23 Novembre 2024

ECONOMIA

Fonte: Corriere della Sera

Mario Draghi

Il presidente della Bce Mario Draghi parla al Parlamento Ue: «Per una normalizzazione dell’inflazione potrebbe servire più di quanto previsto a marzo, quindi all’incontro di dicembre riesamineremo le politiche monetarie»

«La ripresa nell’Eurozona prosegue moderatamente», ma «i rischi al ribasso da crescita e commercio globali sono chiaramente visibili»: frena l’entusiasmo per la ripresa il presidente della Bce Mario Draghi parlando al Parlamento Ue. Anche «le dinamiche dell’inflazione si sono indebolite, a causa dei prezzi bassi del petrolio e dell’effetto dell’euro forte», nota Draghi, spiegando che «per una normalizzazione dell’inflazione potrebbe servire più di quanto previsto a marzo», e che quindi «all’incontro di dicembre riesamineremo le politiche monetarie». I motivi del rallentamento vanno cercati nel passato: «I miglioramenti sono lenti a causa dei danni degli anni precedenti», spiega Draghi. Che cerca poi di aggiustare il tiro: «La ripresa è lenta ma più forte e più diffusa che in passato, e avviene anche nei Paesi sotto stress, e non “core”, guidata da consumi e investimenti, un segnale positivo».

Le ripercussioni sui mercati

Le parole di Draghi hanno immediatamente avuto ripercussione sullo spread tra Btp decennali e omologhi tedeschi, che scende a 100 punti, dopo un minimo a 98,24. E anche l’euro scende brevemente sotto gli 1,07 dollari dopo che il presidente della Bce, Mario Draghi, ha parlato di rischi «chiaramente visibili» per la crescita dell’Eurozona. Martedì era andato ancora più basso, a 10,674, segnando il minimo dall’aprile 2015.

Pronti a usare tutti gli strumenti: Qe va rivisto

«Se da un lato la ripresa rafforzerà gradualmente l’impulso sottostante al processo inflattivo, la persistente debolezza economica degli ultimi anni continua a pesare sulla crescita nominale dei salari, e questo aspetto potrebbe limitare le pressioni sui prezzi», ha aggiunto Draghi. Che è pronto ad agire. «Se dovessimo concludere che il nostro obiettivo della stabilità dei prezzi a medio termine è a rischio, ci comporteremmo utilizzando tutti gli strumenti disponibili all’interno del nostro mandato per garantire che un adeguato livello di accomodamento monetario sia mantenuto», ha sottolineato Draghi, ricordando che «abbiamo sempre detto che i nostri acquisti sarebbero andati oltre la fine del settembre 2016 nel caso in cui non si veda un adeguamento costante nel percorso di inflazione». In concreto, Draghi conferma che «se i rischi al ribasso diventano più seri» il programma Quantitative easing, ovvero l’acquisto di titoli di Stato dei Paesi in difficoltà da parte della Bce per incentivare la crescita economica, «deve essere rivisitato per fronteggiare le nuove sfide».Un atteggiamento, questo, che non è un disincentivo per i Paesi lassisti alle riforme economiche, tutt’altro: secondo Draghi, la politica monetaria accomodante crea un contesto che rende le riforme economiche meno difficili.

Punti deboli: da dove provengono i rischi di peggioramento

Attualmente i rischi di peggioramento dell’andamento dell’economia «provengono prevalentemente dal rallentamento economico in corso nelle economie emergenti attraverso i canali dell’export e della fiducia», spiega Draghi. Un altro pericolo arriva dall periodo troppo lungo di bassi tassi di interesse, che «rende il terreno fertile a problemi alla stabilità finanziaria», sottolinea il presidente della Bce nella sua audizione mensile davanti al Parlamento europeo, aggiungendo che l’Eurotower «monitorerà i rischi alla stabilità finanziaria». Del resto, nota Draghi, «se le banche non funzionano, possiamo abbassare i tassi di quanto vogliamo ma non si tradurrà nelle banche che riprestano credito all’economia reale»:

I punti forti: come è sparita la frammentazione

Ma il quadro generale non è pessimista. Ci sono «segnali», nota Draghi, che indicano che l’insieme delle misure della politica accomodante della Bce «dà risultati». «Nell’ultimo anno e mezzo abbiamo visto la frammentazione sparire. Ora le banche possono finanziarsi più o meno allo stesso costo e prestare più o meno allo stesso tasso di interesse dovunque e questo non era cosi nel 2011, nel 2012 e anche alla fine del 2013», ha spiegato Draghi. «Questo – ha aggiunto – si sta traducendo anche nell’economia reale, i flussi di credito sono migliorati in maniera continuativa negli ultimi 15 mesi». Secondo il banchiere centrale «tutto questo ha un effetto sulla crescita, sui consumi, sul reddito reale, sugli investimenti e soprattutto sul mercato del lavoro».

L’ipotesi Brexit: «Conta mantenere moneta unica e mercato unico»

Draghi ha affrontato anche il tema dei negoziati fra Ue e Regno Unito sul rischio di uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea: «Siamo ai primi passi di un processo molto complicato che durerà dei mesi. La mia opinione- ha spiegato il presidente della Bce – è che entrambe le parti stiano lavorando in buona fede. Ma occorre che siano mantenuti due obiettivi: la moneta unica e il mercato unico». «Qualsiasi cosa che uscirà da questa complessa interazione dovrà mantenere questi due straordinari risultati dell’Unione europea», ha aggiunto.

L’emergenza migranti: prematuro dire quante risorse servono

Non manca un passaggio sull’emergenza migranti, che secondo Draghi i nostri leader stanno affrontando con «umanità e visione»: «I migranti cambieranno il tessuto sociale dell’Ue», secondo il leader della Bce, e se si prosegue su questa strada «l’Ue ne emergerà più forte». Ma ovviamente la situazione dei migranti «richiede investimenti, partecipazione attiva, un’analisi approfondita degli investimenti che ci servono, del ruolo dei governi e degli investimenti pubblici». Di quali e quanti risorse parliamo? Non si sa. Draghi ha spiegato che «non abbiamo ancora un’analisi completa di questo problema, ci stiamo lavorando, sarebbe prematuro dire di quanto si deve espandere il deficit dei Paesi per investire in questo sviluppo».

 

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