Fonte: Sole 24 Ore
di Nicola Barone
Della questione è stato investito ormai diverse settimane fa il Cts. Per gli esperti ragionevole rivedere i criteri in base alle evidenze raccolte negli ultimi mesi
Il consiglio scientifico della Francia ha dato il via libera alla riduzione da quattordici a sette giorni della durata dell’isolamento per le persone risultate positive al coronavirus. Anche in Italia l’accumularsi delle evidenze spinge, da tempo, ampi settori della comunità degli esperti a chiedere una revisione dei criteri di “uscita” dalla malattia, in linea con le prescrizioni di diverse organismi sanitari internazionali. E la politica guarda con estremo interesse a questa soluzione. «Qualche Paese – ha detto il premier Giuseppe Conte – sta discutendo della riduzione della quarantena, è prospettiva importante. Se dovessimo ridurre la quarantena si ridurrebbero anche i costi sociali ed economici». Ma l’Oms mette in guardia contro un simile provvedimento e raccomanda di mantenere la quarantena a quattordici giorni.
In Italia modifiche se dati confermano
Oltralpe solo venerdì arriverà la decisione finale in sede politica, presente Emmanuel Macron. Ma quel che in ogni caso si attende dall’accorciamento della quarantena è di favorire «una migliore adesione» ai criteri attuali che non vengono rispettati da «gran parte dei francesi». Fermo restando il principio di massima precauzione seguito sinora, anche da noi della questione è stato investito ormai diverse settimane fa il Cts. E uno spiraglio nel senso della riduzione dei tempi sembra aprirsi ora col viceministro della Salute Pierpaolo Sileri, in presenza di conferme tecniche.
La revisione delle Linee guida Oms
Tre giorni senza sintomi per far uscire dall’isolamento chi ha avuto l’infezione da nuovo coronavirus, senza che sia necessario ripetere il tampone a distanza di ventiquattro ore. È la posizione su cui si è attestata a fine giugno l’Oms nel riscrivere le Linee guida provvisorie, anche in considerazione del fatto che chi ha superato il Covid-19 può risultare positivo ancora per settimane ai test basati sulla ricerca di particelle del virus SARS-CoV-2 nei campioni biologici prelevati con il tampone. I presupposti per uscire dall’isolamento senza dover ripetere il test riguardano i pazienti sintomatici, i quali sono tenuti ad attendere dieci giorni dall’insorgenza dei sintomi, più almeno tre giorni aggiuntivi senza sintomi (inclusi febbre e problemi respiratori); negli asintomatici è necessario aspettare dieci giorni dopo il test positivo. La stessa Oms riconosce che i nuovi criteri mettono sul piatto della bilancia diversi aspetti contemplando quelle «situazioni in cui un rischio residuo minimo è inaccettabile, ad esempio, in soggetti ad alto rischio di trasmettere il virus a gruppi vulnerabili o in ambienti ad alto rischio». Qui, è la conclusione dell’Oms, «può ancora essere utile un approccio basato sui test». L’Organizzazione ha comunque raccomandato una quarantena di 14 giorni.
L’allineamento dei Cdc americani
Dopo l’Oms arriva il cambio di strategia dei Centers for disease control and prevention americani teso a evitare l’ingolfamento dei laboratori sollevando al contempo da quarantene prolungate pazienti che, con tutta probabilità, non sono contagiosi o almeno no n completamente. Niente doppio tampone negativo dunque per decretare la guarigione di un paziente dal Covid-19, sì invece a una diagnosi clinica, con le persone “liberate” dieci giorni dopo l’inizio dei sintomi, tranne in rare eccezioni. Secondo il documento è sufficiente che siano passati dieci giorni dall’inizio dei sintomi e non ci sia febbre da ventiquattro ore per poter far uscire un paziente dall’isolamento considerandolo guarito, in caso di malattie lieve o moderata, mentre anche chi ha un decorso grave o è immunocompromesso rimane contagioso per non più di venti giorni.
Dagli esperti sì a un passaggio ragionevole
In base a una decina di lavori per i quali la carica virale si riduce di molto dopo la comparsa dei sintomi, l’alleggerimento in Francia che rappresenta un tentativo di rendere meno pesante questa misura e far sì che i più rispettino l’isolamento, «poggia potenzialmente su un fondamento scientifico valido» dice Giorgio Palù, microbiologo dell’Università di Padova. Matteo Bassetti del San Martino di Genova trova «ragionevole» un cambiamento del periodo di quarantena («se la Francia abbassa a sette giorni e a Ventimiglia restano quattordici non ha senso»). Anche ripensare i giorni di quarantena «fa parte degli atteggiamenti di convivenza con il virus». Un appello alle principali cariche istituzionali italiane affinché venga abbandonata la procedura attualmente in vigore è stato formulato dal team di scienziati diretto dal virologo Guido Silvestri della Emory University di Atlanta. Sostengono l’iniziativa la salvaguardia della vita delle persone,del l’economia e della salute pubblica.