16 Settembre 2024
Parlamento

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Dallo ottobre sono stati già varati 19 provvedimenti urgenti: 18 targati Meloni oltre all’ultimo ereditato dall’esecutivo Draghi, che nel corso della XVIII legislatura ne aveva già emanati 62, ovvero la fetta più cospicua dei 146 approvati nei vari Consigli dei ministri

Dall’inizio della legislatura, nell’ottobre scorso, ne sono stati varati già 19: 18 dal governo Meloni, che ha ereditato anche l’ultimo concepito dall’esecutivo Draghi. Un andamento in linea con la legislatura precedente, durante la quale se ne sono materializzati ben 146, di cui 62 sempre con il “sigillo Draghi”. I decreti legge sono stati usati in modo a dir poco massiccio dagli ultimi governi che si sono succeduti a palazzo Chigi, anche a causa del susseguirsi di varie emergenze come quella pandemica o lo scoppio del conflitto russo-ucraino: in meno di cinque il Parlamento è stato inondato da ben 165 provvedimenti urgenti.
Ma ora i Dl stanno diventando un caso. E non solo perché il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha messo nero su bianco alcuni circostanziati rilievi nel promulgare la legge di conversione del decreto Milleproroghe, ponendo nel mirino la decisione di prorogare le concessioni balneari e confidando sull’intenzione manifestata dall’esecutivo Meloni all’inizio del suo mandato di ricondurre la decretazione d’urgenza entro i limiti costituzionali.
Già pochi giorni prima delle sollecitazioni espresse dal capo dello Stato, il Comitato della legislazione della Camera, nell’esprimere il parere proprio sul “Milleproroghe”, aveva raccomandato al legislatore di avviare una riflessione sul fenomeno della decretazione d’urgenza anche per «evitare forme di “intreccio” tra più decreti legge contemporaneamente all’esame delle Camere». In altre parole, le Camere invocano lo stop alle “confluenze” in corsa di un decreto legge in un altro decreto-legge.

Da ottobre 2022 varati 19 decreti legge: 18 targati Meloni
Nei poco più di quattro mesi di questo primo scorcio di legislatura, cominciata a metà ottobre 2022, sono stati già varati ben 19 decreti legge, compreso quello sulla protezione temporanea delle persone in arrivo dall’Ucraina, che è stato approvato dal Consiglio dei ministri del 23 febbraio. Quasi tutti, 18, sono stati messi a punto dall’attuale governo, che ha “gestito” anche l’ultimo provvedimento urgente ereditato dall’esecutivo Draghi (“Aiuti ter”). Con il via libera delle Camere al “Milleproroghe” sono 10 i Dl targati Meloni che hanno tagliato il traguardo della conversione in legge. Alcuni di questi provvedimenti urgenti sono stati “travasati” in altri decreti. Al 13 febbraio il servizio Studi della Camera annotava due decreti legge decaduti perché erano stati abrogati con conseguente passaggio del loro contenuto in altri provvedimenti attraverso emendamenti approvati durante l’iter parlamentare.

Nella XVIII legislatura 146 Dl: 62 dall’esecutivo Draghi
Nella scorsa legislatura, la XVIII, che è iniziata il 23 marzo 2018 e si è esaurita il 12 ottobre 2022, sono stati emanati 146 decreti legge: ben 62 sono sgorgati dall’attività dell’esecutivo Draghi, che nel ricorso ai provvedimenti urgenti ha superato il “Conte 2” in versione “giallorossa” (54) e ha staccato il “Conte 1” a tinte “gialloverdi” (26). Quattro Dl sono riconducibili al governo Gentiloni. Di questa ingente massa di decreti 104 sono stati convertiti in legge dal Parlamento, mentre 41 sono decaduti per la mancata approvazione nei tempi previsti o perché abrogati. Ma anche in questo caso il contenuto di questi Dl è confluito in altri provvedimenti con emendamenti approvati nel corso della navigazione a Montecitorio e a Palazzo Madama.

Navigazione parlamentare «a senso unico»
Con il sistematico ricorso alla decretazione d’urgenza il Parlamento viene di fatto quasi relegato a un ruolo di secondo piano. Nella scorsa legislatura dei 104 Dl convertiti in legge solo cinque sono riusciti ed essere modificati da entrambe le Camere completando il percorso dei tre passaggi parlamentari, compreso quello dell’approvazione finale. Un fenomeno che appare ancora più marcato in questa legislatura. In un dossier del Servizio Studi della Camera si evidenzia come per nessuno dei 9 decreti (8 del governo Meloni e uno dell’esecutivo Draghi) che al 13 febbraio risultavano licenziati in via definitiva dalle assemblee di Camera e Senato (nel frattempo si sono aggiunti altri due) fossero stati possibili i tre passaggi, limitando la possibilità di ritoccare il testo a un solo ramo del Parlamento (con un percorso si sola “andata”).

Il monito di Mattarella
In occasione della promulgazione della legge di conversione del Dl Milleproroghe il capo dello Stato ha fatto sentire la sua voce con una serie di rilievi che hanno investito la decisione di prorogare, attraverso questo provvedimento, le concessioni balneari e che hanno toccato la questione dell’abuso della decretazione d’urgenza, sulla quale il presidente della Repubblica si era già pronunciato nel corso del suo primo mandato al Quirinale. Su quest’ultimo versante Sergio Mattarella ha lasciato chiaramente intendere di confidare nell’impegno che era stato preso dalla premier Giorgia Meloni subito dopo essersi insediata a palazzo Chigi per giungere, «in dialogo con i presidenti delle Camere», a un’inversione di tendenza.

L’altolà del Comitato della legislazione all’intreccio tra più decreti
Prima ancora del capo dello Stato, era stato il Comitato per la legislazione della Camera, attualmente presieduto da Gianfranco Rotondi, nell’esprimere il suo parere sul Milleproroghe, a intervenire nuovamente sulla questione decreti. Due le richieste, nate dalla relazione preparata da Bruno Tabacci. Con la prima il governo e lo stesso Parlamento sono stati sollecitati ad avviare «una riflessione sull’opportunità della confluenza, nel medesimo provvedimento d’urgenza, di disposizioni attinenti alla proroga di termini legislativi e di disposizioni rispondenti ad ulteriori finalità», mentre con la seconda richiesta «il legislatore» è stato invitato a un’ulteriore riflessione sul fenomeno della decretazione d’urgenza con l’obiettivo di «evitare in futuro, salvo casi eccezionali da motivare adeguatamente, forme di “intreccio” tra più decreti legge contemporaneamente all’esame delle Camere, quali la “confluenza” di un Dl in un altro Dl».

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