Il partito conservatore del primo ministro uscente Kyriakos Mitsotakis, Nea Demokratia, al 40,8 per cento contro il 20,1 di Syriza. Ma non ha la maggioranza assoluta, e il premier punta quindi a tornare al voto tra fine giugno e inizio luglio con la nuova legge elettorale per poter governare da solo
Pile di cartoni di pizza Domino’s spariscono nel metal detector e poi nell’ascensore della sede di Nea Demokratia al Pireo, dove l’imbrunire porta gradualmente a rendersi conto che l’attesa vittoria è in realtà un trionfo.I conservatori hanno doppiato — 40,8% a 20,1% con il 98% delle schede scrutinate — il partito di sinistra Syriza di Alexis Tsipras.
Subito dopo la pizza, e poco prima degli exit poll, arriva anche il primo ministro uscente (e ora riconfermato) Mitsotakis e solca il mare azzurro di camicie Oxford d’ordinanza di militanti, funzionari e persino giornalisti che seguono Nea Demokratia, quasi tutti almeno cinquantenni, quasi tutti uomini. Il partito ha una maggioranza maschile schiacciante, due sole ministre e otto segretarie su 58 membri dell’esecutivo uscente; e del resto la Grecia ha avuto una sola volta una premier donna ed è durata un mese.
Mitsotakis sparisce dietro alle pizze e si barrica negli uffici del terzo piano. Ne uscirà dopo più di due ore tra trombette e boati, a commentare le prime proiezioni, trionfante. «Il Paese ci ha dato un mandato forte e assoluto ed è di governare da soli», scandisce, e parla di «terremoto politico» e di riforme «che si possono fare solo con un mandato pieno».
Il piano ora è chiaro, ed è quello annunciato. Con la legge elettorale in vigore Nea Demokratia si aggiudica 146 deputati, 5 meno della maggioranza assoluta. Ora Mitsotakis potrebbe, certo, «convincere» cinque deputati di altri partiti a passare con lui: è vecchia politica, si è sempre fatto, e cinque sono pochi. O potrebbe allearsi con il Pasok, ex partito di massa ora diventato ago della bilancia con circa il 12% dei voti (molti scippati a Syriza). Ma il leader del Pasok, intercettato fino all’estate scorsa proprio dal governo di Nea Demokratia, non ne voleva comunque sapere; e a Mitsotakis non conviene. Meglio non trovare un accordo e tornare al voto al «secondo turno», una nuova elezione già quasi fissata 25 giorni dopo che le consultazioni saranno dichiarate fallite, cioè il 25 giugno o il 2 luglio. Rivincere per acclamazione. E con la nuova legge elettorale, che assegna al vincitore un premio di maggioranza più decisivo: se a luglio Mitsotakis prendesse i voti di ieri, gli spetterebbero tanti deputati che non avrebbe bisogno di consultare nessuno, pascià «dai pieni poteri» di un granitico monocolore azzurro.
Non aspetta altro. Meno entusiasti dell’imminente paralisi politica sono gli investitori internazionali: questa è la prima elezione greca in cui il Paese non è più l’osservato speciale d’Europa, ma le scommesse dei mercati contro il debito greco hanno raggiunto il massimo dal 2014. Probabile invece che si avveri il desiderio espresso — e diventato virale in un video che circola online — dal 98enne Stratis Tsourakis, un elettore cretese che ha detto «spero di votare ancora un’altra volta».
I risultati di ieri escludono del resto l’ipotesi – già peregrina – di una coalizione di centrosinistra tra il Pasok e Syriza, il partito dell’ex primo ministro Alexis Tsipras, che ieri mattina presto prometteva «da domani si cambia, ci lasceremo alle spalle quattro anni di disuguaglianze». In teoria sarebbe stato anche possibile: se falliscono le consultazioni guidate da Mitsotakis, il presidente della Repubblica può affidare al secondo classificato, cioè Alexis Tsipras, il compito di formare un governo. Ma i 71 seggi di Syriza sommati ai 41 del Pasok fanno comunque 112, ben lontano dalla maggioranza assoluta.
Nel quartier generale quasi vuoto di Syriza, già nel pomeriggio si respirava aria di disarmo. La sede è in piazza Libertà, nel cuore malconcio della capitale (mentre quello di Mitsotakis guarda il mare e il nuovo faraonico piano regolatore che prevede una marina di grattacieli in stile emiratino). «Credo che i sondaggi mentano», insisteva un militante in maglietta, Kostas, «iscritto a Syriza dal 2004 quindi le ho viste tutte. La crescita economica di oggi è anche merito delle politiche economiche che volle Tsipras, dopo il 2015. La gente deve riconoscercelo. Questa volta non possiamo non vincere». E invece.
«I sondaggi greci hanno fama di essere inaffidabili», spiega Dora Antoniou, notista politica che da due decenni segue i governi greci per il principale quotidiano nazionale, Kathimerini. «ma dal 2019, da quando è andato all’opposizione, il partito Syriza non ha mai superato Nea Demokratia nemmeno per una settimana». I sondaggi li davano sotto del 6% fisso. È andata ancora peggio. «La gente non ha perdonato a Tsipras il 2015. Avevano vinto le elezioni promettendo di resistere alla troika. Capitolarono su tutto, e tutti noi dovemmo stringere i denti». Seguire l’esecutivo, all’epoca, significava «vivere con una valigia in mano. Bruxelles, Roma, Parigi, Berlino, ancora Bruxelles. Il lavoro dei miei sogni, ma ero terrorizzata. Giravamo con bustine di contanti: le carte erano congelate. Prelevavamo ogni giorno 60 euro in banca, il massimo, e ce li prestavamo a vicenda».
La crescita di oggi non è anche merito di questa austerità? «C’è dibattito. Lui disse nel 2019: lascio al prossimo governo un avanzo di bilancio di 30 miliardi. La gente lo odiò ancora di più: si sentiva spremuta ingiustamente. In più lui le spara grosse, rivendica superiorità morale. Dice che gli anni di Mitsotakis sono i peggiori dai tempi dei colonnelli. Onestamente, gli anni della crisi erano un po’ peggio».
A sinistra, infine, va bene il partito socialista Pasok, dopo anni in cui «pasokificarsi» era diventato, nel lessico politico, sinonimo di «sparire». Bene anche i comunisti del Kke (sopra il 7%). MeRa25, la compagine fondata dall’economista Yanis Varoufakis, balla sul 2,6% cioè sotto la soglia di sbarramento. Le ultime schede, nella notte, decideranno se — della stagione della crisi — archiviare anche lui.