Il Governo invoca l’articolo 49-3 della Costituzione: solo una mozione di censura può bloccare la legge ma manca la maggioranza. Proteste e scontri nel centro di Parigi
Due voti di margine, forse tre. Troppo pochi. Il Governo francese ha deciso allora, per approvare definitivamente la riforma delle pensioni, di attivare l’articolo 49-3 della Costituzione, che permette di evitare il voto. Ora l’opposizione ha tempo 24 ore per presentare una mozione di censura che, se approvata – ma è accaduto una volta sola dal 1958 – farebbe cadere insieme governo e riforma.
Prevedibili le reazioni: urla in Assemblée all’annuncio della prima ministra Elisabeth Borne («Dimissioni, dimissioni», seguite dalla Marsigliese), mentre migliaia di manifestanti si raccoglievano per protestare, contro quello che considerano un vulnus alla democrazia, in Place de la Concorde a Parigi: l’Assemblée nationale è immediatamente al di là della Senna. I sindacati promettono di continuare la protesta e la polizia è intervenuta a place de la Concorde, a Parigi, dove manifestanti erano affluiti a migliaia per protestare contro la riforma. Dopo un tentativo di sgombero della polizia con gli idranti, gruppi di violenti sono tornati all’attacco devastando e incendiando veicoli, scontrandosi con gli agenti. Numerosi i danni nel vicino, elegante, Faubourg Saint-Honoré. I fermati sono almeno 120, secondo informazioni di France Info.
Una forzatura
Per Macron è stata sicuramente una forzatura. Quattro riunioni di crisi si sono susseguite all’Eliseo, in 24 ore, per capire se la maggioranza avrebbe tenuto. Si è spaccato, in realtà, il fronte dei Républicains, i neogollisti, che sono formalmente all’opposizione ma sono favorevoli alla riforma – che avrebbero voluto persino più stringente – al punto da votarla al Senato. In Assemblée però una trentina di deputati avrebbe votato a favore, ha spiegato a Public Sénat, uno dei due canali tv parlamentari, il capogruppo Bruno Retailleau e una ventina contro.
Alla fine Macron ha preso la sua decisione. «Il mio interesse politico e la mia volontà politica – avrebbe detto, secondo un partecipante sentito dal Figaro, al Consiglio dei ministri – erano di andare il voto. Tra voi tutti, non sono io che rischia il proprio posto e il proprio seggio. Ma considero che al momento i rischi finanziari siano troppo grandi».
«Non si può scommettere sul futuro delle nostre pensioni», ha invece detto in assemblea Borne annunciando il 100° ricorso all’articolo 49-3 della Quinta repubblica. « È sulla vostra riforma, sul testo del Parlamento che io sono pronta a prendermi le mie responsabilità», ha poi aggiunto facendo riferimento al fatto che mercoledì la commissione paritaria composta da deputati e senatori si è accordata su un testo, poi approvato dal Sénat con 193 voti a favore e 114 contro.
Cosa accadrà adesso? Le mozioni di censura delle opposizioni sono già state annunciate e potrebbero essere votate lunedì. Queste mozioni hanno sempre fallito l’obiettivo: finora la destra non ha votato quelle presentate dalla sinistra e viceversa, il significato politico sarebbe stato dirompente. Ora Marine Le Pen, leader di fatto del gruppo del Rassemblement nationale, ha annunciato di voler votare tutte le mozioni di censura presentate, e anche la sinistra comincia a parlare di una mozione transpartisane. I Républicains hanno però già annunciato che non aderiranno, facendo venir meno la maggioranza assoluta necessaria.
Un’alternativa sarebbe la richiesta di référendum d’initiative partagée, per far votare i francesi, che richiede un iter complesso e riguarda solo leggi non ancora promulgate dal presidente. È verosimile, però, che Macron possa procedere molto rapidamente: per le opposizioni questa strada è una corsa contro il tempo.