Fonte: La Repubblica
dii Goffredo De Marchis
C’è il rischio che scattino le clausole di salvaguardia dal primo gennaio 2018: una stangata da 19,6 miliardi. Telefonata di disgelo tra Renzi e Calenda. Preoccupazione del Quirinale
Collegato alla legge elettorale, praticamente una sua appendice, e al voto anticipato a settembre-ottobre, il governo Gentiloni pensa a un decreto sull’Iva. È l’unica soluzione per evitare che l’eventuale esercizio provvisorio, figlio di un Parlamento frammentato e senza maggioranza, conduca dritti dritti all’applicazione della clausole di salvaguardia, che sono già legge dello Stato. Scattano il primo gennaio del nuovo anno e portano l’imposta sul valore aggiunto dal 10 per cento al 13 per i beni di largo consumo e dal 22 al 25 per cento per gli altri beni. Totale della stangata: 19,6 miliardi. Il decreto sarebbe chiamato a evitare che l’Iva aumenti automaticamente. Lo farebbe rinviando di tre mesi, al 1 aprile, le clausole, in attesa che nelle Camere si formi una maggioranza stabile e trovi una possibile alternativa.
L’idea del decreto è il segno che anche a Palazzo Chigi e a Via XX settembre, la sede del ministero dell’Economia, si fanno i conti (pubblici) con il calendario in mano e la data delle elezioni segnata in una domenica autunnale. Si cercano perciò delle vie d’uscita all’intreccio tra le urne e la legge di bilancio, che per l’Italia non è mai una passeggiata. Pesa la zavorra del debito pubblico e del rapporto tra deficit e Pil: non siamo cioè nella situazione della Germania che, come dice Giulio Tremonti, “se fotocopia il bilancio dello scorso anno, la commissione europea dice ok e anche i mercati stanno buoni”.
Lo stesso decreto sull’Iva serve a rimandare una decisione cruciale affidandola alla nuova legislatura, ma non darebbe molta sicurezza ai mercati. Le clausole infatti sono la garanzia per Bruxelles e per le Borse della solvibilità italiana. In mancanza di altre scelte, esercizio provvisorio e rinvio dell’Iva esporrebbero l’Italia alla speculazione. E molti vedono nel brutto risultato della Borsa di Milano di ieri (-2 per cento) i primi segnali di tempesta o perlomeno di cattivo tempo.
La road map che porta alle urne dunque è molto accidentata. Per questo la preoccupazione di Sergio Mattarella non viene nascosta. E dal Quirinale fanno sapere che il presidente della Repubblica valuterà l’impatto sul Paese dell’eventuale esercizio provvisorio e anche la contrarietà alle elezioni anticipate di alcuni mondi della società civile. Ma non è adesso il momento di decidere: il capo dello Stato vuole lasciare il campo libero al confronto sulla legge elettorale. Comunque il governo si prepara a varare una legge di bilancio “solida e vera”. Come dice Pierpaolo Baretta, sottosegretario all’Economia, “la manovra va presentata tra il 10 e il 15 ottobre. In qualsiasi caso. Poi si vedrà quale Parlamento la vota”. Una finanziaria dunque ci sarà, voto anticipato o no. E la scriverà Pier Carlo Padoan. Conterrà anche le norme per evitare l’aumento dell’Iva. Il decreto, da approvare prima, deve svolgere invece la funzione di paracadute.
Anche di questo hanno parlato al telefono Matteo Renzi e Carlo Calenda in una telefonata di disgelo. Il ministro non ha cambiato posizione contro il voto. Ma il segretario Pd prova a dialogare. Con Calenda e con quegli imprenditori che lo hanno applaudito all’assemblea di Confindustria.