Monitoraggio universale lascia il posto a sorveglianza “sentinella”: basta contare ogni caso, basta test al minimo sintomo. Sánchez conferma: “Tempo di nuovi parametri”
La pandemia è in evoluzione. E il prossimo passo, almeno in Spagna, sarà iniziare a gestire il Covid con un approccio più simile a quello con cui si gestisce l’influenza: basta contare ogni caso, basta test al minimo sintomo. Le autorità sanitarie spagnole lavorano da mesi a un piano per passare dal monitoraggio universale alla sorveglianza “sentinella” del virus. Per l’inizio transizione non è ancora stata fissata una data precisa, anche se il via potrebbe essere dato alla fine di questa ondata. Ne dà notizia il quotidiano El País.
“Invece di denunciare ogni caso di Covid rilevato nel Paese, cosa insostenibile nel lungo periodo, verrà selezionato in modo strategico un gruppo di medici delle scuole primarie o dei centri sanitari, unito agli ospedali, per fare da testimoni”, scrive la testata spagnola. L’obiettivo, dunque, è creare un campione biostatistico significativo che permetta di calcolare come si diffonde la malattia sul territorio, non più contando tutti i casi positivi ma tenendo soltanto conto dei numeri più rilevanti. Quello che cambierà, va specificato, sarà esclusivamente il sistema di sorveglianza, non il trattamento della malattia né i protocolli di cura da parte dei medici.
“Il piano – scrive El País – è in lavorazione fin dall’estate del 2020. Ma la pianificazione sta entrando soltanto adesso nella sua fase finale. I responsabili del Centro per il Coordinamento delle Allerte e delle Emergenze Sanitarie (CCAES), quelli del Rapporto Allerte, dove sono rappresentati i tecnici di tutte le comunità autonome e quelli del Centro Nazionale di Epidemiologia (CNE) hanno in programma diversi incontri per discutere di questo cambiamento di filosofia”.
“Dobbiamo valutare l’evoluzione del Covid dalla situazione di pandemia vissuta finora verso quella di una malattia endemica. Abbiamo le condizioni per aprire, gradualmente e con cutela, il dibattito a livello tecnico ed europeo, per introdurre parametri diversi da quelli che abbiamo usato fino ad ora”, ha detto il premier spagnolo Pedro Sánchez, confermando la notizia pubblicata da El País in un’intervista alla radio spagnola Cadena Ser.
Sánchez ha poi ricordato che oltre il 90% della popolazione spagnola over 12 ha completato il ciclo di vaccinazione. “La situazione non è quella di un anno fa”, ha sottolineato. Il premier ha infine annunciato che nel mese in corso il governo spagnolo comprerà circa 344 mila dosi del farmaco anti-Covid Pfizer. “Riduce dell′88% la possibilità di ricovero dei pazienti di Covid più vulnerabili”, ha detto. Inoltre, l’esecutivo spagnolo prevede di regolare i prezzi dei test antigenici.
Infine, il premier Sánchez ha definito “sicura” la ripresa delle attività didattiche in presenza per bambini e ragazzi in Spagna dopo le vacanze natalizie, nonostante il livello di circolazione del Covid registrato in questi sia ai livelli più alti dall’inizio della pandemia. “La Spagna è stato un esempio già prima della vaccinazione in quanto a garanzia della scuola in presenza”, ha aggiunto, “dobbiamo essere fiduciosi”.
Attualmente, in Spagna oltre il 32% dei bambini di età compresa tra i 5 e gli 11 anni è stato vaccinato con la prima dose del vaccino pediatrico. L’obiettivo del governo, ha spiegato Sánchez, è arrivare al 70% entro il 7 febbraio. Per quanto riguarda i ragazzi nella fascia 12-19 anni, l′86,8% ha completato il ciclo con doppia dose. La settimana scorsa il Ministero della Sanità che una classe dovrà mettersi in quarantena solo nel caso in cui in quel gruppo vengano registrati almeno 5 contagi nell’arco di una settimana. Anche lezioni ed esami all’università riprenderanno in presenza.