22 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Lorenzo Cremonesi

Intesa per il cessate il fuoco a Idlib. Tensione per la nuova ondata di rifugiati alla frontiera con l’Europa


Dall’inviato a Kastanies È una calma forse con le ore contate quella che dall’altra notte domina sul tratto più «caldo» del confine tra Grecia e Turchia. Il presidente Recep Tayyip Erdogan promette di inviare un migliaio tra le sue forze speciali meglio addestrate per confrontare le teste di cuoio greche impegnate a respingere i migranti (secondo Ankara ci sarebbero stati tre morti tra i rifugiati, mentre Atene rigetta le accuse). Tutto questo avviene all’ombra delle nuove intese per il cessate il fuoco nella regione di Idlib. Proprio il riaccendersi della guerra in Siria tra dicembre e gennaio era stato all’origine della nuova crisi sui migranti. Una crisi in cui le truppe di Erdogan sono giunte a un passo dallo scontro aperto con le forze militari russe alleate del governo di Damasco capeggiato dal presidente Bashar Assad.
Le intese sono state raggiunte ieri dopo oltre sei ore di intensi colloqui a tu per tu tra il presidente turco e l’omologo russo Vladimir Putin a Mosca. I leader avranno anche tenuto conto dei forti interessi economici tra i due Paesi, inclusi i recenti accordi nel campo energetico. L’accordo prevede il cessate il fuoco dalla mezzanotte scorsa, accompagnato dalla creazione di un «corridoio di sicurezza» largo 12 chilometri pattugliato da truppe russe e turche lungo la zona contesa dell’autostrada M4 che collega Damasco ad Aleppo. Putin dovrà ora assicurarsi che le truppe di Damasco siano disposte ad accettare il permanere della presenza militare turca in Siria.
È intanto ancora da valutare se l’intesa siriana, nella quale l’Europa non ha avuto alcun ruolo, sarà in grado di fare decrescere la tensione sul confine greco. Qui infatti la notizia dell’arrivo delle nuove truppe inviate da Erdogan vede crescere il rischio di uno scontro diretto con quelle greche. In questo caso a pagare sarebbero ancora una volta migliaia di civili stanchi, delusi e vittime di dinamiche politiche e militari che non controllano affatto.
Per tutta la giornata di ieri non ci sono stati tentativi di irruzione da parte dei migranti assiepati nei campi e nelle zone di bosco tra le periferie di Edirne e i fili spinati lungo la frontiera. Gli slogan gridati dai più giovani si confondevano con i comunicati in arabo e inglese diffusi dalle autoblindo greche: «Zona chiusa, la frontiera resta serrata, tornate indietro». Ma niente tiri di pietre e quasi per nulla lacrimogeni, come era stato sino a mercoledì sera. Anche le aree più remote lungo il fiume Evros sembravano tranquille, con poche auto della polizia greca a pattugliare stancamente gli approdi vicino ai villaggi.
In visita sulla zona di Kastanies è arrivato Francesco Rocca, il presidente italiano 54enne della Federazione Internazionale della Croce Rossa, che ha insistito sui doveri della comunità internazionale e in particolare degli europei. «E’ inaccettabile che la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, abbia utilizzato la parola “scudo d’Europa” per riassumere la politica comunitaria sul confine greco. Quando si parla di scudo ci si attendono armi dall’altra parte. Ma qui si tratta di esseri umani. Però anche Erdogan non può strumentalizzare i migranti come arma politica di pressione», ha detto Rocca al Corriere senza lesinare critiche alla visita della delegazione europea tre giorni fa a Kastanies e alle dichiarazioni Ue di forte appoggio alla chiusura del confine da parte di Atene. La Croce Rossa sta cercando di avere accesso alla terra di nessuno sui due lati del confine per portare generi di prima necessità e supporto sanitario a coloro che vi si trovano bloccati.

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