La democrazia ha perso parte del suo fascino: sono largamente presenti nel mondo regimi e pratiche autoritarie che hanno come obbiettivo il suo svuotamento
Tony Blair, nel suo ultimo libro, On Leadership, racconta che un paio di decenni fa quando visitava un Paese che non era una democrazia, il leader locale si affrettava a spiegare che il Paese non era ancora pronto per una trasformazione democratica, ma che ci sarebbe comunque arrivato. Oggi, spiega Blair, i leader di Paesi non democratici, se sono di mentalità aperta, non disprezzano la democrazia, ma la mettono in discussione per la difficoltà di prendere decisioni e di attuarle. La democrazia ha perso parte del suo fascino; sono largamente presenti nel mondo regimi e pratiche autoritarie, che hanno come obbiettivo il suo svuotamento.
La prova più recente è il decreto firmato dal presidente Putin nei giorni scorsi, che facilita il trasferimento in Russia di stranieri che condividono i «valori tradizionali», oppressi nei loro Paesi. Si tratta del più recente tassello dell’ambizione che Putin coltiva da tempo di diventare il capo politico di un’alleanza antioccidentale contro le liberaldemocrazie, dichiarate politicamente decadenti ed eticamente immorali. Nel 2012 durante il discorso annuale all’Assemblea federale russa sostenne che «La comunità euroatlantica metterebbe sullo stesso piano grandi famiglie e persone dello stesso sesso, fede in Dio e fede in Satana». E poi: «I liberali non possono più permettersi di dettare le regole… non dobbiamo permettere che siano messi in ombra la cultura, le tradizioni e i valori familiari tradizionali di milioni di persone che costituiscono la maggioranza». (2019 al Financial Times). Nel 2022, pochi giorni prima dell’invasione dell’Ucraina, spiegò che si trattava anche di un’operazione contro l’immoralità dell’Occidente. Pochi giorni dopo il patriarca Kirill spiegò che il conflitto in Ucraina sarebbe stata una «lotta metafisica» contro i Paesi che autorizzano il Gay Pride e che perciò sono il regno del male.
I Paesi democratici non hanno reagito. È una distrazione che dura da tempo, mentre l’autoritarismo avanza nel mondo.
Secondo il Rapporto di Freedom House 2024, solo il 20% della popolazione mondiale vive in democrazia, mentre il 38% — la percentuale più alta dal 1997 — si trova in condizioni di totale assenza libertà e il 42% vive in regimi parzialmente autoritari. Dal 2014 al 2023, in media abbiamo 39 regimi democratici in più, ma sono ben 60 i nuovi regimi autoritari. Putin può quindi contare su un vasto bacino potenziale di ascolto illiberale, al quale si presenta come garante dei valori della tradizione. Non c’è solo Putin. La Cina, ad esempio, ha investito quest’anno 85 milioni di dollari per finanziare la ricerca per la guerra cognitiva, che consiste nel condizionamento mentale dei cittadini propri e di altri Stati. E in Europa c’è Orbán. Bisogna rispondere in forma inequivoca e decisa.
Per troppo tempo abbiamo dato per scontata la liberaldemocrazia, a volte con atteggiamenti inutilmente superbi, come ai tempi della «esportazione». Oggi dobbiamo difenderla attivamente, anche cercando di superare i suoi limiti, comunque molto inferiori a quelli di qualunque altro regime politico: un’azione decisa, continuativa, fondata sulla persuasione, per proteggerla tanto dalle minacce esterne quanto dai vizi che la corrodono dall’interno. Ci riusciremo, se il tema diventerà un impegno di tutte le nuove Istituzioni europee.