20 Settembre 2024

Fonte: corriere della Sera

di Massimo Franco

Il premier che avrebbe dovuto essere il regista dell’asse M5S e Pd è diventato un problema. Ma non esiste un’alternativa


Doveva essere il regista dell’alleanza tra Movimento Cinque Stelle e Pd. E invece, si ritrova con una maggioranza inquieta; e con alleati scontenti, tesi, e sempre più inclini a pensare che Giuseppe Conte possa diventare, suo malgrado, una specie di virus della divisione annidato nell’esecutivo.
Il grillismo, suo referente obbligato come forza di maggioranza relativa, oscilla tra minacce di scissione e emorragie di parlamentari. Ieri se ne sono andati altri due, tra cui una senatrice che abbassa pericolosamente la soglia dei voti a Palazzo Madama. Quanto al Pd, la decisione di M5S e Iv di correre da soli alle Regionali di settembre accentua la preoccupazione del segretario, Nicola Zingaretti. La fronda interna sta crescendo, soprattutto di alcuni sindaci. E non basta additare l’autolesionismo della sinistra per bloccare un malcontento alimentato anche dai continui rinvii di Palazzo Chigi: un prendere tempo che fa temere il peggio per l’economia dopo l’estate; e che spinge Zingaretti a chiedere al premier la chiusura di dossier irrisolti come Alitalia, ex Ilva, Autostrade. Sono critiche che sconfinano nell’insofferenza: unico modo per sfogare la frustrazione di chi si sente intrappolato in una stabilità logorante.
Conte celebra i presunti successi del «suo» governo e dei nove giorni di Stati generali dell’economia. Raccoglie ironie e irritazione. Le parole sugli aiuti europei vengono vissute dagli alleati come armi a doppio taglio. Esiste la possibilità concreta che ne arrivino pochi e tardi; che alimentino la propaganda della destra di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni; e che portino a una richiesta del prestito Mes per la sanità nelle peggiori condizioni. Si fa strada la sensazione che il premier punti a sopravvivere, facendo slittare di settimana in settimana decisioni che potrebbero incrinare la sua coalizione. Ma il logoramento c’è comunque. E la proposta di abbassare l’Iva, fatta da Conte alla fine della kermesse di Villa Pamphili e subito ritirata, è giudicata come la conferma di un governo privo di strategia; e che sul piano europeo promette di puntellare i pregiudizi su un’Italia che chiede i finanziamenti per usarli senza valutarne i contraccolpi sul debito.
La mancanza di alternative non basta a velare l’inquietudine. Né si vede ancora un vero dialogo col centrodestra. E non solo perché l’invito a andare a Palazzo Chigi non sarebbe ancora arrivato. L’opposizione accusa Conte di tentare incontri separati con Lega, FdI e FI, per accentuarne le divisioni. Ma la manovra è scoperta. E per una minoranza che al contrario dei partiti di governo si è appena rimessa insieme per le Regionali, mostrare un simulacro di unità è un obbligo. Se non altro, le permette di sognare una crisi.

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