La presidente del Consiglio alla festa per i 50 anni de Il Giornale si dice orgogliosa di «aver fatto mangiare i panzerotti ai leader al G7»
Rivendica «un ruolo di massimo rango» per l’Italia in Europa e punta il dito contro la «velocità» con cui socialisti, popolari e liberali stanno cercando di incardinare le nomine delle massime cariche europee: «Un accordo fragile. È surreale che al primo Consiglio europeo dopo le elezioni, alcuni si siano presentati con i nomi senza neanche tentare prima una riflessione su quale fosse l’indicazione dei cittadini. Io non interpreto la democrazia così».
Festa de Il Giornale, fondato 50 anni fa da Indro Montanelli. Presente mezzo governo. Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, Matteo Salvini, Antonio Tajani, Matteo Piantedosi, Daniela Santanché. Guest star la premier Meloni. Venti minuti di intervista con il direttore del quotidiano, Alessandro Sallusti. Lo sguardo è sull’Europa. Nessun cambio di passo nonostante il voto abbia premiato i partiti di centrodestra. Ma la certezza che qualche sorpresa potrebbe essere dietro l’angolo e le maggioranze sui vari dossier della Ue potrebbero cambiare.
«Il mio ruolo oggi è organizzare un fronte alternativo alla sinistra , dialogare con tutti — continua Meloni —. Oggi il gruppo dei Conservatori europei che presiedo è diventato il terzo gruppo per numero di parlamentari in Europa. Mi sto occupando di questo, dialogando con tutti e aggregando. E penso che qualche sorpresa potrebbe arrivare nel futuro dell’Unione europea sulle maggioranze che si costruiranno sui vari dossier al Parlamento europeo». Il messaggio è al Ppe: «Credo che si rendano conto che continuare a inseguire o seguire le politiche della sinistra di questi anni sarebbe fatale».
Parla a un parterre importante. Industriali come Marco Tronchetti Provera, Sergio Dompè, Luigi Cremonini. C’è Giovanni Malagò, Paolo Scaroni, l’ambasciatore Giampiero Massolo, Letizia Moratti, il governatore lombardo Attilio Fontana, Angelucci padre e figlio. Arriva l’ex ministro della Giustizia, Angelino Alfano. Ci sono i tanti direttori che hanno guidato il Giornale, Vittorio Feltri, Maurizio Belpietro, Augusto Minzolini. Per l’occasione c’è Gianmarco Chiocci, direttore del Tg1 e a lungo cronista del Giornale così come Mario Sechi, direttore di Libero.
Paolo Berlusconi, ricorda quando suo fratello Silvio raccontò al padre di aver comprato il Giornale. «Perché l’hai comprato? L’ho già comprato io», pensando che parlasse dell’acquisto di una copia del quotidiano. Tocca alla premier. Guarda ai riflessi del voto europeo sulla situazione politica italiana: «Dopo il voto si riavvicina un pochino il bipolarismo, anche se nel centrodestra c’è una coalizione coesa mentre nel centrosinistra non c’è una coalizione coesa, ma c’è un po’ tutto e il suo contrario. Fra il Pd a guida Schlein che cresce e il risultato di Bonelli e Fratoianni vedo un rischio radicalizzazione a sinistra, mentre l’elettorato più moderato si è chiaramente spostato verso il centrodestra. Però sicuramente c’è stata una semplificazione nel quadro».
La morale? «Gli italiani ci chiedono di andare avanti e noi intendiamo farlo, con ancora maggiore determinazione». Lo sottolinea due volte. «Noi andremo avanti con le riforme e gli italiani decideranno alla fine di questa esperienza se vogliono stare con chi difende lo status quo o con chi tenta di fare del suo meglio per restituire ai cittadini una nazione nella quale siamo capaci di liberare le energie che ci sono».
Venti minuti serrati dove risponde alle polemiche sollevate dal centrosinistra su come è stato condotto il G7 e canta le lodi dei panzerotti pugliesi. «L’Italia è riuscita ad indicare la rotta su alcune priorità italiane: intelligenza artificiale, rapporto con l’Africa e il Mediterraneo, immigrazione». E rivendica di averlo fatto in Puglia: «Rivendico di averlo fatto in una regione del sud anche per smontare i pregiudizi che fino al giorno prima abbiamo letto su alcuni media della stampa internazionale e rivendico di aver fatto mangiare ai leader delle nazioni presenti i panzerotti pugliesi. Perché proprio nel momento in cui si organizza un evento globale, si deve sapere che non siamo in grado di risolvere i problemi che abbiamo se non ripartiamo dalla nostra identità e tradizione».
Siamo all’epilogo. Come dice la stessa Meloni, «i tacchi alti imposti da La Russa» spingono a chiudere in fretta la chiacchierata. C’è tempo per uno spritz con i direttori del Giornale.