Fonte: Corriere della Sera
Gli inglesi che cantano la Marsigliese: se occorreva una prova che l’Europa esiste e resiste, eccola
Gli inglesi che cantano la Marsigliese: se occorreva una prova che l’Europa esiste e resiste, eccola. Nella giornata in cui altre due partite sono state cancellate – Belgio-Spagna e Germania-Olanda, la prima per precauzione, la seconda dopo un allarme concreto – Inghilterra e Francia hanno giocato. E cantato. Non cantavano solo giocatori e spettatori, ieri sera a Wembley. Cantavano le due nazioni, cantava il continente: impaurito, ma non rassegnato. L’orrore e la gravità di quant’è accaduto a Parigi hanno spazzato via le battute usurate, i luoghi comuni, le citazioni stanche, le rivalità inutili. Se al vicino brucia la casa corri con l’acqua, non ricordi il litigio sulla siepe. Ma stavolta l’acqua non basta, perché l’incendio è grande. E non è spento, come dimostra l’evacuazione dello stadio di Hannover. Francia e Gran Bretagna ospitano lo stesso numero di cittadini musulmani – 4 milioni e 700mila in entrambi i Paesi – e si chiedono cos’hanno sbagliato.
Dieci anni fa è toccato a Londra essere colpita dal terrorismo domestico d’ispirazione religiosa. Perché la tolleranza è stata scambiata per debolezza? Per quale motivo il multiculturalismo ha fallito? La risposta potrebbe essere: perché l’Europa ha rinunciato a mostrare orgoglio. Perché ha cominciato a vergognarsi della pace, del benessere, della salute, della tecnologia, della libertà d’espressione, della distinzione tra Stato e Chiesa. Di tutte le cose che gran parte del mondo c’invidia e verso cui accorre, rischiando la vita in un gommone o dentro un autotreno. Ai francesi e agli inglesi – ma anche a noi italiani, ai tedeschi e a tutti gli altri – è mancata la consapevolezza della nostra fortuna. Le differenze nazionali sono state amplificate, fino a creare il reticolo di rivendicazioni che rischia di portare l’Unione in un vicolo cieco. Poi accade che nove fanatici uccidano a tradimento i nostri ragazzi in festa, un sera d’autunno, in una delle nostre città illuminate. E allora qualcuno capisce. Ci sono arrivati prima i tifosi di calcio che i capi di governo, stavolta. Mentre i secondi erano impegnati a trovare una strategia comune, i primi hanno deciso di usare il cuore, il gruppo e l’occasione: cose che lo stadio insegna. Ne insegna anche altre, meno belle; ma stavolta sono rimaste fuori. A Wembley, spazio solo alle voci e agli occhi lucidi. Per i ragazzi che abbiamo perduto, per gli uomini e le donne che non siamo diventati. Ma c’è ancora tempo: basta essere convinti.