Bandiera Europa UE

Sull’opinione pubblica, pesa l’azione di minoranze che lavorano perché l’Italia resti inerme, indifesa

A memoria è difficile trovare nel dibattito pubblico italiano qualcosa di più stravagante della feroce contesa intorno al Manifesto di Ventotene. Ha distolto l’attenzione dal vero problema che incombe sul Paese, sul suo destino, sulla sua futura sicurezza, sulla stessa democrazia italiana. Il problema è ciò che i sondaggi dicono sugli orientamenti dell’opinione pubblica. Orientamenti che, naturalmente, possono col tempo cambiare. Oggi però c’è una maggioranza alla quale non importerebbe nulla se l’Ucraina intera finisse in mano ai russi e che è contraria al piano di riarmo sponsorizzato dall’Europa. Anzi, a qualunque riarmo, in qualunque forma.
Una maggioranza che taglia trasversalmente gli schieramenti politici e che, apparentemente, non sembra affatto credere che esistano seri rischi per la sicurezza dell’Europa e, quindi, anche del nostro Paese. Dai sondaggi risulta, insomma, che l’Italia sia, al momento, uno degli anelli più deboli della catena europea: gli Stati(dis)uniti d’Europa(altro che Ventotene). Si capisce perché i russi, che conoscono la situazione italiana, attacchino il presidente Mattarella: si inseriscono nel dibattito italiano per seminare zizzania. Con un certo successo, a quanto pare.
Lo scenario internazionale volge al cupo. Bisogna tenere conto di due aspetti. Il primo è che venendo meno la protezione americana dell’Europa, ciò che gli europei dovranno fare nei prossimi anni sarà rafforzare la gamba europea della Nato. Della Nato non si può fare a meno ma in essa gli europei dovranno impegnarsi in modo sempre più attivo. Significa potenziamento dei sistemi difensivi europei e un loro crescente coordinamento. Solo così si crea la «difesa europea». In un’epoca in cui la guerra è tornata in Europa è questo il modo per essere «europeisti». Altrimenti, restano solo chiacchiere e retorica.
Il secondo aspetto da considerare è che comunque finisca il conflitto in Ucraina, la Russia, con la sua economia di guerra, non si fermerà. L’attesa è che entro pochi anni ricomincerà a espandersi militarmente a scapito di altri Paesi europei (per ricostituire, come vuole Putin, l’impero perduto con il crollo dell’Unione Sovietica). Molti italiani pensano che la cosa non li riguardi ma si sbagliano. Sia perché ne potrebbe derivare una conflagrazione generale che coinvolgerebbe anche l’Italia. Sia perché, se anche ciò non avvenisse, una espansione militare della Russia (non più bloccata dall’America) nell’Est Europa proietterebbe la sua influenza anche ad Occidente. Crescerebbe la spinta alla «finlandizzazione» (come si diceva ai tempi della Guerra fredda) dei Paesi europei-occidentali o di alcuni di essi. Nei confronti dei quali da tempo la Russia agisce (per esempio, attraverso la rete) al fine di destabilizzarli (Ferrera, Corriere del 29 marzo). Già ora possiamo identificare con nomi e cognomi quelli di noi che sono pronti, condizioni permettendo, a recarsi a Mosca per baciare l’anello di Putin. Se qualcuno pensa che una crescita dell’influenza russa non avrebbe conseguenze per le nostre libertà si illude assai.
È per queste ragioni che la maggioranza «Franza o Spagna» fotografata dai sondaggi, è fonte di inquietudine. Soprattutto perché, sull’opinione pubblica, pesa l’azione di minoranze che lavorano perché l’Italia resti inerme, indifesa, e sono disposte a mettere il Paese in rotta di collisione con gli Stati europei che inermi non vogliono restare. Si possono identificare tre correnti che remano in quella direzione. C’è l’irenismo cattolico animato non solo, secondo tradizione, dai cattolici post-dossettiani ha ben colto il fatto che il pacifismo integrale e, con esso, il ripudio del lascito degasperiano, coinvolgano ormai anche gruppi cattolici come Comunione e Liberazione, di tutt’altra ispirazione rispetto ai post-dossettiani.
La seconda corrente è rappresentata dalle forme di impegno politico vecchie (i reduci delle battaglie comuniste d’antan) e nuove (i cosiddetti populisti di destra e di sinistra) contrarie all’aumento delle spese militari. Quando il segretario della Cgil Maurizio Landini nega che abbia senso rafforzare la difesa e propone, in alternativa, di concentrare tutte le risorse nella spesa sociale interpreta umori assai diffusi.
La terza corrente è animata dalla lobby russa, l’insieme di forze politiche e di operatori economici interessato a normalizzare senza condizioni i rapporti dell’Italia con la Russia. Ciascuna corrente ha il sostegno di intellettuali vari.
Sono gruppi fra loro assai diversi. Hanno però in comune un atteggiamento che oscilla fra l’indifferenza e l’ostilità per la democrazia liberale. Ciò spiega perché nessuna di queste correnti percepisca il potere autocratico russo come un pericolo.
Paghiamo il fatto che in questo Paese la tradizione liberale sia sempre stata minoritaria. Fin quando era protetta e sorretta dai rapporti euro-atlantici, da un ordine internazionale fondato sull’egemonia statunitense, l’Italia rimaneva comunque agganciata al carro delle democrazie. Ma adesso che quell’ordine va in frantumi le nostre storiche debolezze rischiano di farci deragliare. È un lavoraccio ma qualcuno dovrà pur farlo: convincere i nostri connazionali che, nei prossimi anni, tanto le nostre vite quanto le libertà di cui godiamo dovremo cercare di difenderle insieme agli altri europei.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

A.N.D.E.
Panoramica privacy

This website uses cookies so that we can provide you with the best user experience possible. Cookie information is stored in your browser and performs functions such as recognising you when you return to our website and helping our team to understand which sections of the website you find most interesting and useful.