10 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Paolo Di Stefano

Tutti per il cambiamento, nessuno per il cambiamento. «Cambiare tutto» è il motto con cui Zingaretti è sceso in campo come segretario di partito: infatti ha espresso l’intenzione di «cambiare» sede al Pd e adesso, per «cambiare l’Italia», auspica di riuscire a cambiare il governo del cambiamento. Una vertigine


Non c’è solo la famosa frase pronunciata da Tancredi nel Gattopardo ci invita a diffidare della retorica del cambiamento («Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi»). Un’idea altrettanto efficace la troviamo in Francesco Guicciardini: «Non vi affaticate nelle mutazioni che non partoriscono altro che mutare e’ visi degli uomini». Bisognerebbe dunque diffidare di chi promette ostinatamente il cambiamento, perché non vi dirà mai che il desiderio di cambiamento può cambiare le cose sì, ma anche in peggio. Fatto sta che «cambiare» e «cambiamento» sono tra le parole più ricorrenti degli ultimi mesi. Se il «cambiamento climatico» è l’incubo che ci accompagna, l’espressione «governo del cambiamento» è tanto ossessivamente ripetuta da mettere prima in sospetto e poi, alla lunga, in allarme: il governo del cambiamento è quello capace di cambiare le cose o quello capace di cambiare opinione su tutto pur di non cambiare nulla? Governo riformatore o governo mutante?
È difficile sfuggire all’effetto fumo negli occhi: provate a cercare su internet e vi accorgerete di quanti candidati, nelle ultime elezioni (e nei ballottaggi), si sono presentati come gli unici interpreti del «cambiamento» e della «voglia di cambiamento». Tutti per il cambiamento, nessuno per il cambiamento. «Cambiare tutto» è il motto con cui Zingaretti è sceso in campo come segretario di partito: infatti ha espresso l’intenzione di «cambiare» sede al Pd e adesso, per «cambiare l’Italia», auspica di riuscire a cambiare il governo del cambiamento. Una vertigine. Il cambiamento è un’ossessione lessicale (e concettuale) non sempre rassicurante. A proposito di «cambiamento», nella sua foga rivoluzionaria il Partito del Grande Fratello di George Orwell (ispiratore di questa rubrica) ambiva a modificare persino il passato. Le parole sono vive e a volte si vendicano dell’abuso. Un esempio? Dopo mesi di titoli sugli «scontri» e gli «incidenti» (per fortuna metaforici) dentro il governo, ieri ha fatto irruzione nelle prime pagine uno «scontro» tutt’altro che metaforico e alquanto letterale, con tanto di fotografia della laguna di Venezia. E conseguenti promesse politiche: «Basta con i mostri da crociera, è ora di cambiare!». Già, è ora di cambiare (anche il linguaggio).

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