Confronto schietto e rispettoso ma non c’è più intesa. Tuttavia, chiuso il caso Grillo e non affrontato il tema Ucraina, si è parlato pragmaticamente dei temi che interessano ai Cinque Stelle
La chimica non è scattata nemmeno questa volta e ormai appare chiaro che non scatterà più. Ma il confronto è stato schietto e rispettoso. Conte si è sfogato, ha recriminato, ha invocato risposte alle sue proposte e però non ha strappato e questa per Draghi è la cosa più importante. «È andata bene», è il messaggio che il premier ha consegnato allo staff dopo un’ora e dieci minuti di paziente ascolto, in cui si è mostrato aperto e dialogante e ha provato a scalfire quella «durezza» che il leader del M5S rimprovera a Palazzo Chigi.
Grillo, caso chiuso
Ma prima Draghi ha dovuto smentire, una volta ancora, di aver ispirato la scissione e aver chiesto a Beppe Grillo di defenestrare Conte. Dopo giorni di accuse e sospetti, il leader del M5S ha preso per buone le giustificazioni di Draghi («non ho mai usato quelle espressioni») e ha dichiarato chiuso l’increscioso incidente. E così, quando la conversazione ha girato sul merito dei provvedimenti, l’approccio del premier è stato più che mai «pragmatico». Draghi vuole che il governo duri, perché il Paese è in emergenza e non può permettersi una crisi che porti al voto subito dopo l’estate. Su questo cruciale aspetto il capo dell’esecutivo si muove in asse con Sergio Mattarella, che ha fatto la sua parte per placare Conte.
Salvare questa maggioranza
Per quanto Draghi possa ritenere surreale la rappresentazione messa in scena dal M5S, il suo primo obiettivo è salvare la maggioranza, questa maggioranza. È vero che il governo ha i numeri in Parlamento anche se Conte e compagni strappano, ma il premier si è già tirato fuori: «Senza i 5 Stelle questo governo non va avanti». Parole che una fonte traduce così: «Se Conte vuole fare un altro Papeete ad agosto, Draghi se ne andrà. Nemmeno il Quirinale può chiedergli di perdere la faccia». A Palazzo Chigi aleggia il timore che Conte si ritrovi in un «cul de sac» da cui non riesce a venire fuori, anche se nel suo animo prevalgono il senso di responsabilità verso il Paese e il rispetto delle istituzioni. A questo serve il documento, a dilatare i tempi della crisi almeno fino a settembre: il M5S potrebbe cedere alla tentazione di arrivare alle elezioni in Sicilia con le mani libere, da partito di opposizione.
No al condono
Ecco allora che, davanti all’ultimatum in nove punti, Draghi ha preso tempo: «Devo leggere il documento, studiare, valutare…». E ha offerto a Conte il tempo di cui ha bisogno per provare a placare la tempesta che fa ballare paurosamente la caravella del M5S, attratta dalle sirene dell’opposizione. Per 45 minuti buoni Draghi ha ascoltato in silenzio mentre l’interlocutore leggeva e spiegava la sua missiva e solo sulle cartelle esattoriali il premier ha fatto trasparire la sua contrarietà. I condoni non sono nelle sue corde e «prima di qualsiasi intervento bisogna riformare la riscossione dei tributi. Per il resto, Draghi si è mostrato aperto e desideroso di offrire qualche risposta positiva, «purché queste proposte non siano imposizioni o aut aut». La maggioranza è larga, la coperta è corta e Draghi deve stare attento a non scatenare gelosie e appetiti negli altri partiti.
Le aperture
Quando Conte è arrivato al paragrafo sul superbonus edilizio, su cui si era incagliato il decreto Aiuti per un emendamento del M5s, il presidente ha confermato l’intenzione di trovare una soluzione, magari affrontando il tema nelle prossime settimane in un provvedimento ad hoc: «Ci sono diversi aspetti che non funzionano, dovremo intervenire ancora». Anche sul reddito di cittadinanza Draghi sembra orientato a concedere qualcosa al Movimento, perché non è contrario in linea di principio a una misura di sostegno al reddito. «C’è bisogno che tu dica pubblicamente che sei a favore — è stata l’invocazione di Conte — Non posso più sostenere gli attacchi dei partiti a una misura per noi fondamentale».
Non c’è la questione Ucraina
Un aspetto ha sorpreso Draghi e cioè che tra i punti ritenuti dirimenti dal leader del M5S non ci sia la questione dell’invio di armi all’Ucraina, contro la quale Conte si era sgolato per settimane. Ma la cosa che più ha spiazzato gli inquilini di Chigi è stato il doppio registro di Conte, conciliante dopo il colloquio e poi di nuovo bellicoso. «Si naviga a vista — è lo stato d’animo di Draghi — Come d’altronde facciamo dal primo giorno di questo governo».