21 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Andrea Nicastro

Il re appoggia il governo di Madrid. A Barcellona 700 mila in piazza contro la violenza della Guardia Civil. La reazione della sindaca di Barcellona, Colau: «Parole indegne di un capo di Stato»

«Tutte le misure necessarie per conservare l’ordine costituzionale». Questo promise il re di Spagna Juan Carlos nel suo messaggio tv alla nazione dopo la mezzanotte del giorno in cui il Parlamento di Madrid era stato assaltato da un tenente colonnello pistola alla mano. La storia dice che quell’intervento aiutò e forse fu decisivo a fermare il golpe militare in corso.
Sono passati 36 anni e le parole che il nuovo re di Spagna, Felipe VI, ha usato nel suo primo messaggio straordinario al Paese, sono state praticamente le stesse. Ma l’effetto che potrà avere il suo discorso non è lontanamente paragonabile a quello del padre. Sono rimasti delusi i molti che contavano su Felipe perché facesse da mediatore tra le strade di Barcellona brulicanti di indipendentisti (e repubblicani) e il governo centrale di Madrid. Il re ha sposato in pieno le posizioni del premier Mariano Rajoy e la sua linea di inflessibile difesa della Legge. Felipe VI ha accusato il governo secessionista di Barcellona di aver «violato in maniera sistematica le regole democratiche, mostrando una slealtà inammissibile, calpestando tutte le norme nazionali e dello stesso Statuto catalano». «C’è stato un inaccettabile tentativo di appropriarsi delle istituzioni storiche della Catalogna». «Il diritto e la democrazia sono stati messi ai margini».
«Da qualche tempo, alcune autorità della Catalogna violano in modo ripetuto, consapevole e deliberato l’ordine costituzionale e lo Statuto dell’Autonomia» catalana. «Hanno voluto spezzare l’unità della Spagna con una condotta irresponsabile». «Oggi la società catalana è fratturata e frammentata». «So bene che molti in Catalogna vivono momenti di ansia e apprensione — ha concluso Felipe VI — ma non sono soli, hanno la nostra solidarietà e la garanzia dello Stato di Diritto». Dietro Felipe la bandiera spagnola e quella dell’Unione europea. Il re non ha citato gli incidenti di domenica, e se ciò rafforza la posizione del governo centrale, non apre spazi di trattative.
La reazione della sindaca di Barcellona Ada Colau, arriva pochi istanti dopo il discorso di Felipe VI in diretta tv. Colau da Twitter scrive: «Nessuna soluzione. Nessun accenno ai feriti. Nessun appello al dialogo. Un discorso irresponsabile e indegno di un capo di stato».
Carles Puigdemont, presidente della Generalitat, dice alla Bbc che l’atto di proclamazione unilaterale d’indipendenza della Catalogna dalla Spagna è questione di giorni: «Agiremo alla fine della settimana o all’inizio della prossima», ha detto il capo del governo locale catalano, aggiungendo di non avere ora canali di comunicazioni con Madrid e avvertendo che «sarebbe un errore tale da cambiare tutto» se il governo Rajoy cercasse d’assumere il controllo diretto della Catalogna.
Martedì è stata giornata di sciopero generale in Catalogna. Una protesta proclamata dalle «entità» secessioniste e sposata dai sindacati contro le violenze perpetrate dalla polizia domenica. Manco a dirlo è riuscito in pieno. Treni, aerei, metro, uffici, supermercati, negozi erano tutti chiusi. Resistevano alcune drogherie gestite da pachistani, i ristoranti degli alberghi e qualcuno la sera, ma non quelli dei cuochi più famosi come Adrià o Santamaria che invece hanno aderito al «no alla violenza». Per il resto Barcellona era in mano ai cortei imponenti: quello dei pompieri, quello degli studenti e quello dei sindacati. Settecentomila persone, dice il Comune, a cui Felipe non si è rivolto.

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