Fonte: Corriere della Sera
di Andrea Ricciardi
Occorre un vero salto di responsabilità e una gestione coesa utilizzando al meglio l’aiuto europeo e la presidenza Biden, che vuole un nuovo rapporto Usa-Europa
Ultimamente, guardando le cronache politiche, m’è tornata in mente la vecchia, (mai superata) canzone di Bob Dylan, Blowing in the wind: «Quanti morti ci vorranno perché egli sappia/che troppe persone sono morte?/La risposta, amico mio, sta soffiando nel vento…». Quanti morti ci vorranno perché si sappia che sono troppi? I decessi per il Covid-19 non sono colpa di nessuno né delle istituzioni (almeno in Italia, perché altrove è diverso). Sembra però che la classe politica, nelle sue varie facce, non stia facendo i conti a fondo con il dramma di oggi, che chiederebbe un salto di responsabilità.
Gli italiani sono spaesati, incerti sul futuro, alle prese con problemi economici e di lavoro, con la povertà, la malattia e i lutti. Basta girare per le città con i negozi chiusi e le attività spente: un quadro vicino di una crisi più larga. Durante la prima fase, con il lockdown, la stampa internazionale notava stupita la «disciplina» degli italiani. Poi ci sono state l’estate e la speranza di tornare subito a vivere come prima della pandemia. Non è stato così. Oggi la «tenuta» degli italiani è incerta, provata dalla solitudine, dalla caduta di riti confortanti e familiari, dalla percezione di un futuro scuro. In questi mesi in cui il Covid-19 si fa sentire pesantemente, le persone sono più incerte, contraddittorie, stanche: dal ribellismo alle regole dei giovani (cui è stata chiusa la scuola), alle subculture negazioniste, alla diffusa paura, a chi aspetta depresso… La tenuta degli italiani è fragile.
È un tempo in cui i sondaggi sugli orientamenti elettorali dicono poco, specie per la mobilità di sentimenti. Oggi gli italiani hanno bisogno di sentire che il governo lavora bene, coeso, con una visione per il futuro. In questa prospettiva era nato il secondo governo Conte. Allora la democrazia italiana si misurò con una drammatica alternativa (va ricordato!): un governo democratico oppure la ricetta populista, già praticata in vari Paesi dell’Est e non solo. L’attrazione per quest’ultima, in un elettorato mobile, permane (anche latente) in vasti settori. E il periodo della campagna elettorale, con un leader come Salvini che sa farla assai bene, è un’incognita foriera di sorprese. Ieri come oggi.
Nell’estate 2019 fu fatta una scelta di governo non facile per Pd e 5 Stelle. L’alternativa al populismo era un buon governo coeso. Il che non è stato, specie dopo l’estate 2020. Non vuol dire che singoli ministri non abbiano lavorato bene, che si sia fatto tanto e dialogato bene con l’Ue. I gruppi populisti sono in difficoltà a fare una campagna elettorale continua com’è nella loro natura, ma restano un’alternativa. Ci vuole di più da parte di chi governa per un popolo che vive una vicenda che lo turba al fondo più di quanto si vede. Forse i protagonismi dei leader o i dibattiti tra politici sottovalutano lo stato d’animo della gente, che sta male e ha la vita stravolta: riemerge la tentazione, tra non pochi italiani, di affidarsi a chi indica il nemico e promette sicurezza. È in linea con lo spirito del tempo nel mondo.
Purtroppo, non si è consolidata l’alternativa democratica, anche per l’innato protagonismo di settori e personalità della politica. L’Italia reale è lontana dai dibattiti televisivi o dalle dichiarazioni incrociate. Non ne parla il linguaggio e non si sente rappresentata. Oggi ci vorrebbe un vero salto di responsabilità e una gestione coesa che riagganciasse il sentire diffuso e utilizzasse al meglio le due grandi e «provvidenziali» opportunità del momento.
La prima è l’aiuto europeo (che mostra ai populisti il valore della solidarietà dell’Unione). Utilizzarlo esige una visione del futuro e non vecchi parametri. I risultati del contributo alla «ricostruzione» arriveranno con il tempo a toccare la vita degli italiani, ma bisogna mostrare presto la positività del processo. L’altra opportunità è la presidenza Biden che vuole un nuovo rapporto Stati Uniti-Europa e la costruzione di un’area di Stati democratici responsabili nel mondo, che si distingua dalle democrazie illiberali o dai regimi proclivi ad avventure militari. Ci saranno anche conseguenze economiche con la fine della politica dura di Trump verso l’Ue e la ripresa dei negoziati multilaterali. L’Italia ha bisogno di alleanze: in Europa e nel mondo. Per essere un soggetto credibile di alleanza, ci vuole un governo stabile. Non è la solita «predica inutile» (come scriveva Einaudi) sulla rissosità politica italiana. Forse non ci siamo accorti che il mondo è cambiato in profondità e l’Italia oggi è in bilico tra tipi di futuro molto distanti e forse di civiltà.