La campagna elettorale si è concentrata su alcuni dossier principali. Le forze politiche hanno ritenuto importante chiarire quali soluzioni metteranno in campo se saranno scelti
In vista delle elezioni di domenica 25 settembre le forze politiche hanno tentato di fornire, nella stesura dei programmi, la propria visione su alcuni dossier chiave: superbonus, pensioni, salario minimo, reddito di cittadinanza, crisi energetica, sanzioni alla Russia, fino alla flat tax. Ne viene fuori un quadro abbastanza complesso. Ecco allora che uno sforzo di sintesi sulle principali proposte può risultare utile.
Superbonus: chi vuole eliminarlo e chi tenerlo
Il superbonus è uno dei nodi che ha rallentato il via libera al decreto aiuti bis al Senato. E al di là della soluzione di compromesso trovata sulla responsabilità in solido nella cessione dei crediti dei bonus edilizi e superbonus che si configura solo se il concorso nella violazione avviene “con dolo o colpa grave”, è stato oggetto di scontro in campagna elettorale. Il M5S, sponsor della misura, punta a «stabilizzare l’innovativo meccanismo». Dal lato opposto per il Terzo Polo il Superbonus deve essere abolito, visto che alla fine «spenderemo 45 miliardi quando servono a sanità e scuola».
Il centrodestra non boccia la misura ma chiede modifiche, con sfumature diverse. Il programma del centrodestra unito e di Fdi in particolare, da una parte parla di «salvaguardia delle situazioni in essere» e dall’altra di «riordino e armonizzazione degli incentivi destinati alla riqualificazione, alla messa in sicurezza e all’efficientamento energetico degli immobili pubblici e privati». Forza Italia parla di razionalizzazione e semplificazione della normativa sugli incentivi edilizi, sull’efficientamento energetico (Superbonus) e sul sismabonus «rendendola strutturale».
La Lega prevede da lato un «intervento sulla misura del Superbonus che garantisca garanzie per l’accesso all’agevolazione fiscale per tutti i soggetti che hanno già maturato il diritto». Dall’altro chiede di «rendere il Superbonus più coerente e applicabile, contemperando le esigenze di contenimento degli oneri a carico dello Stato con quelle di riqualificazione energetica e adeguamento antisismico degli edifici, rispondendo agli interessi e alle preoccupazioni di proprietari di casa, imprese e tecnici». Nessun riferimento specifico al tema da parte del centrosinistr (anche se Letta vorrebbe la modifica sia del reddito di cittadinanza che del superbonus 110%)
Sul tema pensioni il centrodestra, nel suo programma comune, parte da un assunto di fondo: la necessità dell’innalzamento delle pensioni minime. «La quantificazione della cifra non c’è perché bisogna capire la praticabilità di quanto si possano aumentare», ha detto a Radio24 la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni.
E ha aggiunto: «Io sono certa come tutto il centrodestra che le pensioni minime siano inadeguate e le risorse per renderle adeguate all’aumento dell’inflazione si possano trovare in un sistema che spende circa 110 miliardi in bonus inutili e che spende 780 euro a persona per il reddito di cittadinanza.
Chi nel centrodestra propone già delle cifre è Forza Italia: con l’aumento pensioni minime e di invalidità a 1.000 euro al mese per 13 mensilità. La Lega propone una profonda revisione pensionistica in Italia. L’obiettivo è superare la legge Fornero con Quota 41 (i lavoratori raggiungono il diritto alla pensione anticipata di anzianità con 41 anni di contributi). Varie le proposte. Per le lavoratrici il diritto alla pensione di vecchiaia matura a 63 anni (oggi 67) di età e almeno 20 anni di contributi; per i giovani lavoratori con carriere interamente nel regime contributivo va riconosciuta, in ogni caso, una pensione minima di 1.000 euro; trattamento pensionistico Opzione donna che diventa strutturale.
Il Pd propone di lanciare un «piano straordinario per l’occupazione femminile, perché un incremento sostanziale dell’occupazione femminile è l’unica strada per affrontare con successo le due grandi sfide della bassa produttività e della sostenibilità del sistema pensionistico».
M5s chiede di evitare il ritorno alla legge Fornero, «attraverso l’ampliamento delle categorie dei lavori gravosi e usuranti e attraverso meccanismi di uscita flessibile dal lavoro». E di «completare l’incremento delle pensioni di invalidità per le persone con disabilità».
La proposta di Sinistra Italiana e Verdi è che «si possa uscire dal lavoro a 62 anni o con 41 anni di contributi (è la quota 41 chiesta anche dalla Lega), riconoscendo inoltre i periodi di disoccupazione involontaria, il lavoro di cura non retribuito, la maternità». La pensione minima «non dovrebbe essere inferiore a 1.000 euro» (come chiesto da Forza Italia).
Sono 22.527 i nuovi positivi al coronavirus nel bollettino del 22 settembre, 1.337 in più rispetto a ieri. I tamponi effettuati sul territorio nazionale sono stati 165.415, con una percentuale di positivi…
Salario minimo
L’inflazione corre, intacca il potere d’acquisto delle famiglie anche per i beni di prima necessità, e pone una questione di salari, di fronte a un aumento generalizzato dei prezzi. Ecco perché il tema non è sfuggito all’attenzione dei partiti, che nei programmi elettorali in vista delle elezioni di domenica 25 settembre hanno affrontato il tema del salario minimo. Il consenso nei confronti di questa soluzione appare trasversale.
Nel programma elettorale del Pd si chiarisce di voler applicare al più presto in Italia il salario minimo previsto dalla direttiva europea. In particolare, la soluzione delineata è quella di una legge che introduca un salario minimo contrattuale, seguendo il modello tedesco, nei settori a più alta incidenza di povertà lavorativa, con una soglia minima affidata alla proposta delle parti sociali e che comunque rispetti i parametri della direttiva europea (attualmente per l’Italia, secondo alcune stime pari a circa 9 euro lordi orari).
Alleanza Verdi e Sinistra propongono un salario minimo di 10 euro all’ora, sotto il quale nessuno possa andare. Secondo +Europa va introdotto il salario minimo mobile, definito in accordo tra le parti sociali e sulla base dei settori produttivi. Quanto a Impegno civico, la proposta è intervenire su chi non è coperto da un contratto nazionale mettendo intorno al tavolo associazioni datoriali e lavoratori e non imponendo un prezzo.
Passando poi all’analisi delle proposte de centrodestra, mentre nel programma di Fratelli d’Italia manca un passaggio sul salario minimo, secondo la Lega va riconosciuto ai lavoratori un salario minimo pari a quello stabilito dai CCNL più diffusi nel settore. Forza Italia propone salario e stipendio minimo di 1000 per apprendistato, praticantato e lavoro a tempo determinato. Secondo i Cinque Stelle va adottato un salario minimo legale di 9 euro lordi l’ora. Il Terzo polo (Azione – Italia viva) propone di fissare un salario minimo di ultima istanza.
Reddito di cittadinanza
A difendere “a spada tratta” il reddito di cittadinanza sono i Cinque Stelle. La posizione delle altre forze politiche va dall’ipotesi più soft del restyling, alla vera e propria cancellazione. Secondo il Pd lo strumento andrà «opportunamente ricalibrato secondo le indicazioni elaborate dalla Commissione Saraceno, a partire dall’ingiustificata penalizzazione delle famiglie numerose e/o con minori».
Per Alleanza Verdi e Sinistra, invece, il reddito di cittadinanza va rafforzato, anche qui secondo le previsioni del rapporto elaborato dalla Commissione presieduta da Chiara Saraceno, con l’obiettivo strategico di arrivare a un vero reddito universale di base. Quanto a +Europa, lo strumento di sostegno al reddito va riformato. Una proposta sostanzialmente analoga giunge da Impegno civico: il reddito i cittadinanza va riformato e migliorato. Passando al centrodestra, i “toni” cambiano.
Fratelli d’Italia lo vuole abolire e sostituirlo con misure più efficaci di inclusione sociale e di politiche attive di formazione e di inserimento nel mondo del lavoro. Quanto alla Lega, il sostegno va riformato in questo modo: per i percettori inidonei al lavoro, va mantenuto il sostegno al reddito, rivedendo i criteri di accesso e la scala di equivalenza, dando maggior peso al quoziente familiare, rimodulando gli importi in funzione delle differenti soglie di povertà assoluta (e quindi del potere d’acquisto) registrate sul territorio nazionale. Per quanto riguarda invece i percettori idonei all’attività lavorativa, la misura viene invece riformata trasformandola in un vero e proprio ammortizzatore sociale finalizzato all’occupazione.
Corso di formazione, tirocinio e contrattualizzazione dei percettori a fine percorso, attraverso il coinvolgimento delle agenzie private del lavoro, delle associazioni datoriali e attraverso l’utilizzo di incentivi fiscali e contributivi per l’assunzione dei percettori. Infine, Forza Italia: propone la sostituzione dell’attuale reddito di cittadinanza con misure più efficaci di inclusione sociale e di politiche attive di formazione e di inserimento nel mondo del lavoro.
A totale difesa, come si è detto, M5s: intende rafforzare il reddito di cittadinanza, rendendo più efficiente il sistema delle politiche attive e monitorando le misure antifrode. Quanto poi al Terzo polo (Azione – Italia viva), il reddito di cittadinanza va eliminato dopo il primo rifiuto di un’offerta di impiego congrua. Deve poi esserci un limite temporale di due anni per trovare un’occupazione, dopodiché l’importo dell’assegno deve essere ridotto di almeno un terzo e il beneficiario va preso in carico dai servizi sociali del Comune.
Energia: le scelte su rigassificatori
Per far fronte all’emergenza energetica nel suo programma comune Il centrodestra è favorevole al tetto sul prezzo del gas a livello europeo ma non a quello esclusivamente nazionale, come invece il Pd, e punta sul ricorso alla produzione energetica attraverso la creazione di impianti di ultima generazione senza veti e preconcetti, valutando anche il ricorso al nucleare pulito e sicuro.
Promuovere nell’Unione europa un “price cap” a tutto il gas importato per ridurre anche il costo dell’energia elettrica è la posizione di Azione-Italia viva. Il M5S rivendica di aver sottolineato «per primo in Italia» la necessità di raggiungere un accordo europeo sul tetto del prezzo del gas, «perché è evidente che l’indicizzazione del prezzo al TTF olandese è in preda a meccanismi speculativi».
Diversificazione delle fonti energetiche attraverso la realizzazione di nuove infrastrutture strategiche, come i rigassificatori, è la soluzione per Fratelli d’Italia. La Lega punta sullo sfruttamento e potenziamento della capacità dei rigassificatori esistenti e all’installazione di due rigassificatori flottanti (Piombino e Ravenna).
Anche per il Partito democratico il ricorso ai rigassificatori è necessario ma «a condizione che costituiscano soluzioni-ponte, rimanendo attivi pochi anni, e che possano essere smobilitati ben prima del 2050, per non interrompere la prospettiva della transizione ecologica». Per i democratici i territori dove verranno installati nuovi impianti dovranno essere «coinvolti nelle decisioni e adeguatamente compensati per l’impatto economico e sociale attraverso l’istituzione di un fondo ad hoc».
Più critico il Movimento 5 Stelle. Perché per il leader Giuseppe Conte di fronte alla «forte dipendenza dal gas russo» le navi galleggianti «sono la soluzione migliore, sono una soluzione per definizione temporanea». Ma, come la riattivazione di vecchie centrali a carbone, «segnano un brusco ritorno al passato, senza nessuna visione aperta al futuro». Per i Cinque Stelle si devono «limitare ulteriormente eventuali nuove trivellazioni sul
territorio italiano».
Per Azione-Italia Viva, il Terzo Polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi, nel breve periodo . occorre «completare con procedure straordinarie la costruzione di due rigassificatori galleggianti che consentano l’importazione di gas naturale liquefatto in sostituzione di quello russo».
Ambiente: termovalorizzatori, favorevoli e contrari
In tema di gestione dei rifiuti se per la Lega va previsto «un piano di distribuzione sul territorio di termovalorizzatori ad alta efficienza energetica in modo da soddisfare il fabbisogno locale e concorrere alla produzione di energia e teleriscaldamento», la «diversificazione delle fonti energetiche attraverso la realizzazione di nuove infrastrutture strategiche, come i rigassificatori» è anche la soluzione indicata da Fratelli d’Italia.
«Dobbiamo orientare l’intero sistema produttivo verso l’economia circolare» è la linea in materia ambientale seguita dal Movimento 5 Stelle che si è battuto contro il progetto di un termovalorizzatore a Roma («Di fronte al problema dell’immondizia stiamo abbracciando un’illusione con il termovalorizzatore. Realizzare un impianto a Roma da 600 tonnellate per me è una follia. Chi farebbe vivere suo figlio vicino a un termovalorizzatore?» ha detto Conte).
Posizione contestata da Azione-Italia viva, perché «se da una parte è importante dare priorità alla strategia Ue per l’economia circolare che privilegia il recupero materico dei rifiuti, non si può pensare di volere un sistema a “rifiuti zero” senza avere un termovalorizzatore dove serve». Per la coppia Calenda-Renzi «l’obiettivo è quello di realizzare una rete omogenea di impianti di trattamento e riciclo dei rifiuti dal punto di vista territoriale, consentendo l’ottimizzazione di economie di scala e ottenendo così una gestione più efficiente su macroaree regionali». Nel programma del Terzo Polo si legge che «autorevoli istituti di ricerca hanno stimato un fabbisogno di circa 70 nuovi impianti da realizzare entro il 2035».
Il Pd prospetta un «piano nazionale per le rinnovabili ed economia circolare» per la transizione ecologica ma non fa mai riferimento ai termovalorizzatori nel suo programma. Parlando del termovalorizzatore voluto dalla giunta capitolina guidata da Roberto Gualtieri Letta aveva detto che«la norma è legata al Giubileo, con milioni di pellegrini che arrivano. Quindi la scelta fatta, straordinaria ed eccezionale, è stata quella di fare una eccezione ed è giusto farla. La discussione sul futuro sarà su altri passaggi».
I termovalorizzatori sono invece citati nel programma degli alleati Sinistra Italiana-Verdi: «Un piano nazionale per la gestione dei rifiuti deve considerare la termovalorizzazione solo come una soluzione di ultima istanza».
Flat tax, la bandiera del centrodestra
L’«estensione della flat tax per le partite Iva fino a 100mila euro di fatturato, flat tax su incremento di reddito rispetto alle annualità precedenti, con la prospettiva di ulteriore ampliamento per famiglie e imprese» è il pilastro dell’offerta programmatica comune del centrodestra in materia fiscale. Più dettagli si ritrovano nei programmi dei singoli partiti della coalizione. In quello di Forza e Lega ne vengono descritte le tre fasi (estensione della flat tax alle partite Iva con fatturato fino a 100mila e flat tax su incrementi di reddito; flat tax del ceto medio con la riduzione e ridefinizione delle aliquote Irpef al 15,
23 e 33% con l’aliquota al 23% al cui interno confluiranno i redditi tra i 25mila e i 65 mila euro; tassa unica al 23% per famiglie e imprese) Nel programma della Lega che punta a introdurre il quoziente familiare sotto forma di una «flat-tax familiare con no-tax area commisurata al numero dei figli».
Per il Pd la flat tax proposta dal centrodestra è «propaganda elettorale sulla pelle di chi ha meno: avvantaggiano solo i redditi più alti e sottraggono risorse per il welfare». I democratici puntano nella direzione opposta attuando il «principio costituzionale della progressività fiscale» che permetta di abbassare le tasse sul lavoro, dare una mensilità in più a fine anno e attuare la rivoluzione digitale nel contrasto all’evasione fiscale.
L’alleanza Sinistra e Verdi propone «un’aliquota mobile crescente sul modello tedesco che arrivi al 65% per i redditi superiori ai 10 milioni di euro».
Il Terzo Polo di Calenda-Renzi affianca alla riforma dell’Irpef (minimo esente, unificazione tra la detrazione per lavoro autonomo e quella per lavoro dipendente, detassazione specifica per i giovani, tassazione negativa e detassazione straordinaria per il solo 2022 di una extra mensilità fino a 2.200 euro) un intervento sul fisco per il lavoro autonomo: dal momento che «il regime forfettario ha favorito tanti lavoratori ma, nella sua attuale versione, costituisce una formidabile barriera contro la crescita» e «oltre la soglia di 65mila euro di ricavi annui», c’è un “burrone” fiscale «che scoraggia la crescita o incentiva al sommerso», si propone per chi supera la soglia di 65mila euro, uno scivolo biennale di tassazione agevolata che accompagni gradualmente l’ingresso alla tassazione ordinaria Irpef.
Le sanzioni contro la Russia: le riserve di Salvini
Dall’invasione dell’Ucraina, l’Ue – in coordinamento con gli alleati – ha introdotto sei pacchetti di sanzioni contro la Russia: ha congelato beni e vietato il visto ad oligarchi e funzionari russi, imposto controlli sulle esportazioni, congelato beni della Banca centrale, estromesso dal sistema internazionale dei pagamenti Swift la maggior parte delle banche russe, annunciando poi un divieto all’import dalla Russia di carbone (dal 10 agosto) e di petrolio (per il greggio importato via mare dal 5 dicembre, per i prodotti petroliferi dal 5 febbraio 2023). Da ultimo, a luglio, è stato aggiunto un nuovo divieto di importazione dell’oro russo, rafforzando i controlli sulle esportazioni di tecnologie avanzate.
Nei programmi dei partiti non ci sono espliciti riferimenti alle sanzioni europee contro la Russia. Le posizioni si possono desumere dalle dichiarazioni dei leader. A esprimere riserve è stato solo il segretario della LegaMatteo Salvini: «Ci prepariamo a vincere e a governare per 5 anni: vogliamo tenere le sanzioni? Benissimo, ma l’Europa copra le spese per imprese e famiglie» ha detto l’ex ministro dell’Interno del primo governo Conte. Un approccio problematico ribadito in diverse occasioni: «Bruxelles impone le sanzioni ha commentato Salvini -. Bene, le abbiamo votate. Dopo sei mesi le sanzioni mi sembra che più che mettere in ginocchio la Russia mettono in ginocchio l’Italia e l’Europa».
Nettamente contrari gli alleati del centrodestra, sia Fratelli d’Italia, sia Forza Italia. Giorgia Meloni aveva fatto notare che, se ci sfiliamo dai nostri alleati, «per l’Ucraina non cambia niente ma per l’Italia sì», perché sarebbe a rischio la nostra «credibilità al livello internazionale». Altrettanto chiaro era stato Antonio Tajani: «Quella di Salvini è un’opinione e se ne può discutere. Io credo che le sanzioni siano inevitabili e che dobbiamo continuare a infliggerle. Qualsiasi scelta di modifica della posizione – ha chiarito il coordinatore nazionale azzurro – non può che essere presa a livello europeo e di Nato».
E il leader di Fi Silvio Berlusconi: «Io personalmente non posso scostarmi da quella che è la posizione del governo italiano, dell’Europa e di tutto l’Occidente ma sono dispiaciuto e deluso». L’ex premier si è anche detto convinto che le sanzioni non danneggino Putin che «è assolutamente in grado di resistere». Per il segretario del Pd Letta non ci sono dubbi: le sanzioni contro la Russia «funzionano» per cui occorre andare avanti con esse, anche se hanno «un costo per le imprese e le famiglie» italiane che quindi «vanno aiutate e protette».