Nel dibattito tra i candidati alla vicepresidenza USA, si sono affrontate tematiche come immigrazione, Medio Oriente ed economia, con toni pacati ma visioni contrapposte. La performance potrebbe influenzare le preferenze degli elettori? Vance più calmo e controllato
New York. Immigrazione e Medio Oriente, clima e aborto, inflazione ed economia. E poi futuro della democrazia. Il dibattito a New York tra i due candidati alla vicepresidenza americana, il democratico Tim Walz e il repubblicano J.D. Vance , ha affrontato tutte o quasi le questioni più scottanti davanti agli elettori americani. Uno scontro con toni più pacati rispetto al duello sotto i riflettori tra Kamala Harris e Donald Trump delle scorse settimane, anche se ha sottolineato visioni contrapposte.
Vance, soprattutto nelle fasi iniziali, è parso più in controllo dei temi e più a proprio agio del rivale sul podio; Walz è sembrato nervoso e a tratti confuso – prova degli avvertimenti dei suoi stessi collaboratori che lo vedevano svantaggiato nel format del dibattito mentre eccelle nella politica retail. La performance potrebbe aiutare Vance e Trump, proiettando un’immagine di “normalità” sovente sfuggita ai repubblicani tra la retorica estrema. Walz è migliorato nel prosieguo del duello e i primi sondaggi successivi della Cnn evidenziano che ben pochi elettori avrebbero cambiato idea sulle loro preferenze.
In apertura sono stati subito la politica estera e il Medio Oriente a dominare, tra lo spettro di escalation della guerra. Walz ha ribadito la difesa di israele dagli attacchi iraniani e ha rivendicato l’efficacia della leadership di Harris e Joe Biden nel rafforzare le alleanze americane per difendere la stabilità internazionale. Ha definito Harris “calma e determinata”, mentre Trump è “erratico” e prono a compiacere dittatori. Walza ha tuttavia confuso i nomi di Iran e Israele nella sua risposta. Vance ha ribattuto invece rivendicando che sotto la prima amministrazione Trump l’America era più forte e credibile e incuteva maggior rispetto, tanto da scongiurare nuovi conflitti. E ha criticato i democratici per essere stati troppo morbidi con Teheran.
Sulla democrazia, Vance ha minimizzato gli sforzi di Trump di ribaltare le elezioni del 2020 e affermato di essere “focalizzato sul futuro”. Ha piuttosto accusato i democratici di aver a lungo censurato voci conservatrici sui media. Walz ha definito “inaccettabile” negare quanto accaduto quattro anni or sono: ha ricordato l’assalto al Congresso del 6 gennaio, incoraggiato da Trump. “Le parole di un Presidente contano” e ha definito l’affermazione di Vance che Trump avrebbe pacificamente rinunciato allora al potere “revisionismo storico”. E’ stata, ha detto, “la prima volta che un Presidente ha cercato di sovvertire un’elezione”.
Non sono però mancati punti di contatto rari nel clima duro della campagna. Sia Vance che Walz hanno ammesso passi falsi in passato. Walz ha riconosciuto (”mi sono espresso male”) di aver esagerato la sua presenza in Cina durante il movimento democratico culminato nel dramma di Tienanmen. Vance ha detto di essersi sbagliato quando aveva definito Trump impresentabile, aggiungendo però di aver dato credito a storie pregiudizievoli comparse sui media.
Soprattutto i due si sono scambiati cortesie. Vance ha augurato al figlio di Walz di superare ogni trauma dopo che il padre ha detto che aveva assistito ad una sparatoria in un centro comunitario. Walza ha a tratti detto di concordare con Vance, quando si è trattato ad esempio di combattere l’offshoring di imprese. Nel difendere Trump va e la sua politica economica Vance ha usato parole quasi umili. I critici “dicono che se Trump diventa nuovamente Presidente tutte queste cose orribile accadranno. Ma in realtà quando lui era Presidente l’inflazione era bassa e le paghe più alte”.
uesto non significa che siano mancati i momenti tesi e di polemica. Vance ha messo al centro del dibattito ogni volta che ha potuto il nodo dell’immigrazione e dei migranti. Ha definito questa la causa di pressioni salariali al ribasso per gli americani, di aumenti dei costi della casa e del crimine. Sul legame casa-immigrazione Vance ha anche citato studi della Federal Resrve, che ad una analisi del New York Times si sono però rivelati inconclusivi. Walz ha ribattuto accusando i leader repubblicani di demonizzare gli immigrati e di aver bloccato una seria proposta bipartisan in Congresso di riforma dell’immigrazione e sulla sicurezza alle frontiere.
Alla domanda su come funzionerebbe un piano di espulsioni di massa promesso da Trump, Vance ha detto che comincerebbe con la cacciata di “un milione di migranti che hanno commesso reati oltre al reato di entrare illegalmente nel Paese”. Vance ha anche accusato Harris, Walz e i democratici di una politica di “confini aperti” che ha fatto entrare “milioni di persone”.
Su economia e inflazione, Vance ha incalzato accusando l’amministrazione di Joe Biden, di cui Harris è vicepresidente, di aver presieduto ad aumenti del 25% dei beni alimentari e di spirali di inflazione. Ha invocato che continui investimenti in energia tradizionale abbatterebbe i costi. E promesso una politica economica di “buon senso” che costruisca sui successi della precedente amministrazione Trump. In una critica tra le più incisive, ha attaccato Harris affermando che se aveva davvero proposte per sostenere i ceti medi e popolari ha già avuto quasi quattro anni, da vicepresidente di Biden, per metterle in pratica. Walz ha replicato attaccando i repubblicani per voler tagliare le tasse ai più abbienti e alle grandi aziende, non ai ceti medi, mentre devono “pagare la loro giusta parte”.
Scontro anche su nuovi dazi commerciali: Vance ha difeso nuovi generalizzati dazi. Walz li ha definiti una “imposta sui consumi”, anche se tra gli stesso democratici dazi quantomeno mirati e politiche di made in Usa sono oggi popolari. Sulla promozione del made in Usa Vance ha vantato che Trump ne fa una proriotà. Walz ha difeso il sostegno al manifatturiero offerto dalle leggi di Biden-Harris su transizione energetica, infrastrutture e chip.
Quando si tratta di iniziative particolarmente a favore di ceti popolari, sulla crisi della casa Walz ha rilanciato le proposte di aiuti e incentivi alla costruzione e all’acquisto di una prima abitazione. Vance ha proposto piuttosto deregulation e l’uso di terreni federali per costruire nuove case, oltre all’espulsione di immigrati.
Sull’aborto, Walz ha difeso il diritto delle donne a decidere e ha denunciato i numerosi casi di mancata assistenza sanitaria a gravidanze difficili che hanno a volte portato anche a decessi. Ha accusato di repubblicani, nella loro foga anti-abortista, di ostacolare la contraccezione e limitare i trattamenti per la fertilità. Vance ha risposto dicendo che la soluzione migliore è lasciare le leggi in mano ai singoli stati e ai loro elettori. Ha negato che i repubblicani vogliano creare un’agenzia federale di monitoraggio delle gravidanze.
Sul clima, Vance ha evitato di rispondere ai moderatori che gli chiedevano di spiegare la posizione di Trump secondo cui sarebbe una “truffa”. E ha messo in dubbio che le emissioni di anidride carbonica trainino l’effetto serra. Walz ha sposato le politiche di transizione energetica, pur indicando che tutte le fonti vanno perseguite.
Sulle troppe armi facili e la violenza, Walz ha difeso l’idea di maggiori controlli, Vance ha legato i drammi a una crisi “di salute mentale” nel Paese, ha chiesto più sicurezza nelle scuole e ha ancora una volta accusato la politica democratica ai confini come responsabile di influssi di armi illegali.
Come già per il dibattito tra candidati alla Presidenza, Kamala Harris e Donald Trump, in sala a New York non c’è stato pubblico. Oltre a rispondere alle domande dei moderatori, hanno avuto due minuti per dichiarazioni conclusive. Walz e Vance si sono scontrati negli studi della Cbs, dove due giornaliste della rete Tv, Norah O’Donnell e Margaret Brennan. Pochi i momenti di screzi: hanno zittito i microfoni solo dopo una loro precisazione sugli immigrati haitiani, che sono legali, e invece tacciati di illegalità da Vance. Era del 1960 che New York non ospitava a un dibattito con in gioco la Casa Bianca, allora fu tra John Kennedy e Richard Nixon.
Prima del dibattito le indagini d’opinione vedevano il 60enne Walz più popolare del 40enne Vance, con un tasso di approvazione positivo di 5 punti percentuali contro i 10 punti negativi del rivale. Nuovi sondaggi mostreranno se la performance è bastata a cambiare la percezione battagliera di Vance.
E’ stato, di sicuro, un duello a caccia anzitutto di voti in stati incerti e cruciali, quelli del Midwest e del cuore del Paese, da sommare al dominio sulle coste del Paese per i democratici e a quello del sud per i repubblicani. Tra Walz, governatore del Minnesota, per il ticket democratico, con i suoi toni progressisti ma popolari, atti a farsi campione dei diritti delle donne come dei ceti medi e autore di uno degli slogan più efficaci della campagna, che dipinge la coppia repubblicana come “weird”, strana e inquietante. E Vance, senatore repubblicano dell’Ohio divenuto negli ultimi anni portabandiera del “trumpismo” più convinto. Tra i suoi recenti attacchi più controversi, false accuse agli immigrati legali da Haiti che vivono e lavorano nella cittadina di Springfield in Ohio e l’hanno in realtà rigenerata da anni di decadenza. Accuse di catturare e mangiare cani, gatti e animali domestici, che hanno generato minacce di attentati contro la comunità da parte di estremisti. Vance ha continuato a ripetere gli attacchi agli haitiani anche davanti a ripetute dimostrazioni che erano del tutto infondati.
Altra certezza è che l’importanza del duello TV non può essere sottovalutata: se tradizionalmente i VP non fanno e disfano sondaggi e elezioni, in questo caso, con un elettorato molto diviso e polarizzato, anche spostamenti minimi possono rivelarsi influenti. Oltretutto, potrebbe essere l’ultimo faccia a faccia tra i due campi, dato che al momento non è in programma alcun altro dibattito nè tra vice nè tra i candidati alla Presidenza. Trump aveva perso, stando ai sondaggi, il primo scontro Tv con Harris a Philadelphia.