19 Settembre 2024

Fonte: La Repubblica

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di Stefania Parmeggiani

In mostra dal 7 ottobre all’11 dicembre, ricostruite a grandezza reale, alcune delle opere vittime della violenza jihadista. Una tecnologia in 3D che, quando le condizioni politiche lo permetteranno, consentirà di far “rinascere” i monumenti nei luoghi d’origine

Ebla. Nimrud. Palmira. Tre luoghi condannati a morte dal terrorismo islamico rinascono nel Colosseo: dal 7 ottobre all’11 dicembre Il Toro di Nimrud, la Sala dell’Archivio di Stato di Ebla e il Soffitto del Tempio di Bel a Palmira, ricostruiti a grandezza reale, saranno esposti nel secondo anello del monumento più visitato d’Italia.
La mostra Rinascere dalle distruzioni. Ebla, Nimrud, Palmira, che sarà inaugurata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e che viene realizzata dalla Soprintendenza speciale per il Colosseo, non è solo un atto simbolico contro la violenza jihadista e contro il ritorno dell’iconoclastia, ma è anche un test scientifico: la ricostruzione in 3D servirà alla rinascita dei tre siti archeologici quando le condizioni lo permetteranno. Per questo la mostra, ideata e curata da Francesco Rutelli e dall’archeologo Paolo Matthiae con l’impegno dell’Associazione Incontro di Civiltà e il sostegno della Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo, ha ricevuto il Patrocinio dell’Unesco. “Non ci occupiamo delle pietre dimenticando le tragedie che hanno colpito e colpiscono le persone – ha dichiarato Rutelli, nel suo ruolo di presidente dell’associazione Incontro di Civiltà – al contrario, non vogliamo che il brutale ritorno dell’iconoclastia sia considerato un problema marginale: esso coinvolge i fondamenti della nostra civiltà comune, le persone che vengono espropriate della loro identità e, dunque, noi tutti».
La mostra. Il toro androcefalo alato dell’antica città assira di Nimrud nel nord dell’Iraq era stato distrutto nel 2015 dai miliziani dell’Is durante un’azione contro il sito archeologico meticolosamente pianificata: prima i colpi di piccone e le frese, poi un bulldozer, infine una carica di esplosivo, il tutto ripreso in un video poi diffuso su internet con il preambolo di un terrorista che con in mano quello che sembrava un detonatore a distanza dichiarava: “Finché potremo, distruggeremo tutti i simboli di idolatria e diffonderemo il monoteismo in ogni angolo della terra”. L’archivio di Stato di Ebla del 2300 a.C., tra le massime scoperte delle civiltà della scrittura, è invece andato parzialmente distrutto in questi anni di guerra: le sue tavolette, friabilissime, hanno bisogno di interventi di manutenzione e restauro continuativi, ma la situazione della Siria ovviamente lo ha impedito. Nel Colosseo rivivrà la sala dell’archivio (16 mq), simbolo di una civiltà che a lungo si è considerata come un ponte tra Oriente e Occidente, ma che ha rivelato, proprio grazie all’archivio di Ebla, una incredibile profondità storica. Infine il soffitto del Tempio di Bel a Palmira, distrutto dall’Is nell’agosto 2015 e ricostruito per metà al Colosseo grazie a dei disegni del 1930.
Le riproduzioni. “Non mettiamo certo dei pupazzi al Colosseo”, ha scherzato in conferenza stampa il soprintendente Francesco Prosperetti, sottolineando l’accuratezza scientifica delle riproduzioni realizzate in tre fasi grazie alle più moderne tecnologie: prima lo studio dei disegni e delle fotografie, poi la realizzazione dei manufatti in materiale plastico e la rivestitura con polvere di pietra, infine l’anticatura manuale. Un documentario internazionale, realizzato da Sky Arte HD e che andrà in onda a gennaio, racconta non solo la storia dei tre monumenti, ma anche le fasi della ricostruzione in 3D, un lavoro durato mesi che ha visto all’opera i professionisti di tre aziende italiane (Nicola Salvioli, Arte Idea, Tryeco 2.0).
La ricostruzione reale. È già stata fatta a Dresda, a Varsavia e anche a Montecassino. Sarà possibile farlo, quando le condizioni politiche saranno mutate, anche in Medio Oriente. “Purché – ha spiegato l’archeologo Paolo Matthiae – la ricostruzione non diventi la scusa per un nuovo neocolonialismo. Infatti i restauri, laddove possibile, e le ricostruzioni devono avvenire secondo tre principi fondamentali: il rispetto pieno della sovranità degli Stati in cui opere e monumenti si trovano; il coordinamento, la supervisione e l’approvazione dell’Unesco; la più ampia, solidale e intensa collaborazione internazionale». La mostra di Roma è un primo passo perché questo avvenga: quando la situazione politica sarà stabile e sarà possibile intervenire, gli archeologi potranno contare su un lavoro preliminare già avviato.

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