10 Novembre 2024

Fonte: La Repubblica

di Luca Pagni

Il presidente della Bce, ricevendo la laurea ad honorem dell’università di Tel Aviv, fa professione di ottimismo. Anche politico: “La maggioranza dei cittadini favorevole all’Unione è tornata a far sentire la sua voce”. Ma chiede di intervenire su “sicurezza e migranti”

Lo aveva già sostenuto nel recente passato. Ma non con toni così assertivi, legando disamina economica a giudizi politici. Per il governatore della Bce, Mario Draghi la crisi “è superata e la ripresa dell’area dell’euro è resistente e sempre più ampia fra i vari paesi e settori”. Un risultato di cui lo stesso Draghi si sente – almeno in parte – artefice: la domanda interna “sostenuta dalla politica monetaria della Bce è il principale motore della ripresa. Cinque milioni di persone hanno trovato lavoro dal 2013 e la disoccupazione, anche se ancora elevato, è a un nuovo minimo da otto anni”.
Una professione di ottimismo che il numero uno dell’Eurotower ha sostenuto ricevendo la laurea ad honorem dell’università di Tel Aviv. Visione positiva che va oltre i confini europei. A livello globale, “il settore finanziario è ora più resistente. L’outlook economico mondiale sta migliorando e i rischi di un peggioramento sono in calo”.

La voce ritrovata
Un miglioramento dello stato delle cose dettato anche dall’agenda politica e dagli ultimi risultati elettorali, in particolare da quello in Francia. “Ora la maggioranza silenziosa ha ritrovato la sua voce, il suo orgoglio e la fiducia in se stessa”. Secondo Draghi, nonostante la gran parte dei cittadini europei sia favorevole all’Unione, in passato “spesso si sentiva solo una opposizione rumorosa”.

Terreno fertile per populismi
Una tesi che Draghi ha argomentato ricordando quanto accaduto negli ultimi dieci anni. Lo scoppio della crisi finanziaria globale nel 2008, ha ricordato, e le ricadute sulla crisi del debito sovrano in Europa “ha portato a una profonda recessione in tutto il mondo, a un netto aumento della disoccupazione, rendendo chiara l’incompletezza di alcune parti dell’architettura istituzionale della Ue”. Inevitabilmente tutto ciò ha alimentato “un terreno fertile per dare voce a una retorica populista e nazionalistica”.

Una distruzione creativa
Ma quel periodo di crisi, ha sottolineato, “è servito anche a migliorare la comprensione delle forze economiche e politiche e a tradurre questa nuova conoscenza in azione. La crisi, quindi, ha portato a una sorta di distruzione creativa con la rivisitazione critica di paradigmi riconosciuti, con l’identificazione di prassi errate che sono state rimpiazzate da altre più solide e con nuove ricerche che hanno affrontato aspetti della nostra società prima trascurati”. Questo “rinnovato sforzo ha allo stesso tempo reso più profonda la nostra comprensione dell’economia e ha dato vita alla nostra risposta di politica”.

Lavorare su sicurezza e migranti
La situazione è migliorata, ma c’è ancora da lavorare. In particolare, sugli altri temi cavalcati da coloro che Draghi ha definito opposizione populista all’idea di Europa unita.  “Servono ulteriori progressi: l’architettura istituzionale dell’Unione economica e monetaria resta incompleta sotto diversi aspetti. La crisi ha messo in evidenza la debolezza strutturale della nostra costruzione e ci ha obbligato a muoverci. L’aggiustamento è iniziato con la creazione dell’unione bancaria. Ma il lavoro è lontano dall’essere esaurito e le sfide che dobbiamo affrontare vanno oltre l’Unione economica e monetaria.
Riguardano sicurezza, migranti, difesa e queste sfide possono essere indirizzate solo mettendo insieme sovranità”.

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