La premier a Dheli firmerà un memorandum per l’Indo Pacifico
Missione a est di Giorgia Meloni. In due paesi-chiave di due quadranti distinti (e confinanti), nel Golfo e nell’Indo-Pacifico. Aree decisive per le strategie della difesa militare e sbocchi enormi per la tecnologia bellica. La prima tappa della premier è negli Emirati Arabi, poi il 2 marzo sarà a New Delhi, capitale dell’India. I due paesi sono amici dell’Italia, ma questa amicizia negli ultimi anni è stata segnata da gravi difficoltà nelle relazioni bilaterali, che sono ancora da risolvere, e la missione di Meloni, accompagnata nella tappa indiana dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, è mirata propria a rilanciare i rapporti. Sarà firmato un memorandum sulla Difesa congiunta nell’Indo-Pacifico, ma l’obiettivo a riportare la nostra industria della Difesa protagonista, dopo l’assenza per molti anni e la decisione degli indiani di acquistare perlopiù dalla Francia, quindi da Thales, Naval Group, Rafale.
Il progressivo (ma lento) riavvicinamento dopo la crisi dei marò
Certo, le cose stanno un po’ cambiando. L’ex ambasciatore indiano in Italia Anil Wadhwa ha dichiarato a The Hindu che gli ultimi anni «hanno visto un continuo sforzo da parte di entrambe le parti» per superare le controversie del passato e concentrarsi sugli sforzi economici. Sebbene i legami bilaterali ne abbiano risentito, l’Italia è rimasta coinvolta nell’industria della difesa indiana attraverso realtà come Fincantieri, che fornisce il know-how per l’aggiornamento tecnologico e il potenziamento delle capacità della prima portaerei indiana, la INS Vikrant. Inoltre, pochi giorni dopo l’incontro tra Modi e l’allora premier italiano Mario Draghi a margine della riunione del G20 a Roma, il Ministero della Difesa indiano ha revocato il divieto imposto su Leonardo. La scorsa settimana, il sottosegretario alla Difesa Matteo Perego Di Cremnago ha parlato con il ministro della Difesa indiano Rajnath Singh a margine della fiera Aero India a Bengaluru. Ha incontrato anche il Capo di Stato Maggiore della Difesa, il generale Anil Chauhan, con il quale ha discusso della collaborazione nei settori della guerra aerea, subacquea ed elettronica.
L’India investirà 200 miliardi di euro nei programmi di difesa
«L’interscambio con il nostro Paese, nell’intorno dei 14 miliardi, seppur in crescita del 42 per cento rispetto all’anno precedente, è decisamente inferiore al potenziale”, ha dichiarato Perego a Bangalore, sottolineando che le aziende italiane in più settori – tra cui quello navale, quello aeronautico, quello elettronico e delle munizioni – devono cogliere la “progressiva diversificazione di Nuova Delhi dalla dipendenza dalla Russia e la strategia ‘Make in India’» come un’opportunità. «La mia presenza qui e soprattutto le prossime presenze dei vertici del governo italiano, insieme ai lavori volti alla sottoscrizione di un nuovo accordo di cooperazione nel settore della difesa, segnano una nuova stagione di enfasi delle relazioni fra i nostri due Paesi». Lo sforzo diplomatico è quindi da leggere nel quadro della rinnovata centralità del quadrante indopacifico in chiave di contenimento dell’espansionismo cinese – dove è predominante l’alleanza Akus tra Usa, Regno Unito e Australia (si ricordi il caso dei sommergibili per Canberra) a cui l’Italia guarda con interesse crescente. L’India ha annunciato un piano di investimenti per la difesa da 200 miliardi di euro.
La ricucitura con gli Emirati dopo la revoca (del 2021) di export di missile e bombe
Ma prima di arrivare in India c’è la tappa negli Emirati Arabi Uniti. Qua la questione per certi versi è ancora più delicata. Nel gennaio 2021, con il governo Conte-II agli sgoccioli, l’esecutivo decise decise di revocare del tutto le autorizzazioni all’export di missili e bombe verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, Paesi che guidano la coalizione sunnita contro gli Houthi, i ribelli sciiti dello Yemen. Era la prima volta che un esecutivo applicava la legge 185 del 1990 per cancellare licenze in realtà concesse quando nello Yemen già si combatteva, oltre che sospendere la concessione di nuove autorizzazioni. Immediata la reazione emiratina: nel giugno 2021 fu impedito il divieto di sorvolo al Boeing 767 dell’Aeronautica militare italiana diretto a Herat per la cerimonia della conclusione della missione delle truppe italiane in Afghanistan. Insomma, un grande freddo da parte uno dei protagonisti (non solo economici) dell’area, su molti quadranti (compresa la Libia, dove gli interessi italiani sono prioritari). Questo incidente era l’ultimo tassello di una serie di controversie, dalla gestione dell’operazione Etihad con Alitalia a quella con il progetto drone di Piaggio Aerospace. C’è infine chi osserva che la difficoltà per la nomina di Luigi Di Maio (ministro della Difesa all’epoca della revoca) a inviato Ue per il Golfo Persico risieda forse anche nella chiara opposizione da parte degli Emirati.