Dal sostegno all’Ucraina alla riforma del Consiglio di sicurezza Onu, dal Medio Oriente all’Intelligenza artificiale: i temi affrontati dalla premier nel corso della missione al Palazzo di Vetro
«Cari amici…». Giorgia Meloni ha concluso la sua missione americana parlando in italiano al Palazzo di vetro dell’Onu e rilanciando, in un discorso recitato praticamente a memoria, i temi chiave della sua politica estera. L’incipit è sull’Ucraina. La premier non cita Putin, ma sottolinea come «la ferita inferta al sistema fondato sulle regole dalla guerra d’aggressione russa sta avendo effetti destabilizzanti molto oltre i confini nella quale si consuma». Un effetto domino, che riaccende altri focolai di crisi.
La Russia, membro permanente del Consiglio di sicurezza, ha fatto a pezzi principi e valori della Carta delle Nazioni Unite, che nel 2025 compirà 80 anni. Meloni sprona a non voltarsi dall’altra parte, a continuare a difendere l’Ucraina. Ad affermare il diritto di Israele di difendersi da attacchi esterni, «come quello orribile del 7 ottobre», ma al tempo stesso Israele deve «rispettare il diritto internazionale». L’Italia sostiene il diritto del popolo palestinese ad avere un proprio stato e Meloni pensa che nascerà se il popolo lo affiderà «a una leadership ispirata al dialogo».
L’imperativo da raggiungere «senza ulteriori ritardi» è per lei «un cessate il fuoco a Gaza e l’immediato rilascio degli ostaggi israeliani». La premier è «molto preoccupata» per il Medio Oriente in fiamme e invoca lo stop alle armi: «Non possiamo più assistere a tragedie come quelle di questi giorni nel Sud e nell’Est del Libano».
Gli ottant’anni dell’Onu sono per lei una «occasione storica» per riformare l’architettura del Consiglio di Sicurezza, ma di nuovo Meloni si distacca dalla posizione degli Stati Uniti: «Vogliamo una riforma che serva a rappresentare meglio tutti, non a rappresentare meglio alcuni».
La presidente del Consiglio esamina le tensioni globali sul piano economico, sociale e ambientale e tocca il tasto a lei caro del «dirompente avvento dell’intelligenza artificiale generativa», che può sostituire le competenze umane «con conseguenze drammatiche». Quel che Meloni propone è una «governance globale» dell’IA, per tenere sotto controllo i rischi e massimizzare i benefici. È un «cambio deciso di paradigma nei rapporti tra le nazioni e nel funzionamento degli organismi multilaterali» che si fondi su «rispetto reciproco, condivisione, concretezza».
Un modello che lei spiega di aver applicato da presidente del G7, coinvolgendo in un «formato aperto» tutti i continenti, il G20 e l’Unione africana e dimostrando a suo giudizio che l’organismo che riunisce i sette «grandi» del Pianeta «non è una fortezza chiusa». Meloni elenca i successi che ritiene di aver raggiunto e i progetti strategici, come il corridoio di Lobito o lo sviluppo di una filiera di biocarburanti in Kenya, che pensa di aver centrato in Africa. «Perché il nostro intento non è imporre, ma condividere».
Come nel 2023, Meloni insiste sulla lotta alle organizzazioni criminali «senza scrupoli, sempre più potenti e ramificate», che lucrano su «decine di migliaia di persone che affrontano viaggi disperati per entrare illegalmente in Europa». Lo scorso anno la leader della destra propose, dal Palazzo di Vetro, una «guerra globale ai trafficanti di esseri umani» e si dice felice che l’appello non sia «caduto nel vuoto». Il G7 lo ha raccolto, ma non basta.
«Le Nazioni Unite devono fare di più» per combattere questa moderna forma di schiavitù. Come? Seguendo la formula «follow the money», seguire il denaro, intuizione di Falcone e Borsellino, «due grandi giudici italiani». Lo stesso metodo la donna che guida il governo italiano propone di seguire in America Latina contro il traffico di stupefacenti e «l’abominio di chi rapisce i bambini per renderli schiavi del sesso di uomini ricchi senza scrupoli». La novità del discorso è il riferimento al popolo venezuelano, cui la premier porta dall’Onu il sostegno dell’Italia: «La comunità internazionale non può rimanere a guardare mentre, a distanza di due mesi dal 28 luglio scorso, ancora non è stato riconosciuto il risultato elettorale, ma nel frattempo si è consumata una brutale repressione».
La chiusa è una citazione del patriota italiano del Risorgimento Carlo Pisacane: «Ogni ricompensa la troverò nel fondo mia coscienza». Un motto che serve alla premier per dire che «il destino ci sfida, ma in fondo lo fa per metterci alla prova. E l’Italia, come sempre, è pronta a fare la sua parte».