22 Novembre 2024

ECONOMIA

Fonte: Corriere della Sera

In Europa resta il rischio deflazione, «la Bce agisca subito»

L’economia italiana torna a crescere: dopo il calo dell’1,9% del 2013 per quest’anno il Fondo monetario internazionale prevede una crescita dello 0,6% e per il 2015 dell’1,1%. E’ l’indicazione contenuta del World Economic Outlook, il rapporto sull’economia globale redatto dall’organismo di Washington che a livello generale ha rivisto al rialzo le stime per l’economia dell’Eurozona (di 0,1 punti percentuali per ogni anno) rispetto a gennaio portandole quest’anno all’1,2% e all’1,5% il prossimo. Il Vecchio Continente è quindi fuori dalla recessione, anche se, avverte il Fmi, la crescita sarà «più forte nei Paesi core e più debole in quelli con un debito alto (sia privato sia pubblico) e con una frammentazione finanziaria». Washington sottolinea tuttavia il «minore peso (delle misure di aggiustamento) fiscale e una certa ripresa della domanda privata per la prima volta dal 2010» come fattori trainanti della ripresa, anche se «gli strascichi della crisi – alta disoccupazione, bilanci pubblici e privati ancora deboli, stretta del credito e ampio debito – uniti a impedimenti alla crescita di lungo termine devono essere risolti».

 

«Riattivare il credito alle imprese»

Oltre alle stime sul Pil, il World Economic Outlook ha indicato per l’Italia anche una frenata dei prezzi al consumo, visti in crescita dello 0,7% quest’anno e dell’1% il prossimo, in calo rispetto all’1,3% del 2013. Previsioni al rialzo invece per la disoccupazione: nel 2014 salirà al 12,4% per scendere nel 2015 all’11,9%. «La bassa crescita potenziale — è scritto nel rapporto — resta una preoccupazione e sono necessarie riforme strutturali a partire da quella sul lavoro». Il Fmi raccomanda in particolare «la definizione di un unico contratto di lavoro, meno tasse sul lavoro e una amministrazione pubblica più efficiente». Per il Fmi, comunque, la performance dell’economia italiana quest’anno sarà equivalente a quella della Grecia, con solo Finlandia, Slovenia e Cipro a fare peggio all’interno dell’Area Euro. Il Fmi sottolinea le difficoltà di accesso al credito come uno dei freni principali alla crescita. «Ulteriori azioni per far ripartire il credito in Francia, Irlanda, Italia e Spagna potrebbero far aumentare il pil del 2% o oltre», scrive il Fondo nel rapporto stimando che «l’offerta di credito ai livelli pre-crisi porterebbe a un aumento del Pil, relativamente al primo trimestre del 2008», del 2,2% in Francia, 2,5% in Irlanda, 3,9% in Italia, 4,7% in Spagna».
La Germania resta il paese trainante in Europa con un Pil che crescerà dell’1,7% quest’anno e dell’1,6% nel 2015.

 

Il rischio deflazione e l’appello alla Bce

«Un motivo di preoccupazione nell’Eurozona è la deflazione. Qualsiasi cosa andrebbe fatta per evitarla»ha detto Olivier Blanchard, capo economista del Fondo monetario internazionale. Nel corso della conferenza stampa in cui è stato illustrato il rapporto Blanchard ha spiegato come evitare il rischio deflazione: «Sostenendo la crescita e la domanda, riducendo la disoccupazione ed eliminando le pressioni al ribasso dei prezzi». Non si tratta solo di un lavoro di cui è responsabile la Bce, ha precisato Blanchard: «Ci vorranno diverse misure ognuna delle quali è essenziale come per esempio la pulizia e la ricapitalizzazione all’interno del sistema bancario». Ma la «Bce è consapevole che l’inflazione è più bassa del target» fissato dall’Eurotower stessa e per questo sta studiando una serie di interventi. Blanchard cita tra le possibili misure tassi di interesse negativi sui depositi delle banche presso l’istituto di Francoforte e l’allentamento monetario. «So che la Bce sta studiando tali soluzioni…sono da adottare quando saranno pronti. Prima è meglio che poi».

i nuovi timori

Il Fmi parla di rischi vecchi e nuovi. Tra i nuovi indica i «timori geopolitici», come la crisi in Ucraina, tra i vecchi rischi, invece, «sono aumentati quelli relativi alle economie emergenti, con il cambiamento del contesto esterno». Inoltre «una normalizzazione delle politiche monetarie negli Usa inaspettatamente rapida o una rinnovata avversione da parte degli investitori verso gli alti rischi potrebbero tradursi in nuove turbolenze finanziarie. Questo potrebbe implicare aggiustamenti difficili in alcune economie emergenti, con il rischio di contagio, di stress finanziari e quindi di minor crescita». Nel sottolineare che la crescita potenziale «di molte economie avanzate è davvero bassa», il capo economista del Fondo afferma che soprattutto nell’Europa meridionale «i correttivi non possano essere dati per scontati». E’ per questo che risultano «importanti» le misure per sostenere la crescita potenziale in molte economie avanzate, ma anche un ripensamento delle istituzioni che regolano il mercato del lavoro e del ruolo degli investimenti pubblici.

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