Il ministro dell’Economia: «Per comprare un drone o un missile supersonico, un tank, non si va al supermercato, servono investimenti pluriennali»
«Oggi scopriamo che dobbiamo riarmarci perché c’è la minaccia di Putin. Io penso, a proposito del piano di von der Leyen, che bisogna distinguere due cose: gli aiuti all’Ucraina se gli Usa non lo fanno più, e un piano di investimenti militari che abbia un senso e non fatto in fretta e furia senza una logica». Lo ha detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in collegamento con il convegno annuale del dipartimento economia della Lega in corso all’aula dei gruppi parlamentari alla Camera, a proposito del piano da 800 miliardi di euro annunciato dalla presidente della Commissione europea sul riarmo dopo le drastiche scelte di Trump riguardo l’Ucraina e le intenzioni sulla Nato. «Per comprare un drone o un missile supersonico, un tank, non si va al supermercato, servono investimenti pluriennali», ha sostenuto Giorgetti.
«Ciò che viene a galla oggi è che la storia incanalata su un binario inesorabile e con regole scritte per definizione, ha preso una svolta storica con la nuova amministrazione Trump. Ciascuno può fare le sue valutazioni o essere d’accordo o meno, ma quel sistema condiziona tutto il resto del mondo». «È il peso delle decisioni che arrivano da Washington, che piaccia o no, che segna la traiettoria. E quello che ha fatto Trump è qualcosa con cui dobbiamo avere a che fare»
«Noi ci scandalizziamo dei dazi proposti da Trump, ma prima avevamo un mercato di concorrenza perfetta a livello globale? Avevamo una concorrenza leale a livello globale? Avevamo tutti i produttori del mondo che partecipavano alle medesime condizioni a livello globale? Non avevamo forse alcuni paesi che finanziavano delle imprese per fare concorrenza scontata, corretta, a danni di altri, nel commercio globale», ha detto ancora Giorgetti, «avevamo per caso delle imprese che potevano permettersi di sfruttare i lavoratori, piuttosto che inquinare e quindi fare prezzi migliori e uccidere altre imprese nel mercato globale. Ecco, questo non possiamo dimenticarcelo. Forse questo risveglio, che noi abbiamo cercato in vano di fare anche in tanti di questi anni, non sono battaglie nuove per la Lega, è un qualche cosa che fortificherà tutti quanti a chiedersi come ricostruire un sistema di commercio mondiale su basi e pilastri più trasparenti e corrette». «È chiaro che i dazi, in termini astratti, non sono un sistema diciamo produttivo,nell’economia globale di massima efficienza, di redistribuzione e quant’altro». «La Lega è una specie di mosca o zanzara fastidiosa, storicamente mai allineata al politically correct, ha sempre fatto valutazioni e proposte che, ahimè, molto spesso anticipavano le situazioni che si sono verificate. E deve continuare a farlo».
Diversa la posizione di Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, segretario di Forza Italia. Già in precedenza, aveva detto: «La posizione del governo la dà il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri. Ognuno è libero di pensare come vuole, però la linea del governo è quella». Tajani ha ribadito poi di essere «favorevole alla difesa europea, il sogno di De Gasperi e di Berlusconi. L’abbiamo sempre detto, l’abbiamo ripetuto. Abbiamo detto che va bene, il quadro di von der Leyen, poi vediamo l’applicazione pratica, domani si parlerò del quadro. E sono per la difesa europea. Ho anche ribadito che se questo fosse un governo non europeista e non filo europeo io non starei in questo governo. Non potrei stare in un governo anti-europeista. Mi pare che sia chiaro». E Salvini? «Dovete chiedere a lui».