Fonte: La Repubblica
Il giorno seguente all’ordine di ritiro dalla Siria, il presidente decide di reimpatriare un numero importante di truppe da KabuI. Poche ore prima l’annuncio del segretario della Difesa: “Il presidente merita un collaboratore allineato con le sue posizioni”. Il capo della Casa Bianca aveva invece twittato un messaggio in un cui faceva capire che andava in pensione
Nuovo ribaltone nell’amministrazione Trump e il clamoroso annuncio che, dopo la Siria, le truppe Usa – almeno una parte importante delle forze schierate sul campo – lasceranno l’Afghanistan. Tutto è successo in poche ore. In mattinata la dichiarazione in cui il segretario alla Difesa Jim Mattis annuncia la sua intenzione di lasciare la Casa Bianca citando differenze con Donald Trump sui rapporti con gli alleati. “Ho avuto il privilegio di servire questo paese. Sono orgoglioso dei progressi degli ultimi due anni”, il presidente Donald Trump merita un segretario alla Difesa con “idee che sono allineate alle sue”, afferma Mattis nella lettera di dimissioni consegnata alla Casa Bianca. Mattis, ex generale pliredocorato della Marina Militare, aveva il soprannome di “cane pazzo”, affibbiatogli dai suoi commilitoni.
Trump, nel tweet in cui aveva parlato dell’uscita di Mattis prevista per febbraio, aveva invece spiegato che il generale andava in pensione. Sessantotto anni, Mattis aveva lasciato la Marina Militare nel 2013 dopo 41 anni di carriera durante la quale era stato a capo delle operazioni statunitensi in Kuwait, in Afghanistan e in Iraq. Il presidente perde così uno dei membri più autorevoli della sua amministrazione, stimato ed apprezzato sia in patria che all’estero.
Dopo poche ore – le 2 in Italia – l’annuncio che dopo aver ordinato il ritiro dalla Siria il presidente Usa, Donald Trump, ha deciso di ritirare un numero ‘importante’ di truppe anche dall’Afghanistan. Lo ha confermato in modo anonimo un responsabile dell’amministrazione statunitense, confermando le voci di un ritiro imminente anche da Kabul.
“La decisione è stata presa” ha affermato. Attualmente ci sono oltre 14 mila soldati americani in Afghanistan e i primi rientri in Usa, secondo quanto circolato sui media Usa, potrebbero iniziare tra qualche settimana. Secondo il New York Times, gli Usa ritireranno circa 7 mila uomini.
La decisione di Mattis arrivava dopo un giorno di tensioni e polemiche in cui Donald Trump non era arretrato di un millimetro dopo l’annuncio a sorpresa del ritiro immediato delle truppe Usa dalla Siria, circa duemila soldati che dovranno tornare a casa entro 30 giorni. Annuncio seguito poche ore dopo da quello sull’Afghanistan. Una mossa che aveva scatenato l’ennesima bufera su Trump, perché si tratta di una decisione presa contro tutto e tutti.
Mattis invece, nelle ultime settimane, aveva idee in netta contrapposizione con Trump, dal dispiegamento di forze armate al confine con il Messico al ritiro dalla Siria. Secondo indiscrezioni, ‘Mat Dog’ è stato colto alla sprovvista dall’annuncio: una decisione quella di abbandonare la Siria e l’Afghanistan della quale era all’oscuro.
Intorno al ritiro dalla Siria l’attenzione è massima a livello mondiale. Mentre dalla capitali alleate arrivano a Washington decine di telefonate per capire cosa stia succedendo, solo Vladimir Putin plaude alla decisione: “Donald ha ragione, ha fatto bene”, sentenzia lo zar del Cremlino, che da sempre parla di presenza “illegale” degli Usa in Siria. E già pregusta i vantaggi di una Russia che avrà mani libere nella regione, così come l’Iran e come la Turchia, pronta a una nuova offensiva sulle milizie curde da quattro anni armate ed addestrate dagli americani, ed ora di fatto abbandonate al loro destino. Sullo sfondo il pericolo che l’Isis, marginalizzato in un’area al confine con l’Iraq, possa rialzare la testa, nonostante Trump canti vittoria.
Una vittoria che per molti è ancora lontana dall’essere definitiva. Al Pentagono si parla infatti di “errore colossale” e all’interno della stessa Casa Bianca il consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton giorni fa aveva indicato una strada ben diversa sulla questione siriana.
Intanto Benyamin Netanyahu ha assicurato che Israele “continuerà ad agire con forza contro i tentativi dell’Iran di arroccarsi in Siria”: “Intensificheremo gli sforzi e so che lo faremo con il pieno sostegno e appoggio degli Usa”, ha affermato il premier israeliano. Mentre al Congresso si alza un coro bipartisan per chiedere al presidente un chiarimento, soprattutto sulla strategia complessiva dietro la sua decisione. Con molti osservatori che mettono in evidenza come la posizione assunta da Trump sia paradossalmente molto simile all’atteggiamento di Barack Obama sulla politica da seguire in Medio Oriente, una visione secondo cui non è compito degli Usa interferire negli affari della regione.
Solo che allora Obama, che pose fine all’avventura in Iraq, sulla Siria ascoltò invece chi predicava cautela.