Fonte: Huffington Post
di Angela Mauro
La Commissione ha deciso di non premere più sugli Stati per la ratifica dell’accordo sugli investimenti con Pechino. E al G7 asse Blinken-Borrell anti-Cina
Alla fine dell’anno scorso, l’accordo sugli investimenti tra l’Ue e la Cina, sette anni di fitti negoziati dal 2013, fu firmato tra gli imbarazzi, di fatto senza riflettori, senza conferenza stampa finale, voluto fortemente da Angela Merkel come punto di approdo del semestre di presidenza tedesco dell’Ue, eppure non celebrato sui media. Joe Biden non si era ancora insediato alla Casa Bianca, ma da Washington non mancò il caldo invito a soprassedere. Eppure la firma ci fu. Oggi, a distanza di quattro mesi abbondanti, si può dire che abbia vinto Biden. Nel giorno in cui il suo segretario di Stato Antony Blinken riesce a ottenere un impegno dei G7, in corso in Gran Bretagna, per un’azione coordinata per arginare la superpotenza cinese, la Commissione europea annuncia di aver sospeso i suoi sforzi per far ratificare agli Stati membri e al Parlamento europeo l’accordo sugli investimenti firmato a dicembre. Motivazione: non c’è il contesto politico adeguato.
Indietro tutta, insomma. Retromarcia rispetto alla storia degli ultimi anni, soprattutto quelli di Donald Trump alla Casa Bianca, quando l’Ue si è sentita svincolata da Washington, libera di trattare con Pechino e anche di avvicinarsi alla Russia di Putin, sulla scia degli interessi nazionali prevalentemente tedeschi (Nord Stream 2). La presidenza Biden inaugura una nuova strada, competizione totale con la Cina e con la Russia. E vi trascina l’Europa.
E così, il vice presidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, dichiara all’Afp che “abbiamo per il momento sospeso alcuni sforzi di sensibilizzazione politica da parte della Commissione” sull’intesa sugli investimenti con la Cina, “perché è chiaro che nella situazione attuale, con le sanzioni dell’Ue contro la Cina e le contro-sanzioni cinesi, anche contro membri di al Parlamento europeo, l’ambiente non è favorevole alla ratifica dell’accordo”.
I rapporti tra le capitali europee e la Cina si sono incrinati a due mesi dall’insediamento di Biden alla Casa Bianca. Era fine marzo, quando l’Ue ha deciso sanzioni per quattro ufficiali cinesi per violazioni dei diritti umani nello Xinjiang e Pechino ha risposto colpendo eurodeputati, parlamentari nazionali e think-tank europei. Con la Russia, siamo al minimo storico, soprattutto dopo la scelta di Mosca di vietare l’ingresso in territorio russo al presidente del Parlamento europeo David Sassoli, la vice presidente della Commissione europea Věra Jourová e altri parlamentari per aver attaccato sul caso Navalny.
Mentre sulla Russia, l’Ue si è limitata a rispondere con la sola convocazione dell’ambasciatore russo (il progetto tedesco del gasdotto Nord Stream 2 va avanti), sulla Cina la frenata in corso è evidente. Domani la Commissione europea annuncerà una nuova proposta per controllare le società extra-Ue che intendono acquisire società dell’Unione con un fatturato annuo superiore a 500 milioni di euro. Si tratta di una sorta di scudo anti-scalate da parte della Cina, il principale indiziato. L’organismo di Palazzo Berlaymont chiederà ai governi e al Parlamento europeo nuovi poteri per compiere delle vere e proprie inchieste sulle società interessate. C’è da vedere come risponderanno gli Stati membri, le cui imprese in questi anni hanno spesso trovato nuova linfa dagli investimenti cinesi.
Ad ogni modo, anche al G7 di Londra si è mosso più di qualcosa in funzione anti-cinese e anti-russa. A margine della riunione dei ministri degli Esteri del G7, Blinken ha un colloquio con l’Alto Rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell. Parlano di Cina, Russia, Ucraina e caso Navalny, ritiro dall’Afghanistan, accordo sul nucleare iraniano. Ma il G7 2021 a presidenza britannica è un’altra occasione per l’amministrazione Biden per rafforzare l’asse transatlantico che si era indebolito negli anni di presidenza Trump. Un’altra occasione dopo la partecipazione dello stesso Biden al Consiglio europeo di marzo in collegamento dallo Studio ovale.
A giugno, con il G7 dei leader in Cornovaglia (11-13 giugno) e il vertice Nato a Bruxelles (14 giugno), seguito da un vertice Ue-Usa a Bruxelles ancora non annunciato ufficialmente, la nuova strategia statunitense toccherà il suo apice. Ma già oggi a Londra, gli Usa sono riusciti a ottenere dagli altri sei big mondiali un meccanismo di consultazione per garantire una risposta coordinata alla Cina. Sul tavolo, anche la proposta di istituire un gruppo chiamato “Amici di Hong Kong” per condividere informazioni e preoccupazioni su quanto sta accadendo nell’ex colonia britannica.
Anche la scelta europea di raffreddare i dossier Cina e Russia (o riscaldarli, a seconda di come la si vuole vedere) è sintomo dell’indebolimento del traino tedesco, con l’uscita di scena di Angela Merkel alle elezioni del prossimo 26 settembre. La cancelliera non parteciperà al summit sociale di Porto sabato prossimo. Pandemia, lockdown, problemi interni nei sondaggi e poi il fatto che i summit sociali non le sono mai piaciuti: sono tutti ingredienti della scelta di collegarsi da remoto. Ma tracce di ‘decommissioning’ ce ne sono, eccome.