19 Settembre 2024

Fonte: Sole 24 Ore

Primo giorno di consultazioni per il premier incaricato. Il leader del Pd Zingaretti: daremo il nostro contributo ma noi e il partito di Salvini alternativi. Il centrodestra andrà diviso alle consultazioni. I numeri della possibile maggioranza di «salvezza nazionale»


A 24 ore dall’incarico accettato al Quirinale, la strada di Mario Draghi alle prese con la sua prima sfida politica sembra assestarsi. Anche se non sono ancora chiari i numeri della base parlamentare su cui potrà godere il suo esecutivo, le molte aperture registrate nella prima giornata di consultazioni preludono a un perimetro parlamentare molto più ampio di quello che sosteneva il Conte due. Si delinea una maggioranza di «salvezza nazionale» con un governo di tutti, salvo poche eccezioni (Fratelli d’Italia e un pezzo della sinistra).
Il Colle apprezza e registra un moderato ottimismo sulla possibilità di una soluzione della crisi. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non ha posto paletti temporali: ci sarà, come riferito da Maurizio Lupi, un secondo giro di consultazioni. Il primo terminerà sabato, quando gli ultimi ad essere ricevuti saranno i Cinque Stelle.

L’apertura di Berlusconi
Dopo il Pd e Italia viva che hanno detto sì a un governo guidato da Draghi, mentre sfilavano davanti al premier incaricato i piccoli gruppi parlamentari di Camera e Senato, è stato soprattutto Forza Italia, venuta allo scoperto dopo la benedizione di Silvio Berlusconi,a dare una spinta sui consensi al possibile gobverno Draghi. «È una personalità di alto profilo istituzionale», rimarca l’ex premier che domani 5 febbraio incontrerà personalmente Draghi, alle consultazioni. E va oltre: attorno all’ex presidente della Banca centrale europea, si può «tentare di realizzare l’unità sostanziale delle migliori energie del Paese». Quanto basta per arricchire la platea di deputati e senatori pro Draghi ma anche per segnare la distanza da Lega e Fratelli d’Italia. Non a caso i tre partiti del centrodestra andranno alle consultazioni divisi.

Lega al bivio, il no di Fratelli d’Italia
La Lega è ancora in bilico ma segnata dall’endorsement inequivocabile di Giancarlo Giorgetti che da anni conosce e stima l’ex governatore della Banca d’ITalia: «Draghi è un fuoriclasse come Ronaldo. Uno come lui non può stare in panchina», è la metafora che sceglie il numero due del partito. Ma fra i parlamentari leghisti nessuno si sbottona. La partita è in mano al segretario, Matteo Salvini e la presenza della Lega in un nuovo esecutivo resta un’incognita.
Ferma sul no Giorgia Meloni: «Il mio no non è un no alla figura di Mario Draghi – ha chiarito la leader di Fratelli d’Italia -. Io non sono d’accordo sul metodo e sulla scelta del presidente della Repubblica che, secondo me, avrebbe dovuto sciogliere le Camere».

L’apertuta di Conte e l’effetto su M5S
Dalle parti del Movimento 5 Stelle, invece, il fronte degli scettici dovrebbe rompersi dopo la presa di posizione di Giuseppe Conte. Il premier uscente ha parlato davanti a un tavolino in plexigrass in piazza Colonna con alle spalle non Palazzo Chigi, essendo una comunicazione “non istituzionale”: una mossa che viene letta da alcuni come la discesa in campo dell’avvocato pugliese. Conte ha chiarito: «Non sono un ostacolo a Draghi». Rivolto a M5S: «Io ci sono e ci sarò. Pd e LeU, invitandoli a non disperdere il patrimonio di un’alleanza «per lo sviluppo sostenibile. Un progetto forte e concreto».
Le parole di Conte, insieme a quelle di Luigi Di Maio, potrebbero portare il movimento nella nuova maggioranza: la linea pentastellata suggerita dall’ex capo politico è ora «sediamoci e ascoltiamo Draghi» con un invito al movimento a una prova di maturità. Pesa anche l’intervento di Beppe Grillo che ha contattato alcuni parlamentari della prima ora: «Non cancellate i risultati ottenuti finora come il reddito di cittadinanza e portate avanti alcuni punti, come la digitalizzazione o una patrimoniale ai super-ricchi», è l’invito del Garante del M5S sarà a Roma nelle prossime ore.
Resta la componente che fa riferimento ad Alessandro Di Battista, nettamente contraria a sostenere un governo Draghi. Ma, anche se il M5S subisse una scissione, il nuovo esecutivo dovrebbe avere comunque la maggioranza in entrambi i rami del Parlamento.

Zingaretti: spetta a Draghi definire il perimetro della maggioranza
Il Pd non si stanca di ripetere di volere una «maggioranza larga ed europeista». Che potrebbe includere dunque gli azzurri ma farebbe più fatica a digerire la Lega. Nicola Zingaretti in direzione ha parlato di un necessario allargamento in Parlamento alle forze «liberali, socialiste». I sovranisti non rientrano nel perimetro. Ma il ragionamento non preclude l’’ipotesi di un esecutivo sostenuto anche dalla Lega, spiega più tardi sempre il segretario Dem: la chiara vocazione europeista rende il Pd e partito di Salvini “alternativi” ma «spetta al professor Draghi costruire il perimetro della maggioranza».

I numeri in Parlamento
A Montecitorio l’ex presidente della Bce, con l’appoggio di M5s, arriverebbe a 441/451 voti: 191 del Movimento, 93 del Pd, 91 di Fi, 28 di Iv, 4 di Azione, 15 di Centro democratico, 4 del Maie, 4 delle minoranze linguistiche, 12 di Nci. Leu al momento è spaccata tra i 7 di Art.1 che sembrano più favorevoli e i 5 di Sinistra italiana che stanno riflettendo, in attesa delle decisioni di M5s e anche della Lega e Fdi, con i quali Si non vuole “mischiare i propri voti”. In più ci dovrebbero essere 3-4 voti dal gruppo Misto. La maggioranza assoluta di 316 voti verrebbe ampiamente superata anche in caso di fuoriuscita dell’ala legata a Di Battista. La Lega, se passasse la “linea Giorgetti” porterebbe in dote ulteriori 131 voti.
A Palazzo Madama per raggiungere la maggioranza occorrono almeno 161 sì (il plenum è costituito da 315 senatori eletti e 6 a vita), soglia ampiamente superata con l’appoggio di M5s. Ii sì infatti raggiungerebbero quota 231: 92 del Movimento, 35 di Pd, 18 di Iv, 52 di Fi, 10 Europeisti, 7 delle Autonomie, 17 su 22 del gruppo Misto (tra essi anche i senatori a vita Cattaneo, Segre e Monti, mentre non votano da tempo Rubbia, Piano e Napolitano).

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