Fonte: Corriere della Sera

di Francesco Battistini

I nuovi potenti hanno il volto d’una 37enne liberal, Vjosa Osmani, e soprattutto del «Che Guevara di Pristina», Albin Kurti, 44 anni, già leader degli studenti, organizzatore degli assalti lacrimogeni al Parlamento, uno dei pochi politici a non essere mai stato indagato


I ragazzi del ’99 possono accomodarsi. La guerra del Kosovo è finita vent’anni fa, il dopoguerra no, e da domenica è chiaro: i più piccoli e più poveri dei Balcani, i soli ex jugoslavi a non poter ancora viaggiare in Europa senza visto, ne hanno le tasche piene degli eterni reduci al potere. Basta col Pdk del presidente Hashim Thaci, ormai verso fine mandato: «il Serpente», scampato più volte l’arresto del Tribunale dell’Aja, quindi rinato dall’uovo di quell’Uck che nel 1999 aveva convinto la Nato a bombardare la Serbia, è il padrone assoluto d’amministrazione&affari. Via pure il premier Ramush «Rambo» Haradinaj, che per crimini di guerra è finito davvero all’Aja, uscendone assolto fra le polemiche.
Sia chiaro: il voto politico ha pensionato i vecchi guerriglieri non per quel che fecero allora, ma per quel che non hanno fatto dopo. Undici anni d’indipendenza non han dato al Kosovo il riconoscimento di Cina o Russia, nemmeno di Spagna o Grecia, né un seggio all’Onu o nell’Interpol. La corruzione e la disoccupazione lasciano un’unica via di fuga, l’emigrazione. E così i nuovi potenti hanno il volto d’una 37enne liberal, Vjosa Osmani, e soprattutto del «Che Guevara di Pristina», Albin Kurti, 44 anni, già leader degli studenti, organizzatore degli assalti lacrimogeni al Parlamento, uno dei pochi politici a non essere mai stato indagato.
I due vincitori non si amano: lei ha studiato negli Usa, lui sognava la Grande Albania. Entrambi vogliono chiudere lo sfinente negoziato con Belgrado, cancellando i dazi antiserbi al 100%, ma evitando «l’umiliante» scambio di territori voluto da Thaci. «Saremo giusti», il loro motto: «Né forti, né deboli». Non è detto che basti, ma è già qualcosa.

A.N.D.E.
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