto passa il nostro futuro.