POLITICA
Fonte: La StampaIl governo regge in Aula: 344 voti a favore, 184 contrari. Domani il voto finale. Poletti ottimista anche per il Senato: «Distanze alla portata, si può chiudere»
È metà pomeriggio quando nell’Aula di Montecitorio arriva il sesto voto di fiducia per il governo Renzi, quello sul decreto lavoro (344 sì, 184 no) che ha spaccato la maggioranza dopo le modifiche imposte in commissione dalla sinistra Pd al testo del ministro Poletti. Renzi si impone e vince, con Ncd e Scelta Civica allineati e compatti nel voto. Ma al Senato, dove i numeri sono diversi, la battaglia è annunciata.
Protestano i grillini: si incollano su bocca e fronte un codice a barra, simbolo di «lavoratori trattati come merce». Per la Lega la fiducia aiuta Renzi a non mostrare le crepe della sua maggioranza, mentre Forza Italia denuncia «lo spettacolo indecente di Ncd che finge di opporsi» mentre «il premier deve piegarsi alla golden share della sinistra Pd».
In attesa del voto finale sul provvedimento (previsto per domani) Renzi porta intanto a casa un robusto voto di fiducia: 344 sì, dignitosissimo punto intermedio tra i 325 voti a favore delle ultime due fiducie alla Camera ed i 378 dell’insediamento. Il vertice di maggioranza fallito ieri, con l’avvilimento di Poletti invano impegnato in una mediazione, avrebbe potuto aprire scenari diversi. Ma a bagnare le polveri, al mattino, è lo stesso Angelino Alfano. «Il governo non corre alcun rischio al Senato», smorza i toni il segretario Ncd che riconosce pubblicamente a Renzi «il grande merito di rinnovare la sinistra italiana sui contenuti, spingendo avanti la palla in cdm mentre la sinistra Pd la rallenta in commissione».
Parole che illuminano di luce diversa le dichiarazioni di guerra del Ncd: «Renzi non rischia la fiducia ma il logoramento dell’azione di governo» (Sacconi); «Cambieremo il decreto al Senato, riportandolo vicino al testo originale» (Lorenzin); «Se il testo rimarrà quello di oggi, noi non lo voteremo, e Renzi non commetterà ancora l’errore di farci scegliere tra la stabilità dell’esecutivo ed un testo» (Quagliariello). Anche Scelta Civica, con Andrea Romano, protesta: «Non dovevano costringerci a votare la fiducia sulla vita del governo e non sulla sua prima vera riforma, è un fallimento politico».
Relatore del provvedimento al Senato sarà Pietro Ichino, ma se Ncd insisterà nel chiedere il ripristino delle semplificazioni ai contratti a termine e di apprendistato, il nuovo passaggio alla Camera mette a rischio la conversione del decreto, che scade il 20 maggio. E mentre il Pd, con Cuperlo e Damiano, respinge con sdegno le accuse di ingerenza della Cgil sul dl, il ministro Poletti spande ottimismo: «Credo che siamo nelle condizioni di chiudere, il decreto è rispettato nel suo impianto ed è assolutamente di valore, le distanze sono alla portata».
Di diverso avviso il capogruppo di Fi alla Camera, Renato Brunetta, che chiosa: «La fiducia sul decreto lavoro è un imbroglio. Renzi mette la fiducia perché non ha la fiducia, perché non ha i voti della sua maggioranza, perché un partito, il Nuovo Centrodestra gli ha detto di `no´». Ora il secondo tempo della partita, al Senato.