22 Novembre 2024

Le notizie di martedì 23 luglio sulle elezioni Usa 2024, in diretta. Dall’annuncio del ritiro di Biden, milioni di dollari in donazioni si sono riversati nella campagna di Harris

Kamala Harris si prepara alla campagna elettorale (dopo avere ipotecato la nomination)
(Andrea Marinelli) In un solo giorno Kamala Harris ha già ottenuto il sostegno della maggioranza dei delegati, ipotecando la nomination del partito. Pare ormai certo che la roll call, il voto che la renderà ufficiale, avverrà in modo virtuale a inizio agosto, per evitare ogni rischio di una caotica convention aperta: lo deciderà domani il comitato regolatore del partito, in una riunione che sarà trasmessa anche sul canale YouTube. Già la settimana prossima, quindi, la candidata democratica in pectore potrebbe annunciare il suo vice: a condurre il vetting – la verifica di ogni aspetto sensibile della loro vita pubblica e privata – sarà l’ex procuratore generale Eric Holder con il suo studio legale Convinton & Burling.
Nelle ultime ore si parla molto del senatore dell’Arizona Mark Kelly, considerato «un eroe americano»: veterano della guerra del Golfo, ex astronauta come il gemello Scot, è il marito dell’ex deputata Gabby Giffords, che fu quasi uccisa in una sparatoria di massa a Tucson l’8 gennaio 2011. Eletto nel 2020 in uno dei principali Stati in bilico, moderato, la sua scelta frenerebbe anche la narrativa di Trump sul proprio attentato. L’eroe, nella storia di questa elezione, sarebbe un altro: l’ex deputata a cui un pazzo sparò alla testa, che era stata data per morta e invece è sopravvissuta, che lotta ogni giorno per avere una vita pseudo normale e che da allora è diventata un’attivista per la regolamentazione delle armi.
La campagna elettorale intanto è partita, sarà la più breve e intensa della storia recente: alle elezioni mancano 106 giorni, senza contare il voto anticipato. Allora bisogna andare di fretta e nelle prime ventiquattro ore Harris ha già raccolto 81 milioni di dollari, record storico per una campagna presidenziale, arrivati da 880 mila persone: in 500 mila hanno versato soldi per la prima volta quest’anno. Dopo mesi disastrosi per i democratici, ora anche i sondaggi cominciano a sorridere e sono «too close to call»: la partita, insomma, sembra riaperta. Questo però è soprattutto l’effetto dell’annuncio, l’entusiasmo delle prime ore: adesso la campagna è tutta in salita.
Domenica Harris ha ricevuto l’investitura di Biden e le sono stati trasferiti i 96 milioni presenti sul conto, ieri ha fatto il suo primo discorso da candidata, oggi va a Milwaukee per un comizio in quel Wisconsin che a novembre sarà vitale per restare alla Casa Bianca. Dal fronte repubblicano, intanto, emergono i primi dubbi e arrivano i primi attacchi violenti: il ritiro di Biden in fondo era lo scenario peggiore. Anche perché ora – scrivono i quotidiani (progressisti) americani, a partire dal Washington Post e da Anne Applebaum sull’Atlantic – il candidato anziano, poco lucido e fuori tempo è diventato all’improvviso Donald Trump.

Casa Bianca: «Jill Biden presenzierà alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi a Parigi»
Il presidente americano Joe Biden ha annunciato che la first lady Jill guiderà la delegazione presidenziale alla Cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici in programma venerdì 26 luglio. Il `second gentleman´ Douglas Emhoff guiderà invece la delegazione alla cerimonia di chiusura che si terrà l’11 agosto prossimo.

Harris: «Conosco i predatori come Trump che abusano delle donne»
«Un predatore» che «ha abusato delle donne». Così la vice presidente degli Stati Uniti Kamala Harris ha definito lo sfidante repubblicano alla Casa Bianca Donald Trump dopo aver avuto il sostegno di un numero sufficiente di delegati per ottenere la nomination democratica dopo il ritiro di Joe Biden.
Rivolgendosi allo staff della campagna elettorale presso la sede centrale del Delaware, Harris ha detto: «Io, insieme a voi, farò tutto ciò che è in mio potere per unire il nostro Partito democratico, per unire la nostra nazione e per vincere queste elezioni”. Harris ha poi ripercorso la sua carriera, ricordando allo staff della campagna elettorale che «come molti di voi sanno, prima di essere eletta vice presidente, prima di essere eletta senatrice degli Stati Uniti, sono stata Procuratore Generale della California e prima ancora ero un Pubblico Ministero in tribunale”. Ed è «in quei ruoli che mi sono occupata» di «predatori che abusano delle donne, truffatori dei consumatori, imbroglioni che hanno infranto le regole per il proprio tornaconto. Quindi ascoltatemi quando dico che conosco che tipo è Donald Trump”.

Harris non presiederà la seduta del Senato durante discorso Netanyahu
La vice presidente degli Stati Uniti Kamala Harris non presiederà la seduta al Senato durante la quale il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu terrà domani pomeriggio il suo discorso. Lo hanno riferito due fonti ben informate a condizione di anonimato al Washington Post. Netanyahu incontrerà quindi Harris in un altro momento della sua visita a Washington, come ha spiegato un funzionario americano senza indicare quando.
È invece in programma per giovedì l’incontro tra il premier israeliano e il presidente americano Joe Biden. Un consigliere di Harris ha spiegato a condizione di anonimato che la sua assenza durante l’intervento di Netanyahu al Senato non deve essere interpretata come un cambio della posizione americana rispetto a Israele, ma dipende da un precedente impegno della vice presidente a Indianapolis. La sua assenza era già stata comunicata prima che Biden annunciasse la sua decisione di ritirarsi dalla corsa alla Casa Bianca ed esprimesse il suo sostegno a Harris come candidata democratica alle elezioni di novembre. In qualità di vicepresidente, Harris è anche presidente del Senato, ma raramente presiede i lavori del Congresso, tranne in casi speciali come una riunione congiunta.

Tajani: non interferisco nella campagna elettorale Usa
«Siccome voglio preservare l’indipendenza della nostra democrazia, penso sia giusto non interferire nella campagna elettorale degli Stati Uniti»: lo ha detto a Radio Anch’io il vicepresidente e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, rispondendo a una domanda sui commenti rilasciati ieri da Matteo Salvini nei confronti di Donald Trump. «Io sono rispettoso della volontà degli americani. MI dispiacerebbe, mi darebbe fastidio, se uno interferisse nella campagna elettorale italiana», ha aggiunto Tajani: «Poi, qualcuno può tifare per Trump, qualcuno può tifare per la Harris. È legittimo, ma come governo italiano noi tifiamo per gli Stati Uniti».

Cosa sappiamo del programma di Kamala Harris (e cosa cambierebbe rispetto a Biden)
(di Alessandro Trocino) Ci si concentra, giustamente, sull’impatto mediatico e sull’appeal che potrebbe avere sugli elettori l’arrivo potenziale di Kamala Harris come nuova candidata, dopo il ritiro di Joe Biden. Una donna — figlia di una madre indiana e di un padre giamaicano — che potrebbe diventare la prima nera e di origini asiatiche a essere candidata e insediarsi alla Casa Bianca. Nel caso venisse scelta lei dalla convention democratica, ci sarebbe anche una nuova linea politica, solo in parte coincidente con quella del predecessore, di cui era vice. È stato detto che Biden ha saputo unire le varie anime del partito, liberal e centrista. Difficile definire il profilo di Harris. Sui temi della sicurezza, viene considerata più moderata rispetto a Biden, ma su altri temi lo scavalca a sinistra. Il New York Times la considera una «moderata pragmatica». Da vicepresidente è rimasta in ombra, ma guardando ai suoi progetti e al suo programma elettorale passato, ha una piattaforma progressista sui diritti civili, sull’ambiente e sul lavoro e tratti conservatori sulle tematiche «legge e ordine». Proviamo a vedere punto per punto quali potrebbero essere le differenze di piattaforma tra i due politici, anche se nelle politiche di Harris molto ancora rimane da decifrare e da scoprire.

Biden rientra oggi alla Casa Bianca
Joe Biden rientra oggi alla Casa Bianca, due giorni dopo l’annuncio del ritiro dalla corsa e cinque giorni dopo essere risultato positivo al Covid. Lo rende noto la Casa Bianca nell’agenda del presidente, secondo cui Biden è atteso a Washington intorno alle 14 ora locale, le 20 in Italia. Il presidente dovrebbe ricevere giovedì il premier israeliano Benjamin Netanyahu.

Harris pronta a sfidare Trump: il punto sulla sua candidatura
(di Gianluca Mercuri) Non sono passati nemmeno due giorni interi dal ritiro diJoe Biden, ma sembra già un’epoca fa. A meno di un’ulteriore svolta che lo porti alle dimissioni, il presidente americano governerà la più grande nazione del mondo per altri sei mesi, fino al 20 gennaio 2025, eppure pare già consegnato alla storia. Se non fosse stato per l’omaggio che gli ha reso ieri Kamala Harris, nelle ore successive alla storica rinuncia alla ricandidatura nessuno si sarebbe occupato di lui.
Perché la legge inesorabile della politica e dei media ha spostato interamente i riflettori su di lei. La vice oscurata per quattro anni — anche per i suoi errori e limiti — si muove all’improvviso da regina. La nomination democratica non è ancora ufficiale e le modalità tecniche per conferirgliela andranno studiate bene, visto che i repubblicani già ne contestano la legittimità sul piano sia politico sia formale. Ma l’ondata di endorsement ricevuta in poche ore — manca praticamente solo quella di Obama, ma è in arrivo — ha di fatto trasformato istantaneamente il brutto anatroccolo del partito in cigno. E nella notte italiana, tutti i principali media Usa — dalla >New York Times — hanno attestato a Harris la maggioranza dei delegati alla Convention democratica del 19 agosto.
La prima sfida pare dunque vinta. Resta tutta da costruire la seconda, quella decisiva: riuscirà in cento giorni una personalità per certi versi ancora enigmatica e forse inespressa a fermare il bulldozer Trump? In definitiva: potrà batterlo?
Lei giura di sì: «Ho battuto predatori sessuali e truffatori. So bene che tipo è Donald Trump». È la prima cosa che ha detto al suo staff, le prime parole da candidata. Dicono già tutto sui mesi che verranno.
La (quasi) incoronazione di Harris

La pioggia di endorsement, la scelta del vice, gli attacchi repubblicani: punto per punto.

  • L’omaggio a Biden La vicepresidente ha tenuto un discorso già previsto prima della svolta di domenica. Nessun accenno all’appoggio ricevuto dal presidente perché gli succeda come candidata. Ma l’ha ringraziato indirettamente con queste parole:«I suoi successi nei passati tre anni non hanno eguali nella storia moderna». E ancora: «In un solo mandato ha già sorpassato l’eredità di presidenti che ne hanno fatti due». Barack Obama non deve aver gradito troppo.
  • Ma è già candidata o no? Di fatto sì, formalmente è ancora da vedere come e quando. Intanto ieri ha già visitato il quartiere generale della campagna in Delaware, il suo team ha subito ereditato tutta la struttura cambiando solo il logo. E in sole 24 ore dall’annuncio di Biden ha raccolto 81 milioni di dollari, soprattutto da piccole donazioni. «So che è difficile — ha detto allo staff nel primo incontro in Delaware —. Ma abbiamo preso la decisione giusta». Biden l’ha chiamata e le ha rivolto parole affettuose: «Ti seguo, ragazza. Ti voglio bene».
  • L’effetto «bandwagon» È quello che noi chiamiamo «salire sul carro», ed è stato rapidissimo: il Partito si è stretto attorno a una vice fin lì negletta e non stimatissima. Da una parte la voglia di evitare guerre interne e una Convention contesa che sfiancherebbero una campagna elettorale già in salita, dall’altra un sollievo che pare sincero: l’inerzia della sconfitta incarnata da un presidente encomiabile ma malandato — e che si doveva togliere di torno molto prima — lascia il posto alla speranza di rimonta (accreditata dai primi sondaggi) e comunque alla voglia di combattere per salvare almeno la maggioranza alla Camera.
  • Tutti con lei Ovvero, tutti i potenziali rivali per la nomination, anziché sfidarla, hanno fatto giuramento di fedeltà all’aspirante regina. A uno a uno, hanno espresso l’endorsement i governatori Gretchen Whitmer (Michigan), Gavin Newsom (California), Ben Shapiro (Pennsylvania), JB Pritzker (Illinois), Andy Beshear (Kentucky), Wes Moore (Maryland). Ma anche il ministro dei Trasporti Pete Buttigieg e le leader dell’ala sinistra: la senatrice Elizabeth Warren e le deputate Alexandria Ocasio Cortez e Ilhan Omar. A quel punto sono arrivati i big.
  • Pelosi per Kamala Nancy Pelosi, l’84enne ex speaker della Camera e leader di fatto del partito, ha aspettato che tutti si inginocchiassero per ufficializzare il suo appoggio, che definisce «ufficiale, personale e politico». Un ritardo studiato, per non farla apparire un’incoronazione dall’alto. La stessa preoccupazione spiegherebbe il silenzio di Obama. I Clinton, invece, non hanno perso tempo. E già oggi potrebbe arrivare l’appoggi dei leader del partito al Congresso, Chuck Schumer e Hakeem Jeffries.
  • Le mosse dei rivali I repubblicani sembrano temere l’effetto Harris. La campagna era studiata sulle debolezze di Biden e andrà rimodulata. D’incanto, il candidato alla presidenza più vecchio di sempre non è più l’81enne Joe ma il 78enne Donald, che nei dibattiti si troverà di fronte una donna di 19 anni più giovane. L’attacco a Harris è già partito con spot ad personam, e il candidato vicepresidente J.D. Vance che ieri è salito sul ring in un comizio in Ohio:«L’idea è di scegliere un candidato democratico perché George Soros, Barack Obama e un altro paio dell’élite dem si sono riuniti in una stanza fumosa ed hanno deciso di gettare in mare Joe Biden. Non è così che funziona, questa è una minaccia alla democrazia. Noi repubblicani non siamo così».
  • La contestazione formale Se Vance attacca sul piano della legittimazione politica di Harris,la guerra è già partita anche sul piano tecnico. Lo speaker della Camera Mike Johnson, oltre a chiedere le dimissioni di Biden, sottolinea che ogni Stato ha una sua legge elettorale e la Heritage Foundation (centro studi propenso a un ridisegno reazionario dell’America che sembra preoccupare perfino Trump) prepara ricorsi legali contro la nuova candidata.
  • La mossa dem I democratici si dicono tranquilli ma in realtà, spiega Massimo Gaggi, «qualche preoccupazione ce l’hanno: in alcuni Stati i termini per la presentazione dei candidati scadono negli stessi giorni della convention di Chicago (19-22 agosto). Per questo rimane probabile che il partito faccia scegliere ai delegati di Biden, ormai liberati da ogni vincolo, il nuovo candidato per la presidenza in un “roll call” virtuale da tenere tra il primo e il 7 agosto».
  • Ma Harris può vincere o no? Risposta in una parola: sì. Risposta articolata: resta comunque nettamente sfavorita.Vediamo i 4 punti forti della sua candidatura.1) Ha davvero unificato il partito in un attimo e gli analisti ritengono plausibile che possa rimotivare l’elettorato giovanile, quello delle minoranze e quello femminile negli stati chiave (Pennsylvania, Ohio, Wisconsin) grazie alle sue battaglie sui diritti civili a cominciare da quello all’aborto, il campo in cui è stata più efficace nel ruolo di vicepresidente.2) «Prosecutor versus felon», cioè «procuratore contro criminale», è il canovaccio che si preannuncia in campagna elettorale — «So come prendere i tipi alla Donald Trump, ho incastrato predatori sessuali e truffatori» — e può funzionare: la donna di giustizia contro l’uomo che ha già subito condanne e ha ancora svariati processi a suo carico.3) L’immagine di «cop», di poliziotta, che finora l’aveva penalizzata con la sinistra del partito, ora può servirle per dare una spinta centrista alla sua campagna. In America come ovunque si vince al centro: perfino Trump è più moderato di Vance.4) Essersi nascosta in questi anni può giovarle in modo paradossale, facendola percepire come nuova in quella fetta dell’elettorato che chiedeva «chiunque tranne Biden e Trump». E lei, donna, giovane e nera, è quanto di più lontano possibile dai due vecchi maschi bianchi in lotta da anni.

    I 4 punti deboli invece sono:
    1)Deve fare un miracolo in 100 giorni, senza più poter sbagliare neanche un colpo. David Plouffe, storico stratega di Obama, dice che «sta passando dai teatri off-Broadway a quelli di Broadway. Molti attori non sopravvivono a questa trasformazione. Va detto nell’euforia del momento: c’è molto da lavorare per costruire la sua immagine».
    2) La sua campagna alle primarie del 2019 fu un disastro: praticamente dovette ritirarsi senza nemmeno iniziare, travolta dai primi voti. Sbagliò tutto: staff, strategia, modi di porsi. O dimostra subito di avere imparato o non c’è partita.
    3) Da border czar, plenipotenziaria di Biden sull’immigrazione, non ha concluso nulla, oltre alla frase «dovete fermarvi» rivolta ai clandestini guatemaltechi. «La preoccupazione per l’incapacità degli Stati Uniti di controllare la frontiera è reale, come lo era un paio di anni fa in Italia. Harris è molto attaccabile su questo: dovrà fare sforzi per assicurarsi che nel corso dell’anno il numero di arrivi al confine sia più ridotto», spiega il politologo Yascha Mounk a Viviana Mazza.
    4) Manca di disciplina, non studia i dossier, non ha riferimenti ideologici precisi.Almeno, è quello che dicono di lei. Ancora Mounk: «I progressisti non credono che sia davvero una di loro, i moderati pensano: “Forse all’inizio era una dei nostri, ma è capace di cambiare idea quando serve ai tuoi interessi politici”». È urgente che si dimostri capace di districarsi tra un centrismo inderogabile e un progressismo irrinunciabile.

La sfida di Kamala Harris, insomma, è ardua. Ma almeno c’è. Saranno quattro mesi appassionanti.

Harris studia la squadra per la corsa alla Casa Bianca
(di Massimo Gaggi) Tutti sul carro di Kamala. Tre anni e mezzo alla Casa Bianca con uno staff piccolo, sfasciato e ricostruito più volte, mentre il team Biden nella West Wing della Casa Bianca la guardava con noncuranza, quando non con ostilità: «Mi sento ghettizzata», diceva.

Intanto le reti televisive avevano smesso di spendere soldi per mandare troupe a seguire i suoi viaggi. Ma ora che la Harris è la più che probabile candidata democratica alla Casa Bianca, tutto cambia. Da Bill e Hillary Clinton ai presidenti del partito democratico di tutti i 50 Stati dell’Unione, l’elenco degli endorsement è infinito.

Harris oggi a Milwaukee, nello Stato in bilico del Wisconsin
Kamala Harris oggi è a Milwaukee, in Wisconsin, uno degli Stati in bilico del Midwest. La vicepresidente interverrà ad un evento politico. Milwaukee è la città che ha appena ospitato la convention repubblicana.

Harris: «orgogliosa» del sostegno verso la nomination
La vicepresidente Usa ha detto di essere «orgogliosa» di aver ricevuto il numero sufficiente di delegati democratici per ottenere la nomination alla Casa Bianca. «Non vedo l’ora di accettare formalmente la nomination», ha detto in una nota, aggiungendo di essere «orgogliosa di essermi assicurata l’ampio sostegno necessario per diventare il candidato del nostro partito».

Harris ha il sostegno  di un numero sufficiente di delegati
La vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris ha attirato il sostegno di un numero sufficiente di delegati democratici per diventare la candidata del partito alla presidenza, riferisce Cbs News. Secondo un sondaggio condotto ieri sera dall’Associated Press, Harris ha ricevuto l’appoggio di più dei 1.976 delegati necessari per ottenere la nomination al primo turno di votazioni.  Secondo la Cbs, i delegati di almeno 27 Stati hanno rilasciato dichiarazioni a nome delle loro delegazioni a sostegno di Harris. Dall’annuncio del ritiro di Biden, milioni di dollari in donazioni si sono riversati nella sua campagna e i principali democratici si sono schierati per sostenere la sua candidatura alla presidenza.

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