Fonte: La Stampa
L’Ue ha detto (con garbo, sinora) che la manovra 2017 va rivista. Duello su spese extra e coperture dubbie. Poi ci sono le banche. Costo extra? Da due miliardi a venti e oltre, a secondo di come va
Come prevedibile, il mondo non è finito col referendum, tanto meno con la crisi di governo. E’ cambiato il premier e, marginalmente, l’esecutivo. Non sono invece mutati gli impegni di condotta fiscale presi dall’Italia coi partner europei, e restano invariati il giudizio tecnico della Commissione e quello politico dei ministri dell’Eurogruppo, entrambi severi. Vuol dire che il Team Gentiloni dovrà valutare «misure aggiuntive per rispettare il Patto di Stabilità» e per evitare lo «scostamento significativo» rispetto agli obiettivi indicati per il 2017. Il valore della correzione necessaria è variabile quanto incerte sono le coperture della legge di bilancio. Un paio di miliardi nella migliore delle ipotesi; sino a 20, nella peggiore, almeno per ora.
Non c’è ragione di essere sorpresi. L’Europa ha nelle ultime settimane deciso di astenersi da giudizi pesanti sull’Italia che avrebbero potuto viziare il dibattito in vista della consultazione del 4 dicembre. Sono in compenso arrivati segnali chiari sulle spese per la ricostruzione post sisma, come per l’emergenza migranti, con la promessa di concedere i margini di flessibilità richiesti dal governo. Si è sorvolato, temporaneamente, sulle mancanze e sulla catena di dubbi legata alla gestione dell’economia e dei conti pubblici. «Ora bisogna ripristinare la gestione dell’ordinario», commentava ieri sera una fonte europea. Ora Bruxelles deve riprendere in mano la sua pagella e il governo deve evitare stangate, dall’Ue e dai mercati.
C’è tempo sino a marzo. La base della piramide negoziale è l’opinione diffusa dalla Commissione Ue il 26 novembre, documento carico di rilievi costosi. Si parte con la mancata riduzione del deficit strutturale in misure del 0,6 per cento del pil (è previsto in aumento dello 0,5%), scostamento che vale 1,4 punti di pil fra il 2016 e il 2017 (oltre 25 miliardi). Si continua con il target italiano del disavanzo, che Bruxelles vede al 2,4 per cento del pil rispetto all’impegno di aprile fissato all’1,8: fra due numeri c’è la flessibilità, che non copre l’intero conto. Se non bastasse, il debito pubblico aumenta invece di calare.
Parallelamente ci sono i compiti non fatti. Rispetto ai programmi presentati da Palazzo Chigi, l’Ue sottolinea i magri progressi sugli interventi strutturali, quali la revisione dei valori catastali e la effettiva razionalizzazione della spesa pubblica. Non soddisfano le misure assunte per combattere l’evasione fiscale, né quelle timide o assenti sull’apertura di mercati e professioni. Preoccupa il mancato slittamento dell’imposizione dalle dirette (lavoro) alle indirette (Iva).
Doveri e oneri. Certi, questi. Tuttavia a Bruxelles ci si arrovella su altri dossier, non meno complessi. Renzi ha chiesto di poter finanziare l’intera messa in sicurezza sismica del Paese, però fra i tecnici si sostiene che le regole «consentono di scorporare le spese di ricostruzione, non quelle per assicurarsi da una calamità che non c’è stata». Le spese che Roma dovrà sostenere col Piano Casa diventeranno dunque deficit e debito. Discorso che, specularmente, vale per le banche. Le salverà lo Stato? Con quali soldi? Quanti? E con esborsi diretti o garanzie? «Se il governo interviene, ci saranno conseguenze sul bilancio», chiosa una fonte europea. Da uno a 15 miliardi, si stima, ma nessun numero può essere esatto, in questa fase.
La conferma di Padoan dovrebbe essere garanzia di continuità. Il ministro dell’Economia è stato il poliziotto buono della squadra di Renzi. Il metodo di trattativa è stato considerato costruttivo dalla Commissione e dal Consiglio. E’ una condizione necessaria, non sufficiente. «L’Italia deve correggere la rotta», dicono a Bruxelles, rimarcando che la partita comprende l’alea delle clausole di salvaguardia 2018-19: per disinnescare l’aumento dell’Iva al 25% e il rialzo delle accise serve una trentina di miliardi. «Siamo pronti a discutere una quadra», dice la fonte Ue. Ma, mentre pronuncia l’impegno, la voce vibra e lascia immaginare una goccia di sudore freddo che già gli cala sulla fronte.