Fonte: Corriere della Sera
di Maria Serena Natale
Al G7 sulle Pari opportunità che si apre oggi a Taormina c’è un solo uomo a rappresentare un governo, il viceministro giapponese Yuhei Yamashita. Italia (con Maria Elena Boschi), Canada, Francia, Usa, Regno Unito e Germania più l’Unione Europea mandano ministre e sottosegretarie. Fisiologico, in questa fase dell’evoluzione dei rapporti tra i sessi. Ma la foto di gruppo del vertice richiamerà inevitabilmente l’idea di un club per donne, una riserva culturale. Perché non (ri)partire proprio da qui: dopo i lavori di cura, puntare a condividere anche la responsabilità della tutela dei diritti per dimostrare che le Pari opportunità possiamo, dobbiamo, difenderle insieme. A casa, sul lavoro, in politica.
Il governo a Taormina porta i numeri dei piani antiviolenza, i fondi stanziati per banche dati, case rifugio e progetti di sensibilizzazione. I risultati non mancano, le criticità restano. L’ultimo rapporto dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (Eige) certifica una generale difficoltà a progredire nell’intera Ue ma, a fronte di un aumento dell’indice globale di appena 4,2 punti in dieci anni, è l’Italia il Paese con i miglioramenti più significativi (13 punti per il periodo 2005-2015). I parametri misurano lavoro, ricchezza, competenze, tempo, potere e salute. Sale l’occupazione femminile, aumentano le donne nei board e in Parlamento, permane il divario retributivo. Lavorano di più le donne senza figli, meno ragazze scelgono percorsi tecnico-scientifici. Su tutto, il nodo violenza. Quella fisica che sfocia nelle storie terribili di femminicidio. E quella impalpabile che si nutre di ricatti sottili, dominio psicologico, abusi difficili da riconoscere per le stesse vittime. La rivoluzione che vogliamo richiede un lungo lavoro di trasformazione socio-culturale e di assunzione di consapevolezza, in primis da parte delle donne. Lavoro di squadra, con gli uomini, per fare delle Pari opportunità non un dossier tra tanti, ma un assetto di vita.