20 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Alessandro Trocino

La scelta agli Stati generali o dopo. Tra le diverse soluzioni del dopo Di Maio resta in campo anche quella di un «direttorio» o di una «leadership condivisa»


Se non puoi deporre un leader, puoi proporne un affiancamento, nella forma di cordone sanitario. È quello che hanno fatto finora gli avversari di Luigi Di Maio. Immaginando che fosse inamovibile, hanno rilanciato formule ambigue e commissariali, come le ipotesi «direttorio», «leadership condivisa» e «guida collettiva». Le famose «coltellate», di cui ha parlato Di Maio, da parte degli «avvoltoi», come li ha definiti Stefano Buffagni. La mossa del capo politico, sempre che avvenga nelle prossime ore, potrebbe rimettere in gioco tutto. E interroga amici (pochi) e nemici (tanti), pronti a lanciarsi nella corsa per la nuova leadership.
Gli Stati generali si dovrebbero tenere dal 13 al 15 marzo, ma più di qualcuno mette in dubbio che sarà proprio quella la sede dove si sceglierà il nuovo capo politico del Movimento. A interrogarsi sulle mosse del ministro degli Esteri sono in molti. C’è chi non crede che voglia davvero cedere il potere. E chi sospetta che stia cercando di organizzare una controffensiva, un ritorno in campo quando sarà passata la bufera: «È un giochetto, vuole tornare più avanti come salvatore della patria». C’è chi teme uno scarto più grave: che stia cioè creando le condizioni per accelerare una scissione, che comporterebbe la caduta del governo.
Fantascienza, per ora, ma le manovre sono partite da tempo. Alessandro Di Battista è il suo fratello coltello. A giorni alterni i due si giurano amore eterno, per poi lanciarsi frecciate e accuse. L’ex deputato in queste settimane è teoricamente alleato di Di Maio, ma al momento opportuno potrebbe sganciarsi e procedere in autonomia, magari affiancandosi a Gianluigi Paragone, espulso di recente ma lesto nel rivendicare l’amicizia «con Ale» e progetti in comune.
Il fronte più variegato, con i possibili leader alternativi, è quello a sinistra, che si è rafforzato grazie al governo «giallorosso». Naturalmente c’è Giuseppe Conte, premier che ha saputo acquistare autorevolezza e credibilità, pur non essendo organico del Movimento. Ma proprio questa sua posizione da esterno, oltre che il ruolo a Palazzo Chigi, rendono difficile una successione in questa direzione. Tra chi si è molto dato da fare in questi giorni c’è Stefano Patuanelli, ministro dello Sviluppo economico, che è considerato uomo ponderato, serio e vicino al Pd. Difficile, però, che possa conciliare il Mise con il ruolo di capo politico.
Nell’ombra ci sono due personaggi che hanno un grande peso nella storia del Movimento.Roberta Lombardi, movimentista della prima ora, che è stimata e ha concorso alla linea favorevole per la nascita del governo. E Max Bugani, che ha sbattuto la porta della segreteria di Di Maio e ora anche quella di Rousseau. L’attuale capo staff della sindaca Virginia Raggi si contrappone a Di Maio ed è stato uno dei più strenui difensori della linea di non presentarsi in Emilia-Romagna.
Tra i più autorevoli senatori c’è Nicola Morra, che nelle scorse settimane si è dato molto da fare per ridiscutere dell’identità del Movimento, lanciando incontri periodici con i parlamentari. Del resto Morra, presidente dell’Antimafia, è stato forse il primo a parlare di «leadership collettiva», non per attaccare Di Maio ma per aiutare il Movimento. Sulla Calabria è stato durissimo contro il candidato ufficiale M5S.
Difficile che scenda in campo il presidente della Camera Roberto Fico, frontman dei «progressisti». E anche Paola Taverna e la sindaca di Torino Chiara Appendino sono nomi poco spendibili per una leadership. Qualcuno scommette proprio su Vito Crimi. Da membro anziano, diventerebbe reggente. Ma una volta in sella, dicono, potrebbe aver voglia di rimanerci.

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