Chi scrive ha seguito per sette anni, da Berlino, la donna politica che pareva tutto potesse fare, la «leader dell’Occidente» si disse quando fece la faccia torva al neopresidente Trump. Bene, in quei sette anni, qualche critica alle scelte della cancelliera è uscita da questa penna, ma l’apprezzamento per la sua capacità di tenere insieme l’Europa, difendere valori ed essere amata in Germania ha prevalso largamente
Troppo forte, per resistere, la tentazione di parlare di Angela Merkel e della sua eredità. La Germania è sottosopra, il governo guidato dal suo successore Olaf Scholz vacilla, l’esercito è di latta, la Volkswagen vuole chiudere degli stabilimenti nel Paese, mai successo. C’è di che chiederle conto, dopo 16 anni alla cancelleria: cosa ha lasciato? Inoltre, il mese prossimo pubblicherà il suo libro di memorie: farà discutere. Prima di cedere all’impulso, però, autocritica, come si diceva un tempo. Chi scrive ha seguito per sette anni, da Berlino, la donna politica che pareva tutto potesse fare, la «leader dell’Occidente» si disse quando fece la faccia torva al neopresidente Trump. Bene, in quei sette anni, qualche critica alle scelte della cancelliera è uscita da questa penna, ma l’apprezzamento per la sua capacità di tenere insieme l’Europa, difendere valori ed essere amata in Germania ha prevalso largamente. Non solo: a chi scrive è parso che fosse la guida indispensabile della Ue, forte del suo understatement: gli errori sembravano poca cosa. Gigante Merkel. Oggi dobbiamo rivedere il giudizio. Il suo rapporto con Putin è sempre stato prudente (non si fidava) ma continuo, tanto da avere consegnato all’uomo del Cremlino la politica energetica tedesca. La cancelliera accettò persino un nuovo gasdotto dalla Russia dopo che Mosca aveva invaso l’Ucraina nel 2014. Errore con radici già nel 2011: dopo l’incidente di Fukushima, decise brutalmente di spegnere le centrali nucleari. Germania condannata al ricatto putiniano. Investimento senza limiti anche nell’altro grande Paese autoritario, la Cina, diventata il mercato d’elezione per le imprese tedesche e per i viaggi pro-business di Merkel (12). Fiducia totale, insomma, negli autocrati per l’input del gas e per l’output delle esportazioni.
Nel 2015 non chiuse le frontiere a più di un milione di rifugiati siriani e afgani: meritorio ma, come si vede oggi, alla lunga rifiutato da molti elettori. Poi, zero riforme economiche in Germania in 16 anni, investimenti nella Difesa minimi, gestione irresoluta della crisi del debito europeo, metodo del rinvio dei problemi. La cancelliera di un mondo che le si è rivoltato contro. Errore, non averlo scritto, per chi l’ha osservata ogni giorno in sette anni. Nessuna autocritica, però, per l’altra lady di ferro: Thatcher non tramonta mai.