Dopo il Veneto e la Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Abruzzo e Friuli Venezia Giulia hanno ritenuto che le norme contenute nella proposta di legge rientrino nelle competenze regionali e siano rispettose della Costituzione italiana. Proposte analoghe in Sardegna, Basilicata, Lazio, Puglia, Marche e Calabria
La bocciatura del progetto di legge sul suicidio medicalmente assistito in Veneto è solo una battuta d’arresto. L’Associazione Luca Coscioni promette battaglia e annuncia che oggi porterà in Regione Lombardia le firme raccolte per la proposta di legge sul fine vita.
Verso proposta in Aula in 10 regioni
Sono quindi dieci le Regioni che, dopo aver depositato le firme, si apprestano a discutere la proposta di legge in aula. Dopo il Veneto, e la Lombardia, anche Piemonte, Emilia Romagna, Abruzzo e Friuli Venezia Giulia hanno ritenuto che le norme contenute nella proposta di legge rientrino nelle competenze regionali e siano rispettose della Costituzione italiana. Ci sono anche Sardegna, Basilicata e Lazio dove la proposta di legge è stata depositata tramite l’iniziativa dei consiglieri regionali o per iniziativa dei Comuni. Proposte analoghe sono state depositate in Puglia, Marche e Calabria.
La strada della delibera
«Nessuna proposta alternativa alla nostra è stata fatta – ha spiegato Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni – questo significa che la giunta Zaia ha la piena responsabilità di stabilire procedure interne con una delibera, come in Puglia, che stabiliscano come andare avanti. Ricordo che il suicidio assistito è legge dello Stato e in caso di richieste la Regione deve dare risposte. L’invito non è solo alla Regione Veneto ma a tutte le Regioni italiane».
La sentenza della Consulta
«Zaia ha detto correttamente che la mancata approvazione della nostra legge di iniziativa popolare non ha fatto minimamente cadere il diritto di accedere all’assistenza alla morte volontaria» stabilita «dalla carta costituzionale con una sentenza della Corte costituzionale che non può essere modificata da nessun atto successivo», aggiunge Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione. Al momento l’unica opzione, in Veneto, è la «delibera regionale, un passaggio che può essere fatto in attesa di una legge regionale più tassativa che riguarda solo i tempi di risposta e l’organizzazione. Chiediamo che le verifiche (che vengono effettuate da un gruppo di medici con varie competenze all’interno della Asl ai quali il comitato etico dà un parere) non superino i 20 giorni. Alcuni malati hanno atteso due anni per avere una risposta ed è inaccettabile, diventa una vera tortura», ha sottolineato Gallo.
L’iniziativa della Puglia
La prima Regione a mettere parzialmente ordine alle procedure di fine vita così come individuate dalla sentenza 242/2019 è stata la Puglia a gennaio dello scorso anno attraverso una delibera di giunta che rappresenta un primo passo in avanti, ma presenta problematiche. «La prima di metodo – spiega Matteo Mainardi, coordinatore nazionale della campagna ’Liberi subito’ – si tratta di una delibera di giunta e non di una legge. Al primo cambio di giunta si potrà quindi facilmente ritirare o modificare. La seconda problematica riguarda il merito della delibera: risulta assente la previsione del termine massimo di 20 giorni per il completamento della procedura di verifica delle condizioni della persona malata e l’emissione del relativo parere». L’Associazione Luca Coscioni ricorda il numero bianco 0699313409 che informa i cittadini sui propri diritti in caso di malattia grave, con prognosi irreversibile, e sul fine vita.