20 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Maurizio Caprara

Sarebbe ora che le forze europeiste facessero outing, senza limitarsi a sussurrare ciò che sanno: si colmino vuoti collettivi di memoria su quanto è stato utile vivere in pace tra Paesi che si erano combattuti


Invece di fare a gara nell’attribuire ogni colpa dei mali d’Italia all’Unione europea, le forze politiche del nostro Paese diano un’occhiata a che cosa mettono in rete Emma Bonino e i Radicali italiani. Il suggerimento va innanzitutto alle formazioni di centrosinistra e centrodestra che governano o hanno governato il nostro Paese, partiti ai quali è impossibile definirsi del tutto estranei a quanto è stato deciso da 28 Stati membri dell’Ue a Bruxelles o viene concordato tra 27 mentre il Regno Unito si prepara all’uscita. Su Facebook e altri social network un gruppo di piccole dimensioni evidenzia dati di fatto che spetterebbe alle forze maggiori fare presente agli italiani.
Il titolo di una campagna dei Radicali si appropria di un precetto di Donald Trump – «America first», innanzitutto l’America o America prima — e lo rigira in una direzione che al presidente degli Stati Uniti piacerebbe meno: «Europe first». A ognuno dei pregiudizi anti-europei proclamati o assecondati da vari dirigenti politici italiani (e pezzi consistenti dell’informazione) viene opposta una risposta fattuale. «Tutto quello che sai sull’Europa è falso», avvisa il lettore, perentoria quanto una pubblicità commerciale, la premessa di un «gif», Graphics interchange format, con scritte che scorrono in successione. Poi parte il primo luogo comune: «L’Unione Europea non serve a niente!». Dopo la scritta, arriva la risposta: «Ci ha garantito 60 anni di pace». Altro pregiudizio: «L’Euro ci ha fatto precipitare nel baratro» . Risposta: «Nonostante la crisi l’Ue è il primo mercato al mondo (…)». «L’Ue non riesce ad avere una politica comune». «Sono gli Stati nazionali a impedirlo». Sull’Unione la morale dell’intero messaggio è: «Teniamocela stretta. Anzi, facciamone una federazione».
È un merito dei Radicali agire contro lo scadimento del dibattito sull’Europa. Gli anti-europeisti possono legittimamente propagandare posizioni diverse. Ma per partiti con origini in filoni conservatori, liberali, cattolici, socialisti, socialdemocratici e comunisti italiani è un’ipocrita latitanza lasciare nelle mani dei radicali bandiere non soltanto loro. Quasi tutte le affermazioni di Europe first non sono di parte. Sono constatazioni.
Nella campagna rientra un documento. Ciascun titolo innalza sulla schermata un pregiudizio e il testo successivo lo abbatte. «Sta di fatto che l’Ue è una burocrazia enorme che spreca un sacco di soldi», contesta un titolo che ricalca una litania ritenuta da alcuni un dogma inconfutabile. «Falso. Tutte le istituzioni dell’Ue, che conta circa 500 milioni di abitanti, impiegano complessivamente 55 mila persone. Per la sola città di Roma lavorano 62 mila persone tra dipendenti del Comune (25 mila) e delle società partecipate (37 mila)», fa notare il testo.
Ai miraggi decantati da chi invoca un’uscita dall’euro, il documento contrappone l’effetto di un passo del genere: «Sarebbero i nostri stipendi e risparmi a perdere valore e potere d’acquisto».
In un rapporto recente di Osservatorio di Pavia e altri si conferma che in Italia e altrove la fiducia nelle istituzioni europee è scesa, ma che nell’Ue «7-8 cittadini su 10 considerano la “costruzione europea” un obiettivo giusto». Qual è finora una tendenza vistosa? In deficit di credibilità, a loro volta insicuri, settori della politica italiana soffiano sulle inquietudini degli elettori sperando di ricavare voti. Compito dei dirigenti politici però sarebbe di trainare le società in condizioni di sicurezza, non di accentuare malesseri per nutrirsene.
Sabato ricorre il 60° anniversario dei Trattati per la costituzione di Comunità economica europea e Comunità dell’energia atomica. Sarebbe ora che le forze europeiste facessero outing, senza limitarsi a sussurrare ciò che sanno (e ascoltano dal presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, dall’alto rappresentante per gli Affari esteri dell’Ue Federica Mogherini, da ministri). Si colmino vuoti collettivi di memoria su quanto è stato utile vivere in pace tra Paesi che si erano combattuti. Stare ai fatti, alla lunga, rende. Più del barare e indirizzare fulmini contro l’Ue con il rischio di venirne ustionati.

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