22 Novembre 2024

Fonte: La Repubblica

di Caterina Pasolini

Manifestazione di protesta sotto il ministero della Salute per ottenere interruzione di gravidanza farmacologica senza ricovero e in ambulatorio. Zampa, sottosegretario: “Speriamo entro dieci giorni di avere il parere del Consiglio superiore di sanità e fare le nuove linee guida che lo consentano”.

Dopo Perugia, Roma. Le donne oggi, giovedì, scendono in piazza ancora una volta, manifestando sotto il ministero della Salute, per il diritto all’aborto e una contraccezione sicura e gratuita. Come se il tempo non fosse passato, come se i diritti non fossero acquisiti per sempre.
Sono passati decenni dai primi cortei, quando era reato interrompere una gravidanza, quando le donne andavano all’estero in clinica se erano ricche e sui tavoli delle mammane nella maggior parte dei casi.
Sono passati 42 anni dall’approvazione della legge 194, ma ancora adesso ogni 12 mesi diecimila donne rischiano la vita per aborti illegali e, lo dicono le stime del parlamento, più del 70 per cento dei medici e sanitari è obiettore e si rifiuta di fare l’interruzione di gravidanza.
Un muro di no, di difficoltà davanti ad una scelta che non è mai facile, è sempre dolorosa. E i tentativi di rendere il tutto un po’ meno traumatico si infrangono continuamente tra burocrazia, opposizioni, tagli alla spesa pubblica. Tanto che la pillola Ru486, che consente l’interruzione della gravidanza farmacologica e non chirurgica, che non richiede degenza ospedaliera né sedazione e all’estero viene usata in ambulatorio, a casa, e che consentirebbe di superare il problema degli obiettori, in Italia viene usata solo per il 20% dei casi contro il 90% degli aborti dei paesi nordici.
“Le donne hanno ragione e speriamo entro dieci giorni di avere pronte le nuove linee guida che prevedano l’aborto in day hospital senza ricovero. E hanno ragione quando chiedono la contraccezione  gratis. Vorrei metterla nei livelli di assistenza essenziali”. La sottosegretaria alla salute Sandra Zampa ha incontrato le donne che manifestavano sotto il ministero. Ed è pronta a chiedere ai tecnici che lavorino per sapere quante sono ogni anno le donne che si vedono rifiutato l’aborto. Mentre pensa che parte dei fondi destinati alla medicina sul territorio debbano andare ai consultori. “Sono stati dimenticati in questi anni. I consultori funzionano in poche regioni come Emilia e Toscana e mi piacerebbe ci fossero anche per gli adolescenti come in Francia dove sono un punto di riferimento”.
Parla delle donne che tornano ad abortire come un fallimento del sistema “perché non siamo riusciti ad istruirle ad aver cura di sé”.

La protesta in Umbria
Nei giorni scorsi a riportare in piazza le donne c’è stata la delibera della giunta leghista umbra che reintroduce l’obbligo di tre giorni di ricovero per le donne che decidono di abortire con la Ru486.
Decisione legale, visto che le linee guida di dieci anni fa consigliano tre giorni, ma fuori tempo e immotivata visto che le evidenze scientifiche nel frattempo dopo anni di esperienza non dimostrano la necessità di ricovero. Inutile soprattuto se si conta che con l’interruzione chirurgica, che prevede sedazione, le donne la sera firmano e tornano a casa e che molte scelgono l’interruzione farmacologica, per vivere in privacy ma sicurezza, lontano da ospedali, un dramma così personale. Una decisione contestata, accusata di voler solo rendere più complicate le decisioni delle donne, già dolorose.

La delibera Toscana per l’Ivg in ambulatorio
E se l’Umbria va indietro, la regione Toscana si comporta in modo diverso: lunedi ha infatti approvato una delibera regionale per permettere di sommistrare il farmaco abortivo non solo in day hospital come già accade ma anche in strutture territoriali, ambulatori, consultori. Perché, ha detto il presidente Enrico Rossi: “Inutile far soffrire di più le donne che affrontano l’interruzione di gravidanza”.

L’intervento del ministro Speranza
Comunque, alla decisione della governatrice leghista dell’Umbria Donatella Tesei ha risposto subito il ministro Roberto Speranza chiedendo un parere al Consiglio superiore di Sanità per elaborare in tempi brevi nuove linee guida nazionali, perché l’aborto farmacologico possa essere fatto in day hospital, in ambulatorio senza giorni in ospedale obbligatori. Perché, come ha sottolineato nei giorni scorsi la sottosegreteria alla Salute Sandra Zampa “La legge è ancora sotto attacco. Siamo un paese che evidentemente non ha ancora digerito, metabolizzato la 194 sull’interruzione di gravidanza, e così alla prima occasione si cerca di rimettere tutto in discussione. E sempre sulla pelle delle donne, dimenticando il dolore, la difficoltà di una scelta comunque difficile e sofferta”. E ora i tempi sembrano più brevi, l’idea al ministero è che arrivi il parere e siano ufficiali le nuove lingue guida in una decina di giorni.
E proprio per sollecitare le nuove linee guida sull’aborto, più fondi per i consultori e contraccettivi gratuiti, oggi sotto le finestre del ministero la rete italiana contraccezione e aborto pro-choice lancia un presidio al ministero della Salute. Obiettivo della mobilitazione che vedrà piccole delegazioni da tutto il paese, è “sollecitare le istituzioni preposte a prendere provvedimenti per tutelare e garantire i diritti sessuali e riproduttivi”.
“Garantire l’accesso all’aborto farmacologico e alla contraccezione significa garantire l’accesso ai diritti e alla salute sessuale e riproduttiva e, allo stesso tempo, significa combattere le disuguaglianze e le discriminazioni sociali, economiche e geografiche a cui le donne sono spesso soggette – sottolinea la rete – in questo panorama è urgente sottolineare il disinteresse dei governi, di ogni colore, per la prevenzione e la medicina territoriale”. E denunciano come nel corso degli anni questi centri sono stati consumati, devastati dalla mancanza di fondi in un paese dove nessun tipo di contraccettivo è gratuito ma nemmeno parzialmente rimborsato.
Dal 2016, per l’ennesima volta in controtendenza rispetto ad altri paesi europei e salvo alcune eccezioni regionali, la contraccezione è tutta a carico dei cittadini. “Il comitato per la contraccezione gratuita e consapevole ha raccolto 80mila firme su un documento che propone soluzioni concrete in linea con l’organizzazione mondiale della sanità per superare l’arretratezza dell’Italia su questo fronte, firme che saranno consegnate in occasione del presidio”.

Chi partecipa
Hanno finora aderito all’iniziativa: Aidos (associazione italiana donne e sviluppo), Amica (associazione medici italiani contraccezione e aborto), Campagna aborto al sicuro, Ippfen-international planned parenthood federation european network, Laiga (libera associazione italiana ginecologi per applicazione legge 194), Vita di donna, Amnesty international Italia, Associazione scientifica Andria, Cgil, Smic-società medici italiani contraccezione, Associazione Luca Coscioni, Ru 2020 rete umbra x la autodeterminazione, Casa internazionale delle donne di Roma, Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, Ordine interprovinciale di ostetrica/o di Bergamo, Cremona Lodi Monza-Brianza, e molte altre.
“L’iniziativa cade in un momento storico in cui, sovranisti, populisti, democratici, sembrano trovare molti punti di consonanza, compresa la limitazione dei diritti della donna, e in cui si deve garantire l’effettività dei diritti stessi. Si deve garantire il rispetto dello Stato costituzionale di diritto” ha detto Giulia Simi, dell’assemblea nazionale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *