Fonte: La Stampa
di Marco Zatterin
Il presidente Bce: «Liquidità per mercati e banche». Yellen (Fed): temo l’incertezza. La Corte costituzionale tedesca boccia i ricorsi: via libera al piano anti-spread
Mario Draghi non fa previsioni sulla possibile Brexit. Si limita a ribadire che la Banca centrale europea si prepara per «ogni possibile evenienza». Ammette che «è molto difficile prevedere i vari modi con cui il voto britannico impatterà sul mercato e sull’economia della zona euro» e che è «difficile anche speculare su un risultato o altro». I più si aspettano una tempesta finanziaria in caso di vittoria del «no» all’Europa, pertanto le direzioni di Francoforte hanno preso le misure alle banche potenzialmente più esposte ai marosi referendari. Per il resto, c’è la possibilità di un ulteriore Quantitative easing (iniezioni di liquidità) e di acquisti di bond sovrani col programma Otm, lo stesso che – dopo un lungo ragionare – la Corte costituzionale tedesca ha dichiarato ieri legittimo.
Si attende, ci si attrezza per ogni possibilità. Il presidente della Bce, riferendo alla Commissione Econ dell’Europarlamento, ha descritto uno scenario congiunturale in cui «le incertezze restano alte e i rischi di revisione al ribasso significativi per colpa della persistente fragilità dell’economia globale e degli sviluppi geopolitici». Su questo si incastona la minaccia della Brexit. Se fosse, assicura il banchiere centrale, «cercheremmo di stabilizzare i mercati fornendo liquidità». È evidente, ammette l’ex governatore, che l’addio del Regno Unito a Bruxelles «avrà conseguenze a breve e a lungo termine». La realtà, ha aggiunto, è però che «non c’è nessun piano, solo grandi consultazioni con tutte le banche centrali».
Parla una lingua simile Janet Yellen, presidente della Federal Reserve. Nella testimonianza semestrale davanti alla commissione bancaria del Senato statunitense ha riconosciuto che un’eventuale divorzio britannico avrebbe «ricadute sul Regno Unito e sull’Europa», con l’effetto di «innescare una stagione di incertezza». «Ci si può aspettare periodo di forte volatilità dei mercati», ha affermato, che potrebbe «incidere in modo negativo sull’outlook economico americano». Anche se, almeno nel breve periodo, un terremoto «non avrebbe come soluzione più probabile il ritorno della recessioni» in casa Usa.
Potrebbe salvarsi pure l’Europa, sebbene ci sia comunque bisogno di manutenzione. Puntuale, Draghi è tornato a chiedere riforme alle capitali, a cui imputa da tempo di averlo lasciato solo nel sostenere il ciclo continentale. «Senza la nostra azione di stimolo, sia la crescita che l’inflazione sarebbero significativamente più basse», ha affermato a Bruxelles. Gli Stati devono agire e un esempio è la giustizia civile: se va per le lunghe sono lunghe «i costi sono alti e ricadono su tutti». «Per questo occorrono altri interventi», insiste, che alimentino le certezze che occorrono per far ripartire i sempre necessari investimenti.
Dopo aver regalato un altro richiamo alle istituzioni di Bruxelles perché faccia rispettare coerentemente il patto di Stabilità che governa l’Eurozona, perché «le regole hanno senso sono se sono applicate con coerenza nel tempo», visto che «devono garantire la tenuta della cornice fiscale». Da parte sua, Draghi informa che la Bce avvierà oggi la seconda serie di operazioni di finanziamento delle banche (Tltro II). La legittimità delle misure convenzionali e no è stata confermata dall’Alta Corte di Karlsruhe che ha promesso il «piano anti spread» deciso dalla Bce nel 2012, perché limitato dal principio e non basato su un programma di annunci. «Ne prendiamo atto», ha detto il capo dell’Eurotower. Con un altro esito, sarebbero stato un disastro. Invece avanti si va.