22 Novembre 2024

Fonte: La Stampa

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I deputati europei tedeschi vogliono 3000 euro in più al mese per pagare i collaboratori.

Non tutti sono d’accordo, ma il problema delle sperequazioni esiste: c’è chi ha oltre 40 giovani al proprio servizio. Viotti (Pd) chiede una riforma della categoria. E da noi il Jobs Act rappresenta una minaccia

 

Un eurodeputato garbato racconta che il pressing dei colleghi tedeschi sul capitolo “retribuzioni del personale” s’è fatto prepotente. Spiega che vogliono tutti i soldi potenzialmente disponibili per aumentare la dote che ogni parlamentare ha a disposizione per pagare gli assistenti, e che stanno facendo ogni sforzo perché questo accada. Sperano in tremila euro da ottenere in due tranche entro il 2017.

Il nostro uomo preferirebbe non succedesse. Sostiene che «ne abbiamo già abbastanza», scandisce un «non ce n’è bisogno» che sa di pre-edonismo reaganiano. Anche perché, se fossero sempre soldi capaci di sostenere la sana distribuzione del reddito e una crescita virtuosa, sarebbe una cosa. Invece, in molti e forse troppi casi, rappresentano la benzina per bassi giochi di potere, l’ingranaggio di gestione di una casta che in parte non smette di assomigliare a ciò che era quando diede il peggio.

Alla voce «spese per il personale» (gli assistenti), ogni parlamentare europeo può incassare sino a un massimo è di 21.209 euro lordi al mese, somma che – va sottolineato – non è in nessun caso corrisposta direttamente agli eurodeputati, bensì pagata dall’istituzione al dipendente. E’ un livello che non viene toccato da almeno 5 anni. Ed è un diritto corretto, perché il deputato ha bisogno di persone che lo seguano nelle attività, a Bruxelles e nel collegio. Ma, come tutti i diritti, viene spesso interpretato a piacere e tirato ai limiti della legge. E dell’etica.

Si sta discutendo il bilancio del Parlamento per il 2016. Si lavora con cura su tagli e risparmi massicci, anche con un nuovo contratto per la gestione delle mense che comprimerà i costi. Nelle pieghe contabili ci sono anche i fondi per alcune nuove spese.  Che, secondo una prima stima della revisione in aumento degli esborsi, è indicata da una fonte nel 2,5%.

Di questa fetta, lo 0,9% riguarderebbe spese straordinarie legate soprattutto a lavori di ristrutturazione degli edifici su cui è distribuito l’Europarlamento (sono poco meno di trenta), per questioni legate alla sicurezza (come rifacimento degli ingressi, miglioramento della sicurezza dei badge identificativi antiduplicazione). In discussione c’è pure l’ampliamento degli uffici dei deputati con conseguente acquisto di altro mobilio.

Il resto dell’incremento possibile, dunque l’1,6 per cento, servirebbe alle spese “ordinarie”, una revisione degli stipendi di chi è alle dirette dipendenze del Parlamento, ancorati di norma all’inflazione. In questa dimensione è immaginato un aumento del budget a disposizione di ogni parlamentare per le retribuzioni degli assistenti. Tremila euro chiedono i tedeschi. Dunque si arriverebbe 24 mila.

Giusto o sbagliato? Daniele Viotti, casacca Pd, esperto di bilancio, riflette che occorre anzitutto «mettere mano allo statuto degli assistenti, soprattutto quelli locali. Il nostro lavoro è in primo luogo qui, per cui va regolamentato il numero dei collaboratori». Ogni deputato può infatti avere un massimo di tre assistenti a Bruxelles, mentre in patria non c’è limite. Così capita che un romeno ne abbia 42 a Bucarest e molti polacchi oltre venti, sino a un massimo di 38. Si racconta di un siciliano con 12 assistenti a casa, ma la fonte non riesce a ricordare il nome, il che ricorda il miglior Sciascia.

«Non sono d’accordo sull’aumento dei costi su questa voce – assicura Viotti – comunque non mi interessa, sebbene mi renda conto che esistono situazioni complesse, come quella tedesca, visto l’alto costo della vita, fiscale e burocratico». Si deve «trovare una quadra», assicura, comunque «senza cedere al populismo, anche perché chi ama i codazzi non ci rinuncia e reagisce tagliando gli stipendi». Riforma come prima cosa, dunque.

I tedeschi protestano perché da loro i soldi non bastano, causa costo della vita e adempimenti legali per le assunzioni esosi. Il primo deputato di questa storia suggerisce che dovrebbero chiedere più semplicità a Berlino, non più soldi all’Europa. Quindi spiega che in Italia stanno arrivando guai del tutto particolari. «Col Jobs Act dall’anno venturo non potremo più assumere collaboratori, ma dovremo dar loro la partita Iva che erode i salari». Di nuovo. Qualche assistente locale sarà garantito dal titolare di scranno. Altri, si vedranno cannibalizzare l’assegno mensile.

Meglio ragionarci un poco. Con calma e senza ideologie. Ma al più presto.

 

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