19 Settembre 2024

Fonte: La Stampa

Giachetti

di Antonio Pitoni

Il renziano candidato sindaco a Roma: «Non sono un candidato al patibolo»

Un appello all’unità del partito. «Perché la sfida si può e si deve vincere», assicura Roberto Giachetti davanti al plotone dem di consiglieri e assessori dei municipi della Capitale. Rivolgendosi, soprattutto, a quel «30% che alle primarie ha votato per il suo rivale Roberto Morassut». Ma che ora dovrebbe remare nella stessa direzione del restante 70% che, invece, ha consegnato al vice presidente della Camera, l’onore e l’onere della candidatura a sindaco di Roma. Mentre, dopo una giornata di polemiche sul caso Acea, continua il faccia a faccia a distanza con la sfidante del Movimento 5 Stelle nella corsa verso il Campidoglio. «A Virginia Raggi dico: siamo entrambi onesti. Ma io ho dato prova di esserlo anche amministrando, tu devi ancora farlo».
FUGA PER LA VITTORIA
E’ la campagna elettorale bellezza! Che per Giachetti entra nel vivo all’ex dogana dello Scalo di San Lorenzo, storica roccaforte della sinistra capitolina. «Roma è incazzata, ma non è rassegnata: c‘è voglia di reagire e dobbiamo essere in grado di dare alla gente motivi per farlo», apre il suo intervento il vice presidente della Camera. «Non si vincono le elezioni facendo bella figura nei salotti televisivi – avverte l’ex militante radicale -. Ma municipio per municipio, quartiere per quartiere, mercato per mercato, casa per casa». L’ordine di scuderia è lo stesso per tutto: «Tra la gente, senza nasconderci: non abbiamo nulla di cui vergognarci». E a chi continua a dipingerlo come l’agnello sacrificale sull’altare di una causa persa, Giachetti non le manda certo a dire. «Dicono che sarei preoccupato, che starei facendo una campagna elettorale con il freno a mano tirato – replica alla pletora dei suoi detrattori -. E’ falso. E chi mi rappresenta come un candidato al patibolo sbaglia di grosso». Perché, assicura il candidato sindaco del centrosinistra, «non sono un candidato votato al martirio». Al contrario. «Sono consapevole che si può e si deve vincere – ribadisce -. Non partecipo per fare testimonianza e chi conosce la mia storia dovrebbe sapere che non mi arrendo mai».
PARTITO DA RICOSTRUIRE
Anche se gli ostacoli non mancano. A cominciare dagli strascichi dello scandalo Mafia Capitale. «Momento difficile», ammette Giachetti. «Siamo stati tormentati da lotte fratricide al nostro interno – ricorda -. Ma con questa campagna elettorale abbiamo la possibilità di ricostruire il Partito democratico». Insomma, avverte, «non è il tempo dei congressi anticipati né degli “scazzi” retrospettivi». Serve altro per vincere la sfida: «Voglio vedere una classe dirigente al lavoro ventre a terra per far vincere il Pd». Messaggio rivolto anche, se non soprattutto, allo sfidante sconfitto delle primarie. «A Morassut dico che da parte mia c’è grande rispetto per il 30% che lo ha votato – assicura Giachetti -. Mi auguro che ci sia altrettanto rispetto per il 70% che ha votato per me». Un ringraziamento lo rivolge a Matteo Orfini, presidente del partito e commissario del Pd romano. «Per l’opera di pulizia fatta», dopo lo scandalo di Mafia Capitale. E un grazie anche a Fabrizio Barca che non tutti i presenti gradiscono. «No, Barca no…», mugugnano dalle retrovie. E invece sì, Barca sì insiste il candidato del Pd: «Perché con il suo lavoro ha restituito dignità al partito».
CARA RAGGI TI SFIDO
Già, il partito. «Che è un grande partito. E a voi tutti dico: il vostro candidato è certamente una persona onesta». Preludio dell’affondo contro la sfidante del M5S Virginia Raggi. «Che continua a buttarla in caciara – accusa Giachetti -. Ho letto le sue accuse ridicole sull’Acea. Apprendo da lei che sarei amico di Caltagirone che non ho mai conosciuto. In realtà sono amico dei romani cui Acea appartiene attraverso il 51% detenuto dal Comune». Rivendica la sua storia personale l’ex militante radicale. «Con me il “magna magna” è finito: quando altri mangiavano io digiunavo per i diritti civili e per il rispetto delle regole». L’onestà della politica, insomma, che torna al centro del dibattito. «Ho amministrato per sette anni e non ho mai ricevuto neppure un biglietto d’auguri dalla Procura della Repubblica né dalla Corte dei Conti», rivendica Giachetti. «Per me chi ruba paga. Ma se vuoi continuare a generalizzare, cara Raggi, ti chiedo: come faccio a fidarmi di te se i 5 Stelle hanno fallito, come successo a Livorno, ogni esperienza di governo?».
CANDIDATI CERTIFICATI
Il motto, allora, non può che essere uno solo: «Patti chiari e alleanza lunga». Ed ecco le condizioni inderogabili. Per tutti senza eccezioni. «Chi vuole collegarsi a me, a prescindere dalle valutazioni politiche, dovrà farmi avere almeno una settimana prima della scadenza della presentazione delle liste, l’elenco completo dei candidati a Comune e Municipi – annuncia il suo personale decalogo il candidato del Pd -. Ciascun candidato dovrà sottoscrivere un codice d’onore e presentare il certificato dei carichi pendenti: questo è il mio». Lo mostra in sala, incassando gli applausi dei presenti all‘ex dogana. Ma non è tutto. «Pretendo una campagna elettorale essere sobria e pulita – conclude Giachetti -. I manifesti dovranno essere affissi solo negli spazi autorizzati: chi non rispetta questo obbligo avrà in me il suo primo avversario».

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