Fonte: La Stampa
di Marco Zatterin
Un’Europa diversa avrebbe potuto sigillare il dossier cinque anni fa. L’Europa che abbiamo continua a fare fatica.
Hanno rotto gli indugi. Il 9 maggio alle 15 si riunisce l’Eurogruppo per chiudere il dramma greco, almeno si spera. Una riunione era attesa per ieri, ma è saltata per colpa della seconda metà dell’intesa, quella sulla garanzia automatica chiesta dal Fmi per accettare l’alleggerimento del debito ellenico. C’è uno scontro statistico fra Bruxelles e Washington, che l’istituto di Christine Lagarde traduce in una richiesta di maggiore impegno e austerità (eventuale, ma decisa in modo da poter scattare automaticamente) per il governo Tsipras. Tutto dovrebbe andare bene, ma il rischio che salti il tavolo è sempre presente.
Non è la sola incertezza. Sono in tanti a credere che il silenzio della Commissione europea sulla questione del Brennero sia legato alla circostanza secondo cui, in fondo, non ci sia la volontà di affrontare davvero, e subito, la questione e di risolverla in chiave italiana. Le autorità austriache costruiscono una barriera di oltre quattro metri e a Bruxelles si limitano ad esprimere preoccupazione per la possibilità di ricondurre l’area Schengen alla normalità entro l’anno. La realtà fanno capire più fonti, è che non vogliono agitare le acque già mosse della politica biancorossa. Ma anche che, alla fine dei conti, si fidano sino a un certo punto dell’Italia. Così lasciano fare a Vienna quello che le pare. E aspettano.
Il problema è la mancanza di leadership e la sfiducia. Nessuno decide e, nel dubbio, critica chi lo fa. Pochi sono davvero disposti a credere alle promesse degli altri. Se poi l’Unione non funziona, l’ultima emozione che si può provare è la sorpresa.