19 Settembre 2024

I missili russi devastano chiese e monasteri. Musei saccheggiati dai soldati a caccia di un bottino di guerra: a Mariupol rubato l’oro di Scizia

C’era questa piccola meraviglia bucolica, le pareti bianchissime, il verde dei prati sempre ben rasati, l’enorme campana sull’impalcatura nel cortile. Tutto distrutto. Per la seconda volta in due mesi, il monastero di San Giorgio della Santa Dominazione a Svyatogorsk, nel cuore del Donbass ucraino, è finito sotto le bombe russe, e stavolta è andata peggio.
Non ci sono solo esecuzioni e stupri, la sistematica distruzione di infrastrutture civili e di intere città nel conto dei crimini di guerra imputati ai russi: in due mesi e mezzo di “operazione speciale”, secondo il ministero della Cultura ucraino sono stati registrati più di trecento crimini contro il patrimonio d’arte e architettura.
Dal furto dell’oro di Scizia del museo di Melitopol alla distruzione del museo del filosofo ucraino Grigory Skovoroda, fino al “centinaio di strutture religiose distrutte o danneggiate”, fa i conti il ministro Oleksandr Tkachenko. È un affronto alla storia e alle radici ucraine che la direttrice del Dipartimento di Kharkiv dell’Istituto di memoria nazionale, Maria Takhtaulova, ha definito “genocidio culturale”. Non è un effetto collaterale della guerra, un’inevitabile corollario di un’invasione in armi: è “bruciare un campo culturale per sostituirlo con il proprio”.
A Svyatogorsk, gran parte della chiesa centrale è ormai un cumulo di macerie. I soldati ucraini hanno girato un video di quel che resta della skete di San Giorgio, l’antica comunità monastica affacciata tra i boschi su un’ansa del fiume Donetsk. Lo definiscono “un attacco deliberato” anche se il monastero è legato al Patriarcato di Mosca. La struttura – menzionata per la prima volta nel 1526 – ha ricevuto lo status di Lavra, cioè di piccolo insediamento monastico ortodosso, nel 2004. È una sessantina di chilometri a nord di Kramatorsk, tra Izyum e Sloviansk: la battaglia è feroce, lì, ma sbagliare mira due volte con l’artiglieria e centrare un luogo sacro è ben sospetto. Di certo i russi non si fermano davanti al campanaccio di un edificio sacro del patriarcato di Mosca, se pensano di poter colpire le postazioni ucraine che ostacolano l’avanzata.
La comunità – con le sue chiese e le sue celle, con il piccolo nucleo della vita semi eremitica e i grandi edifici che ospitavano migliaia di pellegrini, una scuola pubblica e una scuola parrocchiale – con la guerra accoglieva profughi in fuga, ma ora è sulla linea di fuoco. Il monastero è stato centrato la prima volta il 12 marzo: ospitava mille rifugiati da Izyum. I russi lo hanno colpito di nuovo all’alba dell’8 maggio, giorno della memoria delle vittime del nazismo: stavolta la skete di San Giorgio, la chiesa tra le celle, è distrutta.
Il giorno prima gli artiglieri russi avevano sventrato il museo dedicato al filosofo ucraino Grigory Skovoroda a Skovorodinovka, nella regione di Kharkiv. Visse lì i suoi ultimi anni, è il paese in cui è sepolto. Il palazzo che lo ospitava era un gioiello del XVIII secolo: “L’esercito russo ha usato un missile per distruggere il museo: è barbarie”, ha detto il presidente Zelensky. Secondo il Maidan Monitoring Information Center, più che barbarie è vendetta. Era stata appena votata la proposta di cambiare la toponomastica: via Pushkin sarebbe diventata via Skovoroda? Giù bombe. Lo stesso sarebbe successa il 17 aprile: il sindaco fece abbattere il monumento al maresciallo Zhukov, e i russi bombardarono pesante il centro.
Nella regione di Kharkiv, martirizzata da missili e artiglieria, secondo il ministero della Cultura il patrimonio ha subito 88 danneggiamenti, quasi un terzo dell’intera Ucraina. Il 14 marzo hanno demolito la casa del mercante Maslovsky, costruita nel 1911 dall’architetto Moses Meletinsky che negli anni Trenta costruì la metropolitana di Mosca. L’elenco è lungo: dalla Filarmonica al Museo d’arte, dalla Casa degli scrittori “Slovo” alla Cattedrale dell’Assunzione del XVII secolo e alla Sinagoga Corale; dalla Chiesa di Sant’Antonio a quella della Beata Regina Tamara.
Le bombe sono andate a cercare il museo dell’isola dei cosacchi di Khortytsia, a Zaporozhzhye: un luogo iconico per ogni ucraino. Ritirandosi da Trostyanets, i russi hanno bruciato la casa del gestore dei possedimenti Koenig, museo nazionale. Il museo delle tradizioni locali di Borodyanka è stato centrato da un attacco aereo come la chiesa antica a Volnovakha, nel Donbass. A Chernihiv non hanno risparmiato né la cattedrale della Trasfigurazione (XI secolo), né Santa Caterina (XVIII secolo), e neppure il Monastero dell’Assunzione di Elets (XI secolo).
Quel che non distruggono, lo rubano. Il caso più doloroso è il tesoro degli Sciti, i gioielli d’oro trafugati dal museo. Ma a marzo erano sparite le collezioni più preziose anche dai musei di Zaporozhzhye, e il consiglio comunale di Mariupol accusa i russi di avere rubato “più di duemila reperti” dai musei della città martire, tra cui “un rotolo unico della Torah scritto a mano” e “il Vangelo del 1811 realizzato dalla Stamperia veneziana per i greci di Mariupol”. Peggio degli Unni.

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