25 Novembre 2024
laboratorio ricerca

La fuga di cervelli o meglio il mancato rientro non si ferma: il nostro Paese è secondo per nazionalità dei premiati ma solo settimo come Paese di destinazione

Chissà se c’entra anche la recente polemica sul riordino per gli incentivi ai lavoratori impatriati, che non dovrebbe però riguardare i docenti o i ricercatori. Oppure se siamo in presenza della solita tendenza a scegliere un altro Paese di destinazione soprattutto quando si è a metà carriera. Fatto sta che la fuga di cervelli tricolori, o meglio il loro mancato rientro, non si ferma.
A ricordarcelo sono le statistiche sui Consolidator Grant diffuse dall’European Research Council (Erc), che premiano gli scienziati con almeno sette anni di lavoro alle spalle: l’Italia che è seconda per nazionalità dei premiati diventa invece settima come luogo di insediamento delle future ricerche. Ed è un dato che deve far riflettere considerando anche quanto il Pnrr insista (e investa) sul tema.

I numeri complessivi
Vediamole queste statistiche. L’Erc ha stanziato fondi per un totale di 308 ricercatori e ricercatrici in tutta Europa, per un investimento complessivo di 627 milioni di euro. Il primo dato che balza agli occhi è che per il 39% si tratta di donne.
Un altro elemento di interesse è che il tasso di aggiudicazione è stato del 14,5% se si considera che erano arrivate nel complesso oltre 2.100 candidature.
Quanto ai settori di ricerca nei quali si concentreranno le ricerche finanziate 129 riguardano le Scienze fisiche e ingegneria, 90 le Scienze sociali e umanistiche e le restanti 89 le Scienze della vita.

Il gap dell’Italia
I nodi dell’Italia vengono al pettine quando si passa ad analizzare la nazionalità dei vincitori. In teoria, infatti, siamo secondi con 36 nomi in graduatoria dietro la Germania con 56 ricercatori e l’Olanda con 27.Se passiamo però ad analizzare l’ubicazione delle istituzioni cosiddette «host» la geografia cambia. E la nostra penisola, con 15 ricercatori premiati (di cui 14 italiani e un tedesco) scivola al settimo posto. Alle spalle di Germania, Regno Unito, Olanda, Francia, Spagna e Austria. Con un danno non da poco per il potenziale “indotto” se pensiamo che ai 308 Consolidator Grant sono comunque collegati 1.800 posti tra post-doc, PhD e staff vari per gli atenei o i centri di ricerca ospitanti.

La soddisfazione dei premiati
A spulciare la lista dei ricercatori insigniti del Grant gli spunti di interesse non mancano. Come il fatto che la realtà con più vincitori è l’università di Torino con tre grant.
Alle sue spalle troviamo, con due, sia lo Human Technopole di Milano sia l’Iit di Genova che, in una nota, non nasconde la sua soddisfazione per i 4 milioni complessivi in arrivo «per due progetti dedicati, rispettivamente, alla sinfonia dell’attività cerebrale e all’energia nelle piante. A condurre le ricerche – prosegue il comunicato – sono l’italiano Alessandro Gozzi e il tedesco Fabian Meder».
Completano la lista altre otto realtà tricolori: il Politecnico di Milano, le università di Trento, Genova, Padova e Pavia, Il Sant’Anna di Pisa, la Sissa di Trieste e l’Istituto Nazionale di Genetica Molecolare (Ingm).

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