Fatta eccezione per poche prime ministre socialiste scandinave o baltiche, la stragrande maggioranza delle donne europee che hanno avuto un vero potere provengono da destra
Ora che tre su cinque posizioni di leadership in Europa sono ricoperte da donne, stupisce il fatto che Metsola, von der Leyen e Lagarde provengano tutte da partiti conservatori membri del gruppo dei popolari europei. Una doppia sconfitta per i socialdemocratici che, non solo perdono una delle posizioni di guida dell’UE, ma si vedono anche sorpassati a destra in quanto a parità di genere.
Una prerogativa della destra
Oltre ai quindici anni di governo della Merkel, e fatta eccezione per una manciata di prime ministre socialiste scandinave o baltiche, la stragrande maggioranza delle donne europee che hanno avuto un vero potere in quanto leader di partito o di governo – provengono da destra, a cominciare dalla Thatcher.
Guardando al passato e al presente, la lista continua, Theresa May, Merkel, e una delle tre ex premier polacche. Le altre due polacche assurte al potere provengono dal reazionario Law and Justice Party, e Marine Le Pen, Giorgia Meloni, Frauke Petry e Alice Weidel, rispettivamente fondatrice e leader al Bundestag di Alternative für Deutschland, sono oggi il volto dell’estrema destra europea.
Perché tutte queste donne nella destra moderata e persino in quella populista? È innegabile che le conservatrici moderate impersonino, nella maggior parte dei casi, figure femminili rappresentative di una concezione tradizionale della famiglia. Tutte le conservatrici moderate hanno adottato il cognome del marito, Thatcher notoriamente continuava a cucinare la cena a Downing Street, von der Leyen ha sette figli, Metsola quattro e posizioni antiabortiste. Tuttavia, questa spiegazione non vale per le figure dell’estrema destra come Weidel, apertamente lesbica, Le Pen, che ha divorziato due volte, e Meloni, una madre single.
Backgroud maschili e tratti aggressivi
Sia nel caso dei conservatori che degli estremi, tuttavia, i modelli femminili sono stati in grado di riconquistare i voti delle donne. Nel caso dell’Italia, ad esempio, più della metà dei sostenitori del partito di Meloni alle elezioni del 2018 erano donne, rispetto al 37,5% del 2013. Le Pen ha avuto tanti voti di donne che di uomini alle presidenziali del 2017. E Roberta Metsola ha raccolto un numero di voti record per diventare la Presidente del Parlamento europeo, allargando la maggioranza Ursula alla maggioranza Draghi, ossia ottenendo anche l’appoggio di una certa destra reazionaria, Lega e polacchi inclusi.
Resta il fatto che anche le leader conservatrici e di estrema destra dei nostri tempi più “materne” hanno un background in campi tipicamente maschili: le STEM o “scienze dure”, sono fisiche, chimiche, ex ministre della difesa o delle finanze. Nell’estrema destra, i tratti tradizionalmente maschili emergono invece in atteggiamenti aggressivi, tono di voce forte, un’assertività esagerata, spesso persino nell’abbigliamento.
Gli errori del campo progressista
Le donne europee si sentono rappresentate da questi modelli? Certo non chi si definisce progressista, per cui la retorica del “purché donna” vale solo ed esclusivamente nella misura in cui queste leader possano farsi rappresentanti di istanze di parità che, per ora, nessuna delle leader presenti e passate ha perseguito attivamente. I progressisti, da parte loro, sono immobilizzati in un circolo vizioso: promuovono, sulla carta, la parità, ma temono l’arrivo al potere di colleghe che possano scardinare quei modelli tradizionali che agli han permesso di mantenere le proprie posizioni di potere finora, si veda l’imbarazzo sulle quote, che alla fine emerge solo nel centrosinistra. Non si tratta di “fare spazio” alle donne nelle file dei riformisti e progressisti, si tratta piuttosto di abbassare un fuoco di fila sulle aspiranti leader che, tra l’altro, non fa che portare le donne a votare altrove o abbandonare la politica. Non ci si chieda più perché.