22 Novembre 2024

L’amministratore delegato di Fincantieri scommette  sull’evoluzione del business attraverso la tecnologia e la transizione ecologica per rilanciare il gruppo attraverso la modernizzazione e digitalizzazione dei cantieri

Ha studiato Economia e commercio, ma si definisce un ingegnere di strada, perché quello che lo appassiona di più è la sfida industriale. Pierroberto Folgiero è arrivato a maggio scorso da Maire Technimont, società di ingegneristica e impianti, a Fincantieri, dove conta di risanare i numeri e far evolvere il business del colosso di stato della cantieristica.

Lei è nuovo della cantieristica navale. Quale progetto industriale ha in mente?
Fincantieri ha radici profonde nell’industria navalmeccanica ottocentesca e il progetto è evolvere da un glorioso passato a un glorioso futuro, allungando la vita delle competenze metalmeccaniche con le competenze tecnologiche richieste dagli attuali trend di mercato. Si tratta di una evoluzione, non di una rivoluzione. La nave oggi diventa un sistema, digitale e a zero emissioni. Il modello di business punta a integrare sempre più sistemi su uno scafo di acciaio, perché la competitività e la sostenibilità economica saranno date dalla distintività tecnologica. In più Fincantieri può contare su tre business diversi e integrati: la crocieristica, il settore militare e l’offshore. Siamo unici al mondo.

Lei parla di tecnologia su scafi d’acciaio, ma si possono ancora produrre scafi in Italia?
Sì, a determinate condizioni. Si può fare un business basato su acciaio e tanta manodopera con l’impiego di tanta energia solo se si punta sempre sulla tecnologia. Non dobbiamo cercare la leadership di costo, come i nostri concorrenti asiatici, ma l’eccellenza tecnologica. Nelle nostre tipologie di navi l’acciaio pesa fino al 20% dei costi: dobbiamo giocare una battaglia non di retroguardia ma di attacco basata sulla capacità di esecuzione, sul design, sui prodotti a più alto valore aggiunto e sull’integrazione della tecnologia a bordo.

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