16 Settembre 2024

L’alleanza con Vox è la chiave della vittoria del Partido popular nelle amministrative di domenica

La Spagna può diventare il laboratorio del ribaltone europeo, della nuova alleanza tra popolari e conservatori, che è poi lo schema di Giorgia Meloni. Di più: con il leader di Vox, Santiago Abascal, la premier ha una dichiarata sintonia personale; e l’alleanza con Vox è la chiave della vittoria del Partido popular nelle amministrative di domenica. Impressionato dalla sconfitta, il premier socialista Pedro Sanchez ha deciso di drammatizzare la situazione. E ha convocato nuove elezioni generali per il 23 luglio, con quasi cinque mesi di anticipo sulla scadenza della legislatura.
Un conto è il voto amministrativo, che l’altro ieri ha premiato nettamente la destra. Un altro è il voto politico, in un Paese dove la memoria della dittatura non è così remota. Sanchez e i suoi alleati di sinistra faranno tutta la campagna sul fantasma dell’«España negra», la Spagna nera. Tenteranno di spostare il confronto su una guerra culturale, come già in passato quando il governo ha traslato prima il corpo di Franco poi quello di José Antonio capo della falange dal monumentale Valle de los Caìdos a un cimitero privato, tra le proteste di Vox e l’imbarazzato silenzio del Pp. Saranno due mesi di fuoco.
Il verdetto amministrativo è stato netto. La destra vince in tutti i quartieri di Madrid, compreso Vallecas, irriducibile roccaforte rossa anche durante il franchismo. E prevale in tutti i capoluoghi dell’Andalusia, tradizionale granaio socialista, la terra di Felipe Gonzalez. A Barcellona la sinistra si è divisa in tre: i socialisti, i radicali dell’ex sindaca Ada Colau, arrivata solo terza, e i separatisti dell’Esquerra republicana; risultato, ha vinto l’uomo della destra catalanista, e Vox per la prima volta è entrata in consiglio comunale. Sanchez perde anche il bastione dell’Estremadura.
L’uomo nuovo è Alberto Núñez Feijóo, il leader popolare. Gallego come Francisco Franco, come Manuel Fraga Iribarne, come Mariano Rajoy, ma anche come il padre di Fidel Castro (Castro e il Caudillo ebbero sempre un buon rapporto personale, e la Spagna franchista non ruppe mai le relazioni con Cuba). Quel che unisce politici tanto diversi è la storica «retranca gallega», lo spirito taciturno e sornione dei galiziani, così distanti dalla calorosa e passionale Spagna mediterranea. Núñez Feijóo non è un estremista, è un centrista che ad esempio mal sopporta l’esuberanza della presidenta della comunità di Madrid Isabel Díaz Ayuso. Ma dovrà allearsi con il leader di Vox Santiago Abascal, l’amico della Meloni. Neppure Abascal è tecnicamente un franchista; è un nazionalista spagnolo, un basco avversario dei separatisti, vissuto sotto scorta negli anni del terrorismo dell’Eta. Il voto per il suo partito non è tanto nostalgico quanto metropolitano, giovane, social – il massimo storico lo raccoglie nel quartiere più ricco di Madrid, Salamanca -, populista; non ha sfondato, ma si è rafforzato proprio grazie al rigetto verso gli indipendentisti baschi e più ancora catalani.
Ma per la destra non è ancora fatta. Se come indicano i sondaggi il prossimo 23 luglio non avrà la maggioranza assoluta, dovrà trovare accordi proprio con baschi e catalani; che di solito scendono a patti più facilmente con la sinistra. La campagna elettorale di Sanchez coinciderà con la formazione dei governi locali Pp-Vox, che può suscitare la repulsione degli spagnoli progressisti e moderati. Come sintetizza l’editorialista più lucido, Enric Juliana, vicedirettore della Vanguardia, Sanchez cerca in estate il secondo turno dell’elezione di primavera. Una mossa molto rischiosa; ma l’ultima a sua disposizione. La Costituzione consente al premier di sciogliere le Cortes, il Parlamento; re Felipe ne è stato solo informato.
Se l’esperimento spagnolo dovesse riuscire, l’asse tra popolari e conservatori affronterebbe le Europee del prossimo anno da posizioni di forza. Il garante dell’accordo potrebbe essere Manfred Weber, l’attuale presidente del Ppe. Ma fino a quando a Berlino ci sono il socialdemocratico Scholz, a Parigi l’antipopulista Macron e a Bruxelles la merkeliana Von der Layen, è difficile che l’attuale alleanza tra popolari, liberali e socialisti venga scalzata. Tra meno di due mesi, in Spagna, il primo responso.

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