Il Summit di Villa Madama in vista del Consiglio Europeo del 24-25 marzo. L’obiettivo (economico) urgente per gli effetti dell’aggressione all’Ucraina: fissare un tetto al prezzo di importazione
Un summit tattico per coordinare le posizione dei paesi del Mediterraneo sulla stategica partita del gas, l’arma di distruzione economica di questa guerra nell’est europeo, da dove arriva il 40% della risorsa energetica per l’Italia. A Villa Madama Mario Draghi incontra lo spagnolo Pedro Sanchez, il portoghese Antonio Costa e in collegamento il greco Kyriakos Mitsotakis. L’obiettivo è arrivare al Consiglio Europeo di Bruxelles del 24-25 marzo (ma si terrò anche un vertice Nato con Joe Biden) con una posizione comune di paesi della stessa area, che non sempre convergono con i paesi del nord, come Germania e Olanda, e anche rispetto alla Francia, che trae larga parte del suo fabbisogno dall’energia elettrica che deriva nucleare (e che vende anche all’Italia).
Il premier: separare il presso del gas dall’energia elettrica
Alla vigilia dell’incontro Draghi lo ha detto chiaro: l’azione nazionale deve andare di pari passo con le scelte comunitarie che, nella visione italiana – condivisa dagli altri leader del ’fronte’ del Mediterraneo – devono contemplare «un tetto europeo al prezzo del gas», oltre alla separazione del prezzo del gas da quello dell’energia elettrica. Nel frattempo l’Italia è impegnata a diversificare non solo le fonti di approvvigionamento dell’energia, ma anche di altre materie prime, compreso il grano. «Non è ancora il caso», dice il premier, di lanciare allarmi invitando a un cambio di abitudini, proponendo una economia di guerra. Ma bisogna «prendere provvedimenti» per affrontare le conseguenze della guerra e delle sanzioni. La situazione “è di grande incertezza”, ammette, ripetendo che bisogna osservare i fatti.
L’ipotesi del tetto di 100 euro per megawattora
Cosa c’è sul tavolo? Come detto quello di fissare un tetto al prezzo di importazione del gas (100 euro a megawattora o forse meno). Poi, appunto, quello sganciare il prezzo del gas da quello dell’elettricità, prodotta magari da altri fonti. Inoltre si lavora – e anche questo punto è noto da tempo – è l’acquisto e lo stoccaggio comune di gas – la Commissione europea sta elaborando un piano che da un lato imporrà agli Stati di riempire i serbatoi al 90% entro il 1° ottobre e dall’altro porrà le condizioni per «sostenere operazioni di riempimento coordinate» – da affiancare ad un decisa politica di diversificazione delle fonti di acquisto, in sostituzione della Russia, destinata a uscire per molto tempo dai radar commerciali dell’Europa. Quindi ad affiancare l’Algeria – altra fonte fondamentale – arriverà il Qatar (già qualche visita governativa è partita in questa direzione), e paesi africani dove l’Eni opera da molti anni, come il Congo e l’Angola. In ogni caso la Commissione Ue sta lavorando ad una serie di opzioni con «misure d’emergenza per limitare l’effetto contagio del prezzo del gas sui prezzi dell’elettricità», tra cui anche «tetti temporanei».
Gli accordi nel tempo con Russia, Francia e Algeria
Un summit “energetico” quindi, più urgente che mai, visti i prezzi stellari raggiunti, che hanno fatto schizzare l’inflazione al 5,7%, ai massimi dal 1995, anno in cui lo spread toccò il massimo storico dei 630 (c’era ancora la lira). Ed è uno dei tanti che si sono tenuti nel corso di questi ultimi anni. Letto con le leti di oggi appare distanti anni luce quello del giugno 2006 tra il premier Romano Prodi e il già inamovibile Vladimir Putin, al Cremlino, dove fu raggiunto un accordo sull’energia, per consentire alle compagnie russe di entrare nel mercato italiano e a quelle italiane di estrarre gas e petrolio russi, e una intesa preliminare per giungere alla creazione di una banca d’affari comune. Dopo un anno sempre Prodi e Nizza sigla con il presidente francese Nicolas Sarkozy la “pace energetica” tra Italia e Francia, per garantire gli approvvigionamenti di elettrici all’Italia. E sempre negli stessi giorni Prodi sigla l’accordo con l’Algeria per la costruzione del gasdotto Galsi, destinato a collegare il paese maghrebino con la Sardegna (e poi la terraferma, in Toscana), con l’obiettivo di fornire 40 miliardi di metri cubi all’anno. Ma il Galsi non verrà mai realizzato: il progetto, molto lento a partire, verrà sospeso “sine die” in seguito all’accordo tra la russa Gazprom e l’Italia nel 2014.