20 Settembre 2024

Fonte: Sole 24 Ore

di Riccardo Sorrentino

Barbara Pompili, ex ecologista, diventa numero due per contrastare l’onda verde. Dupond-;oretti, nemico della Le Pen, alla Giustizia. Il laicissimo Darmarin, di origini algerine, agli Interni


Un governo nuovo per Emmanuel Macron, che affronti la ripresa e le prossime elezioni del 2022. Il nuovo presidente del consiglio, Jean Castex, ex Monsieur Dèconfinement – coordinatore del Gruppo di lavoro interministeriale che ha definito la strategia di uscita dal lockdown – ha presentato ieri il nuovo governo.
La svolta, in realtà, non c’è stata. Diversi posti chiave hanno visto la riconferma dei precedenti ministri. Bruno Le Maire resterà all’Economia, Jean-Yves Le Drian agli Esteri, Florence Parly alla Difesa, Jean-Michel Blanquer all’Istruzione, il neurologo Olivier Véran – nominato a febbraio – alla Sanità e alla solidarietà, il biochimico Frédérique Vidal all’Università, la Ricerca e l’Innovazione.
Gérald Darmanin, di origini maltesi e algerine, giurista laicissimo e contrario al velo islamico, passa intanto dall’Azione pubblica agli Interni, al posto di Christophe Castaner, mentre Elisabeth Borne, ex ministro dell’Energia e della Transizione ecologica passa al ministero del Lavoro al posto di Muriel Pénicaud, personaggio politicamente controverso per il suo precedente ruolo di responsabile delle Risorse umane della Danone e per i suoi rapporti con i lobbisti (alcuni dei quali nominati consulenti).
La vera novità, tra i ministri di peso, è la nomina alla Giustizia di Éric Dupond-Moretti, al posto di Nicole Belloubet, anche lei coinvolta in alcuni episodi controversi. Dupond-Moretti, italo-francese, avvocato penalista molto conosciuto, era favorevole nel 2015 al bando del Front national, il partito di Marine Le Pen. Ha partecipato a diversi processi celebri – è stato legale di Bernard Tapie, e di Alexandre Djouhri nel caso Sarkozy-Gheddafi, oggi partecipa alla difesa di Julien Assange – ottenendo alcune clamorose e inattese assoluzioni. Soprannominato Acquittator (da acquitter, assolvere) o l’Orco del nord (è di Maubeuge a 7 chilometri dal Belgio), ha definito una parte della magistratura come «un’istituzione di poveretti – ma l’originale, petits-culs, piccoli culi, è più forte – piccola cerchia autoreferenziale e irresponsabile». Personaggio mediatico, è stato anche attore in diversi film, tra cui Chacun sa vie di Claude Lelouch.
Poche le parole che Emmanuel Macron ha espresso sul nuovo governo. Domenica, sui social network, ha ripetuto che il suo progetto politico non è cambiato «ma deve adattarsi agli sconvolgimenti internazionali e alle crisi che viviamo: occorre tracciare un nuovo cammino» che, deciso «insieme», dovrà perseguire «la rifondazione della protezione sociale e dell’ambiente, il recupero di un giusto ordine repubblicano, e la sovranità europea». Il nuovo governo, ha detto il presidente, sarà «un governo di missione e di unione». «Non abbandonare nessuno sul ciglio della strada», sarà il suo motto.
«Mi interesso a ciò che unisce – ha intanto scritto su Twitter Castex – Non semplicemente per creare consenso, ma perché è una garanzia di efficacia. È mio dovere mobilitare e riunire».
Il passaggio è però molto delicato. Philippe non aveva, politicamente parlando, lavorato male. Nel senso che il suo consenso, mai elevatissimo, era comunque superiore a quello dello stesso Macron, il quale ha recuperato nel gradimento dei francesi durante l’epidemia, ma corre in ogni caso qualche rischio politico. Al momento, non è in gioco la rielezione nel 2022: Marine Le Pen – l’unico avversario forte oggi in campo – potrà aumentare i suoi consensi, ma non è considerata “presidenziale” dalla maggioranza dei francesi, per le sue posizioni radicali.
Il nodo, per il presidente, è piuttosto la tenuta del sostegno parlamentare: i francesi, nel 2017, gli hanno affidato una confortevole maggioranza, che nel tempo si è sfilacciata. La scissione – contenuta, rispetto alle aspettative – di un gruppo di deputati a sinistra ha posto il problema all’ordine del giorno e la vittoria, spesso bruciante, dei Verdi alle elezioni comunali ha mostrato come il presidente “non di destra né di sinistra” si trova in difficoltà in uno scenario politico che si polarizza lungo strade in parte nuove (la sinistra e la destra tradizionali restano in difficoltà).
La scelta di Barbara Pompili, numero due del governo, e ministra della Transizione ecologica, mostra come il presidente abbia raccolto la sfida degli ecologisti: macroniana proveniente dalle file dei Verdi – ma al seguito del discusso François de Rugy, uno dei suoi predecessori, Pompili dovrà recuperare la credibilità perduta dal governo dopo le dimissioni polemiche, nel 2018, di Nicolas Hulot, molto amato dai francesi.
Il passaggio al nuovo governo è dunque delicato, ma non imprevisto. La candidatura di Edouard Philippe alla carica di sindaco di le Havre lasciava già immaginare un nuovo governo, ed era noto che erano sorte difficoltà tra lui e Macron. La “maledizione di Matignon”, le difficoltà che pesano sull’inquilino del palazzo dell’esecutivo spesso schiacciato dal presidente, non perdona, in Francia.

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